Nei fondali degli oceani ci sono 14 milioni di tonnellate di plastica: la triste ricerca che mette in pericolo l’ecosistema marino

Potrebbe esserci 30 volte più plastica sui fondali marini rispetto a quella che galleggia sull’acqua. Precisamente sono ben 14,4 milioni le tonnellate di microplastiche adagiate in fondo ai mari. Questo emerge dalla ricerca di Csiro, l’agenzia scientifica governativa australiana, che ha pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Marine Science i dati di questa terribile scoperta.
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Francesco Li Volti 6 Ottobre 2020

I fondali oceanici sono come i bidoni della spazzatura. Quanta rabbia emerge dall'ultimo report di Csiro, l'agenzia scientifica governativa australiana. In pratica, ovunque sei, ovunque tu ti trova, sei circondato da microplastiche. 14,4 milioni di plastica sui fondali dei nostri mari non è un numero piccolo e certamente non fa ben sperare. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Marine Science e ha evidenziato come la quantità di plastica sotto al mare, sia 30 volte maggiore di quella che (purtroppo) vedi galleggiare.

Ogni anno sono circa 8 milioni le tonnellate di plastica che finiscono nei mari. Questo triste fenomeno mette in pericolo l’ecosistema marino, rovinando le spiagge e danneggiando la salute degli esseri umani (la plastica è in grado di “risalire” la catena alimentare a partire anche dagli organismi più piccoli, come il plancton). L’inquinamento delle acque del nostro pianeta è a uno stadio così avanzato che, entro il 2050, si stima che il 99% degli uccelli marini (come il gabbiano) avrà ingerito della plastica. Infatti le microplastiche impiegano centinaia di anni per decomporsi: la preoccupazione più grande è che a breve ci sarà più plastica in mare che pesci.

A settembre uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Science, aveva evidenziato che nel 2016 circa 20 milioni di tonnellate di plastica avevano invaso i fiumi e gli oceani; un altro studio (sempre pubblicato sulla rivista Science) aveva stimato che 8,5 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno.

Nella ricerca pubblicata su Frontiers Marine Science invece, gli autori hanno dichiarato che la loro stima del peso delle microplastiche sul fondo dell'oceano è compreso tra 34 e 57 volte quello che potrebbe esserci in superficie.

Le microplastiche analizzate hanno un diametro di 5 mm o meno e sono per lo più il risultato di oggetti in plastica più grandi che si sono frantumati in pezzi sempre più piccoli. La maggior parte derivano dalla frammentazione di oggetti, dai cosmetici, dall’usura dei pneumatici e dal lavaggio degli indumenti. Questi frammenti possono assorbire e concentrare gli inquinanti disciolti in mare e, grazie alle ridotte dimensioni, sono facilmente ingeriti dagli organismi acquatici più minuti, con il rischio che col tempo si accumulino nella catena alimentare. Le microplastiche possono quindi avere un impatto sull’ambiente maggiore di quanto le loro dimensioni possano far pensare: per questo sono ritenute una delle sei emergenze mondiali dell’ambiente.

Dalle alici alle balene, dalle tartarughe agli uccelli marini, sono almeno 135 le specie marine mediterranee che ingeriscono oggetti di plastica o vi finiscono intrappolati. Il risultato è spesso fatale: alcuni muoiono soffocati, altri per blocco gastrointestinale, altri ancora non riescono più ad assorbire il nutrimento dal cibo. Col tempo la plastica si frammenta, senza mai dissolversi del tutto. Questa polvere di plastica è un pericolo ancor più insidioso: i frammenti possono essere ingeriti prima dal plancton e poi, via via, da tutti gli anelli della catena alimentare. Ma i rifiuti costituiscono anche un problema economico: si calcola che ogni anno in Europa si spendano 630 milioni di euro per la pulizia delle coste.

I leader di oltre 70 paesi hanno firmato un impegno volontario a settembre per invertire la perdita di biodiversità e per dire stop alle plastiche negli oceani, entro il 2050. I principali Paesi che non hanno firmato l'accordo sono stati gli Stati Uniti, il Brasile, la Cina, la Russia, l'India e l'Australia.