L’emetofobia è una fobia specifica che comporta un’estrema paura di vomitare, vedere il vomito, guardare altre persone vomitare o sentirsi male.
In generale, alla maggior parte delle persone non piace il vomito. Ma questa antipatia è di solito manifestata solo in certi momenti. Le persone con emetofobia, invece, passano molto tempo a preoccuparsi del vomito, anche se loro o le persone che li circondano non si sentono male. Il solo pensiero che qualcuno possa vomitare è sufficiente per causare un intenso disagio.
L'emetofobia può avere un grande impatto sulla vita quotidiana. Ad esempio, potresti temere di mangiare per paura che qualcosa ti potrebbe far vomitare. Oppure eviti di guidare perché c’è la possibilità che tu possa sentirti male. Oppure stai lontano dai bagni pubblici per paura che qualcuno possa vomitare.
Ad oggi le conoscenze riguardanti questo disturbo sono ancora estremamente limitate a causa delle poche ricerche in materia, ma nonostante questo è possibile affermare che purtroppo non si tratta di una condizione rara; nella sua forma più lieve si ritiene che ne soffre circa l’1,7 – 3,1% degli uomini e il 6 – 7% delle donne.
La diagnosi non è semplice, non solo perché la patologia può essere misconosciuta a personale sanitario non specializzato, ma anche perché l’emetofobia condivide alcuni sintomi con altre condizioni patologiche come ad esempio il disturbo ipocondriaco, il disturbo ossessivo-compulsivo, l’anoressia nervosa, l’agorafobia e il disturbo di panico, con i quali è talvolta associata oppure confusa; a complicare ulteriormente la situazione è la constatazione che chi soffre di tale fobia spesso è restio a raccontarsi ed a chiedere aiuto, a causa di timori e vergogna sociale.
È tuttavia importante un’attenta e corretta diagnosi per poter valutare l’approccio terapeutico più adatto ed impedire così il rischio che la fobia diventi cronica e più difficilmente affrontabile.
Soffrire di emeteofobia significa che probabilmente farai notevoli sforzi per evitare di trovarti in situazioni in cui tu o qualcun altro potrebbe vomitare. Potresti ritrovarti a organizzare le tue giornate evitando scenari potenzialmente causa di vomito.
Altri comportamenti che potrebbero indicare l’emetofobia sono:
Questi comportamenti sono accompagnati da altri sintomi quali:
Le persone con fobie specifiche sono generalmente consapevoli che la loro reazione all’oggetto della loro fobia non è normale. Ad esempio, potresti fare tutto ciò che è in tuo potere per evitare di mangiare cibi cucinati da qualcun altro, ma sai che non è così che vive la maggior parte delle persone.
Questa consapevolezza generalmente rende l’esperienza ancora più angosciante. Può anche portare a sentimenti di vergogna e sensi di colpa.
Chi soffre di emetofobia ha quasi sempre comportamenti di controllo e ipervigilanza, è in altre parole un individuo che ha paura di perdere la capacità di gestire oggetti o situazioni, innescando e sostenendo l’aumento di ansia e disturbi fisici (cioè di somatizzazione) creando così un circolo vizioso.
Quello che accade è che la mente percepisce erroneamente come minacciosi stimoli innocui per la maggior parte della popolazione, e questo atteggiamento, se non rapidamente affrontato e corretto, può diventare cronico e sfociare in altri disturbi psichiatrici.
Alcuni esempi di comportamenti di controllo ed ipervigilanza sono:
I soggetti emetofobici mostrano livelli estremamente elevati sia di predisposizione che di sensibilità al disgusto.
Le fobie specifiche si sviluppano spesso dopo un evento “traumatico” che coinvolge l’oggetto fobico. Nel contesto dell’emetofobia, ciò potrebbe comportare:
L’emetofobia può anche svilupparsi senza una causa chiara, portando gli psicologi a credere che la genetica e l’ambiente possano svolgere un ruolo fondamentale. Ad esempio, avere una storia familiare di fobie specifiche o altri disturbi d’ansia può aumentare il rischio.
Spesso l'emotofobia può esordire anche durante l’infanzia. Alcuni adulti che hanno vissuto con l’emetofobia per decenni potrebbero non ricordare il primo evento scatenante.
In un bambino le conseguenze di questo disturbo possono finire per turbare la sua quotidianità causando sintomi come ansia e angoscia. A volte queste emozioni possono diventare invalidanti fino a compromettere la normale vita sociale, portando il bambino o l'adolescente a ridurre i rapporti sociali.
La paura o l’ansia estrema che ruota attorno a un particolare oggetto o situazione viene in genere diagnosticata come fobia quando inizia a causare angoscia che influisce negativamente sulla vita a casa, a scuola o al lavoro.
Altri criteri per una diagnosi di emetofobia includono:
Alcuni dei principali sintomi dell’emetofobia comportano un comportamento ossessivo-compulsivo, quindi l’emetofobia potrebbe inizialmente presentarsi come un disturbo ossessivo-compulsivo.
L’emetofobia potrebbe provocare, nei casi più severi, anche negli adulti, una compromissione della vita sociale, coniugale e professionale, oltre a provocare una significativa restrizione delle attività del tempo libero; nel sesso femminile si traduce spesso nella volontà di rifiutare o ritardare la gravidanza.
Il comportamento di evitamento degli emetofobici potrebbe inoltre inficiare anche la possibilità di godere degli spazi aperti, soprattutto se associata ad agorafobia (timore eccessivo degli spazi aperti dove non si intravede via di fuga).
Tra le conseguenze più gravi dell’emotofobia ci sono le limitazioni nella vita sociale, per la paura di vomitare in pubblico, e il dimagrimento. Quest’ultimo può essere significativo ed è dovuto alla necessità di limitare il più possibile l’assunzione di cibo, per ridurre la probabilità di vomitare.
Spesso l’emetofobia si presenta associata a fobia sociale o agorafobia. La differenza tra queste due condizioni è che i soggetti con paura di vomitare associata ad ansia sociale, riescono ad affrontare abbastanza bene l’idea di sentirsi male se nessuno è presente. Chi è agorafobico invece potrebbe trovare la stessa circostanza angosciante, a causa della difficoltà di ricevere aiuto, se ce ne fosse bisogno.
Le fobie non richiedono sempre un trattamento. In alcuni casi, le persone trovano il modo di aggirare il problema. Ma alcuni oggetti fobici o situazioni temute sono più difficili da evitare rispetto ad altri. In generale, è una buona idea cercare aiuto se la tua fobia influisce sulla qualità della tua vita o ti ritrovi a chiederti come le cose sarebbero diverse se non avessi una fobia.
La terapia dell’esposizione è considerata uno dei trattamenti più efficaci per le fobie specifiche. In questo tipo di terapia, lavorerai con un terapeuta per esporsi gradualmente a ciò di cui hai paura. Per il trattamento dell’emetofobia, ciò potrebbe comportare l’assunzione di un nuovo cibo in un ristorante o la rotazione su se stessi fino a quando non inizierai a sentire un po’ di nausea. Mentre provi queste esperienze, ti verranno anche fornite tecniche per aiutarti a far fronte a sentimenti di ansia e paura durante l’esposizione.
La Terapia comportamentale cognitiva è un tipo di terapia che ti aiuta a imparare a identificare e sfidare i pensieri negativi che causano angoscia, mentre ti esponi attraverso una desensibilizzazione. Man mano che ti esponi gradualmente, lavorerai con il tuo terapeuta per affrontare l’ansia e l’angoscia che provi quando pensi al vomito e imparerai come affrontarlo da solo.
La terapia cognitivo-comportamentale, infatti, agisce su due fronti: mente e comportamento. Il terapeuta aiuta i pazienti a capire quali siano le convinzioni sbagliate e i pensieri distorti e di conseguenza a formulare una corretta lettura della realtà; in questo modo il soggetto emetofobico impara a capire quando un evento è realmente pericoloso oppure se un disturbo come la gastrite possa veramente scatenare un’incontrollabile crisi di vomito.
È come se si ristrutturasse il pensiero del paziente, fornendogli delle lenti in grado di mostrare la reale situazione e non quella distorta o paurosa che vive costantemente.
Un altro approccio è quello della Terapia Breve Strategica che utilizza specifici protocolli per il trattamento dell’ansia e dei disturbi connessi. L’approccio strategico si fonda sul principio che, spesso, le persone con un disturbo fobico sono più che consapevoli del loro problema e delle cause che lo hanno fatto nascere, ma la loro incapacità stia proprio nel riuscire a fare o pensare qualcosa di diverso per fronteggiare la paura.
Tutti quei comportamenti che apparentemente servono all’emetofobico a far fronte alla paura, come evitare alcune situazioni o alcuni cibi, o pensare erroneamente di prevenire il vomito con un sorso d’acqua, non fanno altro che complicare il problema e far peggiorare i sintomi. Il paziente lo sa, ciononostante ha comunque la necessità di mettere in atto questi comportamenti.
A questo punto interviene il terapeuta con le cosiddette “prescrizioni” (compiti da affrontare, delle vere e proprie istruzioni) che vanno a modificare in modo pratico ed abbastanza veloce quei comportamenti errati del paziente che mantengono ed alimentano la paura. Il paziente, dunque, seguendo le attività pianificate dal terapeuta si ritroverà quasi in modo inconsapevole ad affrontare quelle situazioni dalle quali prima sfuggiva e recuperare il proprio senso di autocontrollo.
Infine un'altra tecnica è l'EMDR. Acronimo inglese (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) che significa Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari.
L’ipotesi alla base dell’EMDR è che i pazienti abbiano interpretato in modo traumatico e particolarmente stressante alcuni episodi della propria vita, che si ripresentano sotto forma di disturbi. Il terapeuta, grazie all’uso di particolari tecniche basate su movimenti alternati degli occhi o presentazione alternate di stimoli uditivi, guiderà il paziente nella rielaborazione dell’episodio scatenante (dopo averlo individuato), facendogli perdere così la caratteristica traumatica e rendendolo neutro in modo che non possa causare più disturbi.
Chi non ha mai sofferto di questo tipo di problema potrebbe non capire il malessere che prova chi è affetto da emetofobia. In questo caso, vale la regola secondo cui non bisogna mai far sentire giudicata la persona che ne soffre, ma mostrarsi comprensivo e accogliere l'altro.
Ovviamente non puoi dargli o darle consigli pratici, ma puoi sempre suggerire alla persona interessata da questo problema di rivolgersi a un esperto, cercando di incoraggiarlo sui risultati che questo percorso potrebbe portare nella sua vita in termini di benessere e serenità.
Fonte | Ipsico
(Scritto dalla dottoressa Samanta Travini, psicologa, il 18 dicembre 2020;
Modificato da Maria Teresa Gasbarrone il 3 ottobre 2023)