L’Italia non ha ancora una legge sul clima. Così l’Ambiente in Costituzione perde valore

A che punto siamo per una legge sul cambiamento climatico? Devi sapere infatti che l’Italia ha inserito in Costituzione la tutela dell’Ambiente, della Biodiversità e degli Animali, ma manca una legge quadro sul clima. A ricordarcelo è uno studio di SEO/Birdlife. Abbiamo quindi fatto un punto della situazione con Mariagrazia Midulla, Responsabile clima ed energia del WWF Italia.
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Francesco Castagna 29 Maggio 2022
In collaborazione con Mariagrazia Midulla Responsabile Clima ed Energia di WWF Italia

Non molti mesi fa, precisamente l'8 Febbraio, forse ti ricorderai che la tutela dell'Ambiente, della biodiversità e degli animali sono stati inseriti in Costituzione. Gli articoli 9 e 41 della nostra Carta Costituzionale hanno subìto delle modifiche e ora lo Stato italiano ha il dovere di intervenire per disciplinare le modalità di tutela degli animali (art.9) e di garantire l'iniziativa economica privata, purché non sia in contrasto “in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Ma su queste modifiche, più formali che pratiche, c'è da fare una riflessione più generale: come può lo Stato italiano intervenire in questi due ambiti senza tener conto del cambiamento climatico, fenomeno che influisce sia sull'ambiente, sia sulla biodiversità che sugli animali? Ad oggi nel 2022 non esiste ancora una legge quadro che si occupi di normare i comportamenti che le istituzioni italiane devono mettere in atto per contrastare il cambiamento climatico.

Lo studio

Secondo uno studio di SEO/Birdlife, esistono in Europa 8 Paesi che non hanno ancora una legge sul cambiamento climatico. E sono: Belgio, Cipro, Estonia, Italia, Turchia, Slovacchia, Macedonia del Nord, Lettonia e Grecia. Lo studio è stato sviluppato nell'ambito del progetto europeo LIFE Unify, che si è basato su quattro punti: gli obiettivi climatici nelle normative di ogni paese, le politiche e le misure associate, il livello di partecipazione pubblica e la presenza di un comitato indipendente di esperti.

Nel luglio del 2021 l'Unione Europea aveva presentato un pacchetto di misure con il nome di "Fit for 55". Se non ricordi cosa sia, è un insieme di obiettivi che gli Stati membri si sono prefissati per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ridurre di almeno il 55% le emissioni nette dell'UE nel 2030 rispetto al 1990. In più si è aggiunto il RePowerEU, a causa della crisi dovuta al conflitto russo-ucraino che ha generato un aumento dei prezzi delle materie prime.

Nel nostro Paese, nel luglio del 2021, le associazioni ambientaliste come  WWF, Legambiente, Greenpeace, Kyoto Club e Transport and Environment hanno lanciato una proposta di legge al Parlamento e al Governo italiano, che è stata appoggiata anche dall'ex ministro dell'Ambiente Edo Ronchi.

La proposta di legge

Abbiamo sentito Mariagrazia Midulla, Responsabile clima ed energia del WWF Italia, per capire a che punto sono i lavori sulla proposta di legge.

"Stiamo continuando a fare colloqui con i parlamentari che stanno discutendo sulla nostra proposta di legge, siamo andati avanti e siamo abbastanza a buon punto. Diciamo che quello che la nostra proposta contiene dei punti principali, di cui abbiamo sempre parlato. Tra questi: la neutralità climatica prima del 2050, noi proponiamo nel 2045, non so se verrà accettata come proposta. L'Italia poi è l'unico Paese, insieme a quelli dell'Est, che non ha un obiettivo sulla neutralità climatica", ci spiega Mariagrazia Midulla.

Per la Responsabile Clima è importante instituire un comitato per il Clima con una forte autorevolezza, costituito da tre persone con non solo la possibilità di proporre il budget di carbonio e quelli settoriali, ma anche verificare le politiche climatiche ed eventualmente fare presente quando ci sono delle incongruenze. "Noi vogliamo rendere abbastanza difficile alla politica di prescindere dalle evidenze scientifiche. La politica può sempre ammettere di voler inquinare di più, ma se ne deve prendere le responsabilità", spiega Midulla.

In più servirebbe, secondo Midulla, una forma di delega per una riforma fiscale in senso ambientale, "si tratta di un provvedimento che non deve essere necessariamente inserito all'interno di questa proposta, ma che in questa occasione assumerebbe molto più valore".

La proposta di legge del WWF e delle altre associazioni ambientaliste nasce diversi mesi prima della modifica degli art. 9 e 41 in Costituzione, e pur avendo fatto un passo avanti per Mariagrazia Midulla mancano dei piani operativi. "Manca la capacità di attuare gli obiettivi europei, che sono datati e infatti noi stessi abbiamo accettato di aumentare gli obiettivi sulle emissioni senza che ce lo chiedesse l'Unione europea, e quindi dobbiamo adeguare il piano. Allo stesso tempo noi siamo uno dei pochi Paesi europei che non hanno un Piano di adattamento operativo, e siccome siamo uno dei Paesi a rischio questo è molto grave".

Il piano di adattamento ai cambiamenti climatici

Ma cosa intendiamo quando parliamo di piano di adattamento? Se non ne hai mai sentito parlare, ora ti dico di cosa si tratta. In sostanza devi sapere che l'anidride carbonica che noi emettiamo provoca dei cambiamenti nel mondo in cui viviamo. Quindi si tratta di una valutazione degli impatti, per esempio sono previsti questi punti:

  • scenari climatici di riferimento alla scala distrettuale/regionale
  • propensione la rischio
  • impatti e vulnerabilità settoriali
  • azioni di adattamento settoriali
  • ruoli per l’attuazione delle azioni e delle misure di adattamento nonché strumenti di coordinamento tra i diversi livelli di governo del territorio
  • stima delle risorse umane e finanziarie necessarie
  • indicatori di efficacia delle azioni di adattamento
  • modalità di monitoraggio e valutazione degli effetti delle azioni di adattamento

Ma facciamo un passo indietro, l'Italia ha una Strategia Nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, che segnala quali e come i settori saranno alterati dagli impatti del climate change, definendone gli obiettivi e le azioni per mitigarli. Nel Piano, che è ancora in via di approvazione, si fa una distinzione con l'attuale strategia, perché "si configura come uno strumento più operativo diretto a supportare da un punto di vista conoscitivo le istituzioni nazionali, regionali e locali nella definizione di propri percorsi settoriali e locali di adattamento anche in relazione alle criticità che le connotano maggiormente".

Bisogna quindi cercare di adeguare il nostro territorio al cambiamento, che è già avvenuto, che vuol dire mettere in sicurezza i luoghi in cui viviamo, sanare il dissesto idrogeologico e prevedere ciò che succederà. "Se noi entro un tot di anni vedremo un innalzamento del mare, che nel corso dei prossimi anni metterà a rischio le nostre aree costiere, dobbiamo prepararci. Inoltre dobbiamo capire che cosa fare per le aree a rischio, tra cui quelle al di sotto il livello del mare."

Ma soprattutto, devi sapere che il piano d'adattamento vuol dire ripristinare la funzionalità degli ecosistemi. "Noi abbiamo visto che laddove ci sono le dune mediterranee e la natura è più incontaminata c'è meno possibilità di andare incontro al rischio". Questa sembra una cosa scontata, ma quante volte ti rechi in località di mare e vedi che ci sono costruzioni di case che arrivano fino alla spiaggia? "Poi un altro intervento importante da fare è mettere in sicurezza la rete idrica, capire come gestire le risorse idriche in modo che non si mandi in bancarotta l'agricoltura e vengano salvaguardate le condizioni idrologiche, facendo di tutto per non sprecare l'acqua".

Come ricorda Midulla, pensa come reagirebbe una persona che vive in luoghi dove c'è carenza idrica, se vedesse che noi usiamo l'acqua potabile per lavarci la faccia? "Siamo abituati all'abbondanza e allo spreco, e non possiamo più permettercelo".