Kintsugi, l’arte giapponese che ripara le crepe impreziosendole e che insegna la resilienza

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Un oggetto che si rompe può essere riparato, anzi impreziosito. Ed è così che la tecnica giapponese del kintsugi che ripara oggetti di ceramica con metalli preziosi, diventa un’arte terapia per imparare a superare dolori e sofferenza, e uscirne più forte di prima.
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Gaia Cortese 12 Luglio 2021

Può occorrere anche un mese per riparare un oggetto di ceramica con la tecnica kintsugi. Ma ne vale sicuramente la pena. Non solo per il risultato finale, ma per il principio filosofico che c’è dietro.

Noto in Occidente con il termine kintsukuroi, il kintsugi (si pronuncia "chinzughi") è un’antica arte giapponese. Il termine tradotto letteralmente significa oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”). Difatti, il kintsugi è anche conosciuta come l’arte delle cicatrici impreziosite perché prescrive l’uso di un metallo prezioso, di norma oro, argento liquido o lacca con polvere d’oro, per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto, esaltando le nuove nervature realizzate.

Inizialmente il collante che veniva utilizzato era la lacca urushi ricavata dalla pianta Rhus verniciflua; si trattava di una linfa appiccicosa che, considerate le sue proprietà adesive, già in passato veniva usata per realizzare armi da guerra e da caccia per poi trovare impiego successivamente anche in questa particolare arte.

La leggenda

Come forma d’arte, il kintsugi inizia ad evolversi a partire dal XV secolo, durante il periodo Muromachi (1336 – 1573): si narra una leggenda per cui Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun dello shogunato Ashikaga Yoshimasa, ruppe la sua tazza preferita e volendola riparare, la affidò ad alcuni artigiani giapponesi. Questi, rimasero sorpresi dell’attaccamento dello shogun verso quella tazza, decisero così di provare a trasformarla in un gioiello, riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro. Questa leggenda potrebbe avere anche qualcosa di vero perché si colloca con una buona precisione in un periodo in cui tra l'altro, in Giappone, l’arte era molto florida.

Grazie a questa tecnica di riparazione, ogni pezzo riparato diventa un oggetto unico e irripetibile, dovuto alla casualità con cui la ceramica si frantuma e alla speciale riparazione realizzata, che porta l’oggetto a essere esaltato, nonostante crepe e fratture.

Le tecniche del kintsugi

L’arte del kintsugi segue tre principali tecniche: con Hibi (che significa “crepa”), si riparano le semplici crepe; con Kake no Kintsugi Rei (che significa “esempio di riparazione dorata (del pezzo) mancante”), si creano i pezzi mancanti su misura, realizzandoli interamente in lacca e oro; infine, con Yobitsugi (che significa “invito ad aggiustare/unirsi”), si utilizza un pezzo proveniente da un’altra porcellana molto simile. Ad ogni modo, qualsiasi  tecnica sia praticata, il kintsugi dà vita a vere e proprie opere di arte; oltretutto gli artigiani che seguono questa forma di arte e la praticano sono molto rari fuori dal Giappone

Il principio filosofico

Simbolo e metafora di resilienza, il kintsugi è una forma di arte terapia che porta ad avere un atteggiamento positivo nei confronti dei traumi e delle sofferenze. Se infatti dovessi pensare alla tua vita come ad una tazza di porcellana, ogni crepa potrebbe rappresentare la sofferenza, il dolore, ma anche un evento negativo che si è presentato lungo il tuo percorso.

Nel momento in cui una crepa viene riparata, anzi impreziosita, si comprende come, anche qualcosa di negativo possa essere un’opportunità di crescita, uno strumento per migliorarsi e diventare più forti. Certo, ogni vola che una ferita si chiude rimane una cicatrice, ma proprio quella cicatrice rappresenta la fine di un dolore, di qualcosa che doveva rimarginarsi. La forza del kintsugi sta proprio nel non doversi vergognare di queste cicatrici. Ogni cicatrice segna la tua storia personale, il tuo vissuto, le tue esperienze.

Secondo poi i principi del buddhismo zen, dietro questa arte c’è anche un altro importante insegnamento: la capacità di accettare il danno: non puoi cancellare ciò che è stato, rimpianti o rimorsi non riporteranno certo la tua tazza com’era prima. Tuttavia puoi sempre raccogliere i cocci, reagire e ripararla per renderla ancora più bella di quanto non fosse prima.