Ohga a Elle Getting Greener: come si racconta la crisi climatica?

Ohga ha partecipato al forum sulla sostenibilità Elle Getting Greener che si è svolto a Napoli il 9 giugno. Abbiamo parlato di crisi climatica: di come raccontarla e del perché sia così urgente farlo nel modo corretto.
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Beatrice Barra 14 Giugno 2023

Il 9 giugno a Napoli, nella sede del dipartimento di architettura dell'Università Federico II, si è tenuto Elle Getting Greener, il forum di Elle dedicato alla sostenibilità. Hanno partecipato diversi ospiti: esperti del settore, aziende impegnate nel green e media che si occupano del tema. Anche Ohga ha partecipato, nella sezione "Do"!

Abbiamo parlato, insieme alla caporedattrice Beauty di Elle Michela Motta, di quale sia il modo giusto per raccontare la crisi climatica, di come si lavora all'interno di una redazione che se ne occupa e perché sia così importante farlo nel modo corretto.

C'è un modo giusto per raccontare la crisi climatica?

Tutte le mattine, in redazione, mentre pensiamo agli argomenti da trattare e  soprattutto a come trattarli, ci chiediamo quale sia il modo corretto per raccontare la crisi climatica. Il taglio che si sceglie di dare a una notizia (quindi il punto di vista dal quale si sceglie di guardarla) è importante tanto quanto la notizia che si sta trattando. Partiamo da un presupposto: non ce n'è uno giusto o sbagliato. Si possono raccontare le iniziative macro e micro che servono a cambiare le cose, offrire delle soluzioni, per essere parte del cambiamento (quelle piccole-grandi cose di cui parliamo tutti i giorni che, pur essendo piccole, possono fare una grande differenza). Oppure si possono raccontare le conseguenze, i rischi che corriamo a causa della crisi climatica e spiegare cosa stia realmente succedendo.  O si può scegliere di percorrere entrambe le vie. Come tentiamo di fare noi tutti i giorni.

C'è stato un momento, però, che ci ha messo nelle condizioni di chiederci ancora più profondamente quale sia il modo giusto per trattare la crisi climatica, ed è stato quando un ragazzo ha sentito l'esigenza di comunicarci con un messaggio che avrebbe smesso di seguirci su Instagram.

Ci arrivano tanti messaggi ogni giorno, belli e brutti. Ma questo ha attirato particolarmente la nostra attenzione. Si sente la sincerità, la paura, il  rammarico. E chiederci se stessimo facendo le cose nel modo giusto ci è sembrato il minimo. Così ci siamo riuniti, ne abbiamo parlato e siamo arrivati a due conclusioni: da un lato abbiamo deciso di sostituire il carosello con le tre notizie più importanti della giornata con una sola notizia, ma positiva. Una pagina di informazione non scrive, parla e racconta per autocompiacersi: lo fa seguendo il principio dell'utilità pubblica con l'obiettivo di raccontare e spiegare le notizie che interessano o sono utili alla gente. Gli spunti, quindi, vanno accolti perché ci dicono cosa ha bisogno di sapere chi ci ascolta.

Dall'altro lato, però, siamo arrivati alla conclusione che, seppur questo messaggio avesse smosso interrogativi, non avremmo smesso di raccontare i problemi, le conseguenze della crisi climatica e i disastri ambientali che genera. Questo può creare paura in chi ascolta (come nel caso del ragazzo che ci ha mandato quel messaggio) o annoiare chi vuole aprire i social per svagarsi, ma è necessario farlo per due motivi: da un lato perché l'informazione ha il compito di raccontare quello che succede, bello o brutto che sia. Dall'altro perché raccontare la crisi climatica è diverso rispetto a raccontare gli avvenimenti di cronaca. Non si hanno (almeno, non di tutto) prove concrete e immediatamente visibili di quello che si dice: se si racconta un omicidio o un incidente aereo, chi ascolta/legge/guarda può vedere l'arma del delitto, la gente ferita. E si rende conto del problema, lo realizza. Stessa cosa vale per i grandi disastri ambientali, come il crollo della Marmolada, le alluvioni nelle Marche nel 2022 e quello dell'Emilia Romagna quest'anno, che sono immediatamente visibili.

Queste che hai visto, però, sono le conseguenze estreme della crisi climatica. Devi considerare che ci sono cose, prima di quelle conseguenze estreme, che non possiamo vedere anche quando sarebbe importante farlo: non realizzi nell'immediato la siccità se vedi giorni di pioggia, non puoi sapere che dentro un'acqua che sembra cristallina ci sono inquinanti chimici e nemmeno che un ghiacciaio si sta sciogliendo se lo vedi ancora lì. Perché, sì, oggi abbiamo le immagini di moltissimi ghiacciai dimezzati, alcuni addirittura scomparsi, ma se pensi a vent'anni fa, per esempio – quando si registrava l'aumento delle temperature e gli effetti sui ghiacciai -, non era visibile com'è oggi. Le persone lo sentivano in televisione magari, ma non potevano vederlo. Risultato? Era meno reale.

Per questo è importante raccontare la crisi climatica e le sue sfaccettature, perché serve qualcuno che metta insieme dati, pareri. Che racconti il non visibile quando potrebbe ancora consentirci di evitare un "visibile" disastroso per tutti.

Come si lavora in una redazione che racconta la crisi climatica?

Noi di Ohga, quando dobbiamo trattare una notizia, lavoriamo su tre livelli:

  1. raccontare quello che succede
  2. analizzare le cause più profonde dei cambiamenti che stiamo vivendo
  3. cercare di offrire soluzioni e spunti di riflessione

E poi c'è un livello "bonus" che teniamo sempre presente: rispondere ai dubbi della gente. E questi dubbi vanno presi sul serio, anche quelli che sembrano più assurdi.

Perché? Tutti i giorni ci arrivano tantissimi commenti così:

Questo vuol dire che la gente che scrive queste cose sia stupida? No. Vuol dire che non sa, non conosce, non ha a disposizione gli strumenti per costruire un pensiero consapevole. Questo per due motivi:

  1. il primo è che oggi questo tema è diventato centrale nel palinsesto informativo del nostro Paese, ma fino a poco tempo fa non lo è stato
  2. il secondo è perché – così come non è facile raccontare la crisi climatica -, è difficile comprenderla, perché tutto rientra potenzialmente nel paradigma visibile/non visibile della crisi climatica.

Tutte le attività che facciamo, anche quelle che ci sembrano più banali. Quindi non è facile rendersi conto di quanto queste attività (per noi così normali ) influiscano e impattino su ciò che ci circonda e soprattutto su di noi, sul nostro benessere (inteso nel senso più materialistico del termine). L'alimentazione che scegliamo, gli abiti che indossiamo, come decidiamo di spostarci.

Questo non vuol dire che si debba o si possa sempre fare tutto in modo impeccabile, sarebbe utopico. Noi però lavoriamo così: cercando di raccontare quello che c'è dietro le azioni dell'uomo, a livello micro e macro, per dare a tutti la possibilità di scegliere in modo consapevole. Per spiegartelo con una metafora: è un po' come quando vai dal nutrizionista per farti prescrivere una dieta e lui ti dice che puoi mangiare una pizza o la lasagna della nonna e a te sembra strano, perché hanno tante calorie. É proprio questo il punto: non va demonizzata quella singola pizza, perché quello che è importante è seguire nel complesso un'alimentazione sana ed essere consapevoli di quello che mangiamo. Più o meno così dovrebbe essere il nostro approccio alla crisi climatica.

Dovremmo tentare di vivere una vita nel complesso sostenibile, piuttosto che fare qualche azione perfettamente sostenibile in una vita che non lo è.

L'uomo è al centro della crisi climatica

Il cambiamento climatico è definito antropocentrico. L'uomo, infatti, è al centro di questo processo. Come causa, conseguenza, e possibile motore del cambiamento.

Come causa

Le attività umane hanno causato 20mila anni di cambiamenti racchiusi in soli 170 anni. L'IPCC, ovvero il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico ha attribuito il 95% della responsabilità della crisi climatica proprio alle attività umane. In occasione della Giornata della Terra 2023 ci siamo chiesti quali siano nel concreto gli stravolgimenti che ha causato. Ovviamente abbiamo trovato tantissimi dati, ma quello che ci ha più incuriosito e scosso allo stesso tempo è stato vedere come le azioni umane, nel tempo, abbiamo modificato quello che abbiamo sotto i piedi o davanti ai nostri occhi: la geografia della nostra terra.

Quello che hai appena visto è il risultato degli ultimi 40 anni e più. Abbiamo superato ben sei dei nove limiti planetari (ovvero quei confini che non dovremmo superare per mantenere inalterata la nostra vita sul pianeta). Questo perché l'uomo a un certo punto ha iniziato a stravolgere completamente il suo rapporto con la natura, non vedendola più come un ecosistema nel quale vivere e con il quale convivere, ma iniziando a vederla esclusivamente come un insieme di risorse da sfruttare fino all'osso per trarre più profitto possibile. Ha deciso che pur di ottenere soldi, successo e benessere, avrebbe potuto commettere azioni contro-natura. Ecco, sentiamo spesso questo termine usato in contesti sociali differenti e, spesso e volentieri, in maniera azzardata. Noi abbiamo pensato di dare nuova vita a questa espressione, raccontando in una rubrica alcune delle azioni umane che sono davvero contro la natura perché ne stravolgono completamente gli equilibri.

Secondo te, per esempio, non è contro-natura il fatto che a Dubai, una volta finito lo spazio per resort di lusso, attrazioni turistiche e ristoranti, l'uomo abbia deciso – letteralmente – di piazzare dei pezzi di terra a forma di palme nel bel mezzo del Golfo Persico, andando a minare la biodiversità presente al suo interno?

Non è contro-natura il fatto che a Tamburi, un piccolo paese in provincia di Taranto, normalissimi giorni di vento sono per gli abitanti motivo di preoccupazione e malattie mortali a causa delle polveri tossiche provenienti dallo stabilimento siderurgico dell'Ex-Ilva?

Ed ecco un altro esempio. Sapevi che il Tevere (quello che oggi vedi pieno di rifiuti), un tempo era balneabile?

Quelli citati sono solo alcuni degli esempi che ti potrei fare. Quando abbiamo pensato alle possibili puntate di questa rubrica in cinque minuti ci sono venuti in mente così tanti argomenti, da riempire un foglio intero. Abbiamo pensato di raccontare questi avvenimenti perché ci è sembrata una buona chiave per spiegare la crisi climatica: queste azioni (come la costruzione di fabbriche altamente inquinanti che usano materiali nocivi per l'ambiente e per l'uomo, lo sversamento di sostanze chimiche nei nostri corsi d'acqua, la costruzione di pezzi di terra dove ci dovrebbe essere il mare) non mettono a repentaglio solo l'ambiente in cui vengono fatte, ma prima di tutto mettono a rischio noi, la nostra salute.

Come soggetto su cui ricadono le conseguenze

Come abbiamo visto, quindi, le conseguenze della crisi climatica ricadono direttamente su di noi. Sulla nostra salute, sulle nostre esperienze, sulle nostre possibilità e anche sulla nostra emotività. Un esempio è la storia di Ornella, vittima di inquinamento indoor. A lei, la scelta insostenibile di qualcun altro, ha cambiato completamente la vita, spento la gioia e, come dice lei "rovinato la bellezza".

Siamo un po' come delle piante autoctone: ci siamo sviluppati come esseri umani sulla terra per le condizioni climatiche, ambientali di questo pianeta. Quindi se scombussoliamo questi equilibri, scombussoliamo anche quelle che sono le condizioni necessarie (o migliori ) per la nostra permanenza sulla terra stessa. E la conferma di questa tesi ci è arrivata da quello che è successo nelle scorse settimane in Emilia Romagna.

Per evitare la pioggia che è caduta, ovviamente, non si sarebbe potuto fare niente. Non si può pensare che tutto dipenda da noi. Tuttavia, molto dipende da noi. Come hai visto nei video, infatti, ci sono stati anni in cui ha piovuto di più (2016 e 2018) rispetto all'ultimo episodio, ma non ha fatto tutti questi danni. Questo perché non si poteva evitare la pioggia, ma i disastri che ha causato per i cittadini e i posti sì.

Come motore del cambiamento

Quindi, insomma, le scelte dei nostri governi e le nostre scelte come cittadini possono fare la differenza e non possiamo più dirci il contrario perché sarebbe una giustificazione che non può più andare bene. Ce lo siamo detti per tanto tempo e ora ci sono delle cose che sono irreversibili, come per esempio il fatto che nel 2050 molti ghiacciai non ci saranno più. Ci sono cose, invece, che non sono irreversibili. E ci sono tre livelli di azione dell'uomo:

  1. Mondo, politiche internazionali
  2. Città
  3. Noi, la nostra vita quotidiana

Per quanto riguarda il primo punto, basti pensare a tutti i risultati già raggiunti grazie a misure concrete messo in atto dai Governi. Penso alla Senna che è ritornata balneabile o al chiacchieratissimo buco dell'ozono che si sta richiudendo.

Passiamo al secondo punto: le città, che oggi costituiscono la maggiore fonte di inquinamento. Pensa  che l'anno scorso 29 città italiane su 95 hanno superato i limiti giornalieri europei di PM10, ovvero una polvere sottile che inquina l'aria e fa male a noi. Quindi ci siamo chiesti cosa stiano facendo le più grandi città italiane per non essere più la principale fonte d'inquinamento, ma il motore del cambiamento. Abbiamo deciso di iniziare una rubrica che si chiama UrbaNew, in cui facciamo un po' quello che fanno gli anziani con le mani dietro la schiena fuori dai cantieri. Analizziamo i progetti in ottica green e li commentiamo, per capire come cambieranno le città italiane da qui al 2030.

Finalmente siamo arrivati a noi. A quelle piccole scelte che ognuno di noi può fare senza troppi sacrifici per aiutare davvero il nostro Pianeta, per rispettare quella "dieta" (ricollegandoci alla metafora di prima) che non è il nutrizionista, ma il nostro ambiente a prescriverci. Ecco i nostri dieci comandamenti ambientali!

  1. Cercare di avere uno stile di vita il più possibile Zero Waste, ovvero rifiuti zero, comprando solo ciò che ci serve davvero e scegliendo cose potenzialmente riusabili all'infinito. Soprattutto, usiamo meno plastica possibile: non solo è altamente inquinante come materiale quando viene dispersa nell'ambiente, ma anche il processo per produrla ha un grande impatto.
  2. Ridurre il consumo di carne e accertarci sempre che quella che mangiamo non provenga da allevamenti intensivi che sono una delle principali fonti di emissioni, nonché posti in cui spesso gli animali si trovano in condizioni precarie.
  3. Preferire frutta, verdura e ortaggi a km0 per ridurre le emissioni dei trasporti e favorire le coltivazioni che rispettino le condizioni climatiche della zona. Per esempio, evitiamo di mangiare spesso cibi come l'avocado o il mango, anche se ci piacciono tanto. C'è un motivo se si chiamano "frutti tropicali"…
  4. Facciamo attenzione al consumo di acqua: le cose che ci sembrano insignificanti fanno una grande differenza. Avrai sentito tantissime volte che è importante chiudere l'acqua mentre ti lavi i denti, ma ogni tanto sei sovrappensiero e ti dimentichi di farlo. Ma perché è così importante? In un minuto il lavandino del bagno può far scorrere fino a cinque litri d'acqua. Considerando che il tempo consigliato per pulire bene i denti è di due minuti: se lasci l'acqua aperta sprechi 10 litri d'acqua.
  5. Trasporti. Cerchiamo di spostarci il più possibile usando mezzi sostenibili: come la bici, i piedi e per le tratte lunghe preferiamo il treno all'aereo che è il mezzo che genera il maggior numero di emissioni.
  6. Scegliamo con cura anche i vestiti che compriamo. I capi che troviamo nelle grandi catene a prezzi stracciati hanno un impatto sociale e ambientale enorme. Sono tantissime le persone che lavorano in condizioni di sfruttamento usando materie prime di scarsa qualità che, spesso, contengono moltissimo materiale plastico e rovinano le colture. Guariamo sempre l'etichetta, cerchiamo di preferire fibre naturali, possibilmente di seconda mano e compriamo il meno possibile!
  7. Usiamo gli elettrodomestici in modo consapevole, per esempio cercando di attivarli la sera o facendo partire la lavastoviglie solo quando è carica e usando il meno possibile gli elettrodomestici energivori, ovvero quelli che consumano più energia. Secondo voi qual è l'elettrodomestico che consuma di più?
  8. Differenziamo correttamente i rifiuti, informandoci anche secondo le regole dei nostri comuni e cerchiamo di produrne il meno possibile. Un rifiuto non prodotto non esiste, e uno riciclato bene può avere una seconda vita!
  9. In inverno non lasciamo i riscaldamenti accesi a temperature elevate. Copriamoci di più, pensiamo magari a un isolamento termico degli infissi o, se possibile, a fonti di calore alimentate a energia solare per riscaldare la nostra casa.
  10. Ora che si avvicina l'estate e tutti vogliamo partire per le vacanze, cerchiamo di farlo in modo sostenibile. A questo argomento abbiamo deciso di dedicare un'intera rubrica partita proprio a maggio, Viaggia leggero. Le vacanze sono quel momento in cui vogliamo rilassarci, ma con piccoli accorgimenti lo possiamo fare rispettando l'ambiente! Dalle cose da portare al modo con cui raggiungere le mete. Facendo un po' d'attenzione, infatti, possiamo scoprire cose interessantissime!

Bene, siamo arrivati alla fine. Abbiamo parlato di come raccontare la crisi climatica, del perché sia importante farlo, di quanto dipenda dall'uomo. Manca solo un punto: a chi vogliamo raccontare la crisi climatica?

Noi di Ohga la vogliamo raccontare a chi ha piazzato quella stufa sul terrazzo di Ornella senza conoscere o rendersi conto delle conseguenze di quello che ha fatto, la vogliamo raccontare agli abitanti di Tamburi per far conoscere loro i  rischi di quello che respirano e capire come poterli arginare, a chi vuole essere di supporto e a chi, semplicemente, vuole essere parte attiva e consapevole del cambiamento… ma non di quello climatico.

Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…