Ma è vero che la Nasa vuole estrarre terre rare dalla Luna?

Un esperto dell’Agenzia Spaziale Statunitense ha dichiaro che a partire dal 2032 dovremmo arrivare a sfruttare anche il suolo lunare per l’estrazione di ossigeno, acqua e, appunto, terre rare. parole che riprendono quelle rilasciate anche qualche anno fa dall’ex amministratore della Nasa. È possibile? E soprattutto: è sostenibile?
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Kevin Ben Alì Zinati 30 Giugno 2023

Obiettivo: la Luna. La Nasa non vuole solo rimetterci piede, dopo l’ultima impronta lasciata dall’astronauta Eugene Cernan, il 14 dicembre del 1972.

L’Agenzia Spaziale Statunitense vorrebbe la Luna anche perché lavorarne il suolo ed estrarre ossigeno, acqua e soprattutto terre rare e ferro: materiali preziosi, che cominciano a scarseggiare sulla Terra, ed estremamente utili. Le terre rare sono decisive per il mondo tecnologico e digitale.

Secondo Gerald Sanders, uno scienziato missilistico con oltre 35 anni di esperienza all’Agenzia, sarebbero questi i piani dell’ente governativo americano per la ricerca e l’esplorazione dello spazio e degli altri Pianeti del sistema solare.

Anzi, la Nasa lo starebbe già realizzando. Nelle prossime settimane dovrebbe esserci il lancio di una missione per portare sul nostro satellite un impianto di perforazione di prova e si starebbe pure pianificando uno scavo del suolo lunare su scala più ampia, in modo da farsi trovare pronti per il 2032, quando dovrebbero iniziare le estrazioni.

In un futuro non troppo lontano, insomma, si vorrebbe sfruttare pure la Luna.

Incredibile? Forse, però è tutto apparentemente vero. Le parole di Sanders riportate da Reuters infatti non sono estemporanee ma fanno eco, tra le altre, a un’intervista rilasciata nel 2019 da Jim Bridenstine, amministratore della Nasa fino al 2021.

Senza troppi giri di parole, Bridenstine aveva dichiarato che l’estrazione di metalli delle terre rare dalla superficie lunare «sarà possibile in questo secolo. Potrebbero esserci tonnellate di metalli del gruppo del platino sulla Luna, metalli delle terre rare che sono estremamente preziosi sulla Terra».

La Nasa da tempo considera la Luna uno «scrigno di risorse rare vitali per il futuro della Terra» come acqua, elio e, appunto, metalli contenuti nelle terre rare. E da anni pensa a come estrarle e sfruttarle in modo «sostenibile».

In un prospetto datato 2015, per esempio, l’Agenzia spiegava che al ritmo di 1 tonnellata di superficie lunare rimossa ogni giorno servirebbero qualcosa come 220 milioni di anni prima di esaurire l’1% della sua intera massa.

Tutto questo, continuava, non sarebbe comunque sufficiente a causare un cambio di orbita o influenzare il suo moto, da cui dipendono le maree sulla Terra.

Il piano della Nasa sarebbe insomma già partito, tanto che starebbe cercando di quantificare le potenziali risorse, tra cui energia, acqua e suolo lunare, per attrarre investimenti commerciali (il riferimento è ai grandi Paperoni della Terra, da Jeff Bezos a Elon Musk a Richard Bronson, tutti impegnati a finanziare progetti spaziali) e provare a facilitare le operazioni. “Sviluppare l'accesso alle risorse sulla Luna sarà la chiave per tagliare i costi e sviluppare un'economia circolare, ha continuato Sanders.

Ne siamo sicuri? E prima ancora, perché sono così importanti queste terre rare? Come ti avevamo già spiegato, si tratta di metalli senza i quali non potrebbero esistere e funzionare tutta una serie di prodotti ormai diventati indispensabili per la nostra vita quotidiana. Dalle batterie delle auto elettriche a quelle degli smartphone e poi parti di televisori, chip, hard-disk, sistemi touchscreen, circuiti elettrici ed elettronici, pannelli fotovoltaici e molto altro ancora.

Le terre rare, in sostanza, sono i capisaldi della rivoluzione digitale e tecnologica, i protagonisti silenziosi degli ultimi 20-30 anni di progresso umano.

Oggi non sappiamo se davvero la Nasa, o l’uomo in generale, arriverà a perforare anche il suolo lunare per estrarre questi materiali. In ogni caso, serve riflettere su cosa significherebbe avviare azioni di questo tipo.

Tante missioni nello spazio, oggi, equivalgono infatti a tantissimi rifiuti spaziali. Ti avevamo già parlato di come oggi, attorno alla Terra, orbitino 23mila rifiuti sopra i 10 centimetri di dimensione, addirittura 130 milioni se consideriamo quelli di compresi tra 1 millimetro e 10 centimetri, per un totale di circa 6500 tonnellate di materiali che galleggiano sopra le nostre teste.

Una popolazione di detriti che continuerà a crescere finché le missioni spaziali e i lanci di satelliti per telecomunicazioni, meteorologia e navigazione non prevederanno sistemi e tecnologie in grado di ridurre o addirittura eliminare i rifiuti. Investiamo le giuste risorse anche qui, verrebbe da pensare.

C’è poi anche la frangia critica di coloro che non condividono l’esplorazione spaziale (o lunare) in generale, figuriamoci se orientata allo sfruttamento delle risorse non nostre. «Abbiamo già prosciugato la Terra, dobbiamo proprio farlo anche con la Luna?» si chiedono molti. Ogni anno, infatti, l'overshoot day, il giorno in cui l'umanità finisce le risorse messe a disposizione dal Pianeta, cade sempre prima.

Tutto vero, ma fino a un certo punto. Come sai l’uomo è per natura un esploratore e spingerci sempre un po’ più in là ci ha portati dove siamo oggi: nel male tanto quanto nel bene.

Considera poi che l’estrazione di terre rare, sebbene decisiva, non è un’operazione che potremmo definire del tutto sostenibile. Non è un segreto infatti che il lavoro per il recupero di questi materiali comporti un grosso impatto sull’ambiente. Lo si vuole davvero esportare così com'è anche nello spazio?

Insomma, serve una giusta riflessione. Quella di estrarre risorse dalla Luna non è un’idea da escludere e ostacolare a priori ma un'opzione da valutare con un ragionamento che tenga conto di tutte le variabili, i rischi, i vantaggi e le ricadute, belle e brutte, che potrebbero aspettarci. Questo ragionamento, però, serve farlo per davvero.