La quarantena immerso nella natura: Cristiano Fabris e il lockdown vissuto in camper in totale autonomia

Da sei anni vive in camper, percorre decine di migliaia di chilometri all’anno e ora è bloccato per il lockdown su una terrazza panoramica nel bel mezzo del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. La nostra intervista a Cristiano Fabris.
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Sara Del Dot 17 Aprile 2020

Classe 1972, torinese di nascita e viaggiatore instancabile Cristiano Gianmaria Fabris sta trascorrendo il periodo di lockdown su una terrazza naturale nel bel mezzo del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, vivendo e lavorando nel camper che da sei anni è la sua casa su ruote. Una scelta che potrebbe a tanti sembrare folle, ma che per Cristiano rappresenta la possibilità di vivere in totale libertà e autonomia, imparando cose nuove ogni giorno e vedendo il mondo.

“Da sei anni vivo e lavoro in camper perché sono riuscito a trasformare la vacanza nel mio lavoro, racconta Cristiano. “In pratica racconto al mondo quello che faccio, ciò che vedo, quali persone conosco, cosa mangio… Mediamente percorro tra i 100 e i 120 mila chilometri all’anno a bordo del mio camper.”

Un viaggio continuo quello di Cristiano, che tuttavia poco tempo è stato bloccato dall’arrivo in Italia del Covid-19 che ha imposto a tutti uno stato di lockdown.

“Stavo andando in Sicilia per andare a trovare alcuni clienti e amici quando fu firmato il primo decreto di blocco. A quel punto, non avendo a disposizione una casa vera e propria, ho capito che avrei dovuto per prima cosa trovare un luogo in cui sistemarmi con il camper che fosse il più tranquillo e isolato possibile anche per non dare fastidio a nessuno. In secondo luogo dovevo rendermi il più possibile autonomo per tutta la quarantena, in modo da non aver bisogno di alcun tipo di servizio, a partire dall’elettricità fino all’acqua e al cibo. La sera del 9 marzo, quindi, mi trovavo all’altezza di Frosinone e ho pensato che il posto migliore e più vicino in cui fermarmi fosse il parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Sono arrivato la sera, mi sono fermato per la notte vicino a due rifugi estivi e l’indomani mattina sono sceso a piedi sulla statale in cerca di rete telefonica, ho chiamato i Carabinieri del paese più vicino e li ho avvisati della mia presenza, sottolineando che se fossi tornato a Milano, mio luogo di residenza, avrei vissuto come un senza dimora in un luogo dichiarato zona rossa da 20 giorni, situazione aggravata anche dal fatto che ho un 70% di invalidità civile e due terapie a vita da seguire. Ho quindi chiesto di fermarmi qui, presentando tutta la mia documentazione e sottolineando che ero completamente autonomo.”

Cristiano è rimasto nel versante laziale del parco per diversi giorni, fino al secondo decreto di blocco. A quel punto ha chiesto ai Carabinieri locali di potersi rifornire di acqua ed è stato indirizzato a un comune vicino, Pescasseroli. A quel punto sono state le stesse forze dell’ordine a consigliargli un luogo in cui spostarsi, più vicino alla strada e da cui le autorità passano quotidianamente così da essere disponibili nel caso in cui avesse bisogno. Così, Cristiano si è stabilito nel luogo in cui si trova adesso, che è lo stesso da cui mi ha raccontato questa storia.

“Mi hanno portato su questa terrazza naturale, una di quelle piazzole di montagna in cui ci sono i belvedere, a 1400 metri. Attorno a me ci sono diverse panchine di legno, di quelle da pic-nic. Ogni giorno i carabinieri e le guardie forestali passano a vedere come sto, sono gentilissimi e se a volte arriva qualcuno che non mi conosce ho pronto un fascicolo da mostrare con tutti i miei documenti, anche per trattenerli il meno possibile. Ho ancora del cibo a disposizione perché tempo fa ho fatto un’enorme spesa che mi consentisse di affrontare quattro mesi di autonomia. Mi faccio la pasta in casa quasi ogni giorno, spesso ho fatto la pizza, sono indipendente.”

Una quarantena atipica, ma vissuta nella natura e nel totale rispetto del luogo in cui si trova.

“Spesso il vento porta delle cartacce, io cerco di tenere pulita l’area e il sentiero. Poi do l’immondizia già differenziata nei vari sacchetti. Mi sono fatto spiegare i nomi delle montagne qua attorno imparando a conoscere il territorio. Due giorni fa avevo addirittura i lupi fuori dalla porta del camper, ho visto l’orso diverse volte… Il mio parere è che siccome sono un ospite devo essere il più rispettoso possibile, prima che diritti ho dei doveri da rispettare perché questa non è casa mia, è un luogo che mi ha accolto. E questo atteggiamento porta anche i suoi frutti, perché dopo una settimana che ero fermo una mattina ho trovato appeso alla porta del camper un sacchetto contenente del cibo con un biglietto che diceva ‘abbiamo saputo che vivi in camper, forse ti possono servire, andrà tutto bene’. Io non so chi siano, non so chi ringraziare.”

E come vive, Cristiano, le sue giornate?

Mi alzo senza sveglia, quando il mio organismo decide di svegliarsi, e già questo è impagabile. Apro il maxi oblò che ho sopra e guardo subito com’è la giornata. Poi faccio video, fotografie e scrivo articoli. Se è bello apro la tenda e mangio fuori. Tendenzialmente mi occupo di fare tutte quelle cose che prima non avevo mai tempo di fare, come la manutenzione del camper, mettere a posto gli stipetti, lo sgabuzzino, aggiustare le tende, sistemare i vestiti… A volte invece mi concentro solo sulle immagini, pensando articoli o le giuste inquadrature per le foto, faccio video che possono essere utili a chi è a casa, per capire come viaggiare in camper… Poi leggo, faccio la pasta in casa, insomma le classiche cose che stanno facendo tutte le persone in quarantena.”

Una quotidianità scandita dai tempi naturali e non da quelli imposti dalla società. Impossibile però non chiedersi in che modo viva il suo rapporto con la solitudine.

“Ero solo prima, lo sono tuttora e io nella mia solitudine sto benissimo. L’unica cosa che è cambiata nella mia vita in questo stato di auto-isolamento è il fatto che se prima vedevo la mia famiglia una volta ogni quindici giorni, ora non li vedo da quaranta giorni. Allo stesso modo, se prima vedevo il mio compagno ogni settimana, ora non lo vedo da tempo. Queste sono le uniche cose che sono cambiate nella mia vita.”

E la paura che ruolo ha in questa vita solitaria a bordo di un camper?

“A tutti quelli che me lo chiedono, io dico sempre di fare soste in campeggi e aree attrezzate per una questione di sicurezza. Dall’altra parte dico anche che ci sono dei luoghi talmente belli e isolati che una sosta libera è tranquillamente fattibile, si riprende contatto con la natura ed è difficile che la natura ti faccia del male perché gli animali hanno molta più paura di te di quanta tu ne abbia di loro. Il silenzio che tu vivi in una città con i doppi vetri non è la realtà, è una cosa costruita per le nostre esigenze. Una piccola sosta libera per immergerti nella natura è giusta, se fatta fuori stagione, lontana dai periodi delle vacanze in cui non c’è tanta gente in giro.”