Atleta paralimpica e allenatrice di tennis tavolo, Patrizia Saccà ha scoperto lo yoga e ne ha fatto una scelta di vita, ma non si è fermata qui. La sua determinazione l'ha portata a inventarsi un modo per rendere lo yoga una pratica accessibile anche a chi, come lei, è costretto a vivere su una sedia a rotelle.
Patrizia Saccà ha quindi ideato un Saluto al sole per persone con disabilità motoria: dodici asana del Surya Namaskar in posizione seduta che offrono una variante praticabile da chiunque. In occasione dello Yogafestival, in programma a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre, Patrizia Saccà non porterà solo il suo Saluto al sole, ma anche una consapevolezza tutta da costruire affinché lo yoga diventi a tutti gli effetti una pratica accessibile a tutti.
Ho iniziato nel ’92, principalmente per la mia attività agonistica, dal momento che ero un’atleta paralimpica di tennis tavolo. Inizialmente praticavo yoga considerandolo solo un'attività fisica, ma con il passar del tempo ho compreso come lo yoga fosse ben altro. Per me lo yoga è una via, una consapevolezza, un’arte. Non a caso la parola yoga significa “unione”: se pratichi yoga puoi sentirti connesso e unito con te stesso, nella pace e nel benessere. L’ho compreso dopo diversi anni ed è diventata una scelta di vita.
Per me lo yoga è diventato una ragione di vita, una forma di benessere a 360°, perché se puoi contare su un corpo forte, ottenuto attraverso i movimenti e le posizioni (asana) dello yoga, raggiungi anche l'equilibrio e il benessere. Quando ho compreso questo, conoscendo tante persone portatrici di disabilità, ho pensato di trasmettere questa consapevolezza e nel 2017 sono diventata insegnante di yoga con il Csen (Centro Sportivo Educativo Nazionale).
Nel Saluto al sole che ho inventato e che si pratica da seduti, ho riportato le dodici asana di quello tradizionale, assicurandomi che il corpo possa beneficiare della pratica su tutta la colonna vertebrale, valorizzando il pranayama e senza mai dimenticare l’importanza del “lasciare andare”.
Chi vive in sedia a rotelle deve fare specifici movimenti, per questo motivo prima di brevettarlo, mi sono fatta consigliare da un fisioterapista e da un medico ortopedico. Tutto ciò che è stato modificato va incontro alle possibilità di movimento di una persona disabile, quindi, dove per esempio si porta indietro una gamba nel tradizionale Saluto al sole, nel mio saluto si porta indietro un braccio e così via.
Il Saluto al sole è un saluto alla nostra forza primaria, il sole. È una forma di ringraziamento per la forza, la bellezza e la possibilità di vita che ci dà attraverso il corpo che abitiamo. Un corpo che è diverso da soggetto a soggetto: può infatti avere una disabilità, o più semplicemente delle rigidità articolari, o ancora, un’età non più giovane.
Quest’anno allo Yogafestival non porterò solo il Saluto al sole per persone con disabilità, ma anche un po’ di conoscenza attraverso il progetto "Yoga senza barriere" in collaborazione con l’Unione induista italiana.
Quest’anno, oltre al Saluto al sole, vorrei raccontare chi è la persona con disabilità, soprattutto agli insegnanti di yoga. Fino ad oggi ne ho formati una ventina e nella mia esperienza ho notato che non si parla ancora abbastanza delle disabilità: quando frequenti la scuola di yoga, si parla di respirazione e tutto quello che è fondamentale per la pratica, si trattano alcune patologie che non permettono la pratica di alcune asana, ma non si parla mai di disabilità.
Ecco perché tutto quello che stiamo facendo è molto innovativo. Se un insegnante di yoga si trovasse in sala una persona con la sclerosi multipla saprebbe cosa fare? Va ribadito che lo yoga non è solo ginnastica, è una via, una consapevolezza, un modo di vivere che può essere anche quello di una persona disabile.
Il Comitato italiano paralimpico, di cui faccio parte, fa già molto nell’ambito dello sport e in quello del volontariato. È poi fondamentale che passi il messaggio che nel mondo della disabilità non ci sono eroi, ma persone che vogliono vivere la propria vita. Se Manuel Bortuzzo partecipa al Grande Fratello non è di utilità a nessuno. Diversamente, se un atleta partecipa alle Paralimpiadi e vince una medaglia, diventa automaticamente un ispiratore, perché il ragazzo disabile che lo guarda inizia a pensare di poter andare oltre ai limiti imposti dalla sua disabilità.
Quando all’età di 13 anni ho avuto un incidente che mi ha costretta sulla sedia a rotelle, la disabilità non era vissuta come oggi, era ancora qualcosa da tenere nascosta. Negli ultimi anni le cose sono cambiate molto, ma manca ancora un impegno concreto da parte delle istituzioni. Si parla di strutture sportive tecnologiche e super innovative, quando ancora sono tantissime le piscine non accessibili ai disabili, senza contare poi le strade in condizioni vergognose per potersi muovere su una sedia a rotelle. Per superare certe barriere, c’è ancora molto da fare.