Piano Mattei, cosa prevede l’accordo tra Italia e Africa per la produzione di gas? Ecco: “Senza le rinnovabili si rischia il fallimento”

Lunedì 28 o martedì 29 gennaio 2024 il governo Meloni presenterà a Roma, durante il Summit Italia-Africa, quali saranno le fasi del Piano, ora invece scopriamo in cosa consiste dal punto di vista energetico e cosa dovrebbe invece prevedere.
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Mattia Giangaspero 26 Gennaio 2024
Intervista a Dott.ssa Lorena Stella Martini Analista Politica Estera per Ecco - Think Thank per il Clima

Il Piano Mattei voluto con forza dalla Presidente del Consiglio sin dall'inizio del suo mandato da capo di governo è adesso diventato legge e secondo, sempre le stime proposte dalle istituzioni, grazie a esso l'Italia svolgerà un ruolo strategico per l'Africa e per l'Europa sul tema dell'energia e in tutte le varie fasi. Dalla realizzazione di progetti per il gas e per le rinnovabili, alla produzione, allo stoccaggio e all'esportazione. Con il Piano Mattei, entra direttamente in campo non solo l'Italia, ma il futuro energetico (aggiungiamo noi ambientale) anche di tutti gli altri Paesi Europei e Africani. Puntare sull'energia in un momento storico, che richiede anche massima attenzione sulle scelte da compiere per attuare una transizione energetica più veloce possibile, può essere visto da un lato come un'importante opportunità, dall'altro però anche come un potenziale rischio se si dovessero promuovere soluzioni sbagliate, in contrasto con la crisi climatica. 

Il prossimo passo politico che verrà effettuato sarà quello di lunedì 28 o martedì 29 gennaio 2024. In una delle due giornate il governo Meloni presenterà a Roma, durante il Summit Italia-Africa, quali saranno le fasi del Piano. Adesso però ci resta ancora qualche giorno per analizzare a freddo e bene in cosa consiste il piano dal punto di vista energetico. In gioco per l'Africa ci sono  attualmente 4 Paesi: Repubblica del Congo, Mozambico, Egitto e Algeria. 

Italia -Repubblica del Congo, cosa prevede l'accordo bilaterale?

I rapporti geopolitici tra i due Paesi  sono sempre stati di natura economica nel settore del gas e questi nel corso del 2022 vennero anche rafforzati da un accordo che la Rep. del Congo fece con Eni che avviò  importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) in Italia. Eni, adesso, a inizio del 2024 ha annunciato che produrrà direttamente in Rep. del Congo il primo carico di GNL. Attualmente il Paese africano è il terzo produttore di petrolio dell'intero Continente e sono presenti 280 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale ancora non utilizzate. Da qui possiamo evincere come in Africa e per l'Africa si sta formando un processo di transizione energetica visto che sarà imminente il passaggio completo dalla produzione di petrolio a quella di Gas. Diversa sarebbe la nostra percezione, visto che sappiamo come il gas non sia una fonte rinnovabile e il passaggio successivo dovrà essere quello di attuare una transizione diretta verso l'energia solare o eolica per esempio.

Il think thank sull'energia Ecco ha analizzato la situazione del Paese africano spiegando che:

La Repubblica del Congo dovrebbe imbarcarsi in un percorso di riforme politiche e istituzionali, che permetterebbero l’accesso a nuovi finanziamenti per il clima e la diversificazione del sistema economico nazionale facendo leva su settori non petroliferi come la gestione delle foreste, le energie rinnovabili, l’eco-turismo e l’agricoltura sostenibile, e cercando di sviluppare la propria industria mineraria in modo sostenibile.

I punti programmatici di Ecco per l'accordo Italia-Rep. Congo

 Per l’Italia, una partnership di questo tipo non solo non è conveniente a fronte di una domanda di gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutti gli scenari, ma è anche in rotta di collisione con l’andamento del mercato. Insistere sul gas nella relazione Italia-Congo lega sempre di più la politica estera italiana alla politica del gas, in contrasto con gli impegni presi dal punto di vista climatico.

  • Impegnarsi a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio
  • Reindirizzare gli incentivi di finanza pubblica, come le garanzie di SACE e il Fondo Italiano per il clima (FIC), a supporto di soli progetti slegati dall’industria dell’oil&gas
  • Attivare forme di diplomazia economica e industriale per l’identificazione di progetti a zero emissioni
  • Supportare l’adozione di politiche di adattamento nel Paese.

Italia-Mozambico, l'accordo centrale per un sistema rinnovabile africano

L'altro Paese cruciale per il Piano Mattei è il Mozambico, che non so se sai ma ha il potenziale di essere uno dei primi Paesi africani in cui le rinnovabili potrebbero svolgere uno dei ruoli strategici per l'intera Europa. Il problema è che attualmente lo Stato africano verte in condizioni di forte debito perché tutte le ricchezze presenti, come attualmente quella del gas, sono diventate la preda per la criminalità e la corruzione. Infatti molti progetti statali sono falliti e hanno generato enormi debiti proprio a causa della corruzione.

Il debito è, addirittura, triplicato dalla prima scoperta di gas è schizzato al 91% nel 2021, il tasso di povertà e di disuguaglianza sono aumentati e il Paese è precipitato in un violento conflitto. La crisi umanitaria ha portato allo sfollamento di oltre il 3% della popolazione, causato oltre 4500 vittime e peggiorato la già grave situazione di insicurezza alimentare.

I punti programmatici di Ecco per l'accordo Italia-Mozambico

"Le rinnovabili, di cui il Mozambico ha un forte potenziale soprattutto per l’idroelettrico e il solare, genererebbero significativi benefici a livello sociale, politico e ambientale. Un sistema energetico decentralizzato favorisce l’integrazione di fonti pulite, attraverso infrastrutture elettriche on- e off-grid, porta ad un aumento del benessere locale, tramite un aumento dell’accesso all’elettricità nelle aree rurali e la creazione di nuovi posti di lavoro, beneficiando così direttamente le comunità locali e il loro sviluppo". 

Algeria Egitto e la strada dal gas all'energia pulita nel Mediterraneo

Nella ricerca di fornitori alternativi alla Russia, Ue e Italia hanno individuato nel Mediterraneo – e in particolar modo in Algeria ed Egitto – una regione di primaria importanza. Allo stato attuale però, affinché questi paesi aumentino le loro esportazioni di gas verso l’Ue e aiutino quindi a colmare il gap russo, sarebbero necessari ingenti investimenti per aumentare in modo significativo la produzione.

"Questi investimenti legherebbero l’Ue e i suoi paesi membri alla regione e al gas naturale ben oltre i limiti temporali fissati per la decarbonizzazione, oppure condannerebbero i Paesi produttori ad investimenti che non verrebbero ripagati dalla domanda decrescente di gas in Europa."

La cooperazione con Algeria ed Egitto deve invece prevedere la creazione di una partnership per la transizione dal gas all’energia pulita (gas-to-clean): ossia aumentare la quota di rinnovabili nel mix elettrico di questi due paesi in modo da liberare un maggiore quantitativo di gas per l’esportazione.

Il think thank energetico indica alcuni dati per far comprendere più nel concreto quanto questo processo sia fattibile:

Considerando che la generazione elettrica di questi paesi dipende quasi esclusivamente dal gas,  aumentando le quote di rinnovabili nel mix elettrico fino al 20% in un anno si “libererebbero” per l’esportazione 11,5 bcm di gas (7,9 bcm in Egitto e 3,7 bcm in Algeria). A questi, si potrebbero aggiungere 13,5 bcm di gas recuperati attraverso la cattura del “gas flaring” (il gas di scarto bruciato) e del “gas venting” (quello rilasciato in atmosfera) in Algeria – il quinto paese al mondo per flaring –  contribuendo a ridurre le emissioni improduttive di CO2. Sommando questi ultimi 13,5 bcm di gas naturale catturabili dai gas dispersi ai 11,5 bcm di gas “liberato” per l’esportazione grazie alla generazione di elettricità da risorse rinnovabili, e tenuto conto delle capacità di export residue dei due paesi, si otterrebbero dunque 24,5 bcm di gas extra a disposizione per l’esportazione.

Avviare la transizione pulita nel settore energetico nei paesi nordafricani può comportare sfide complesse che riguardano riforme politiche, disponibilità di risorse finanziarie significative e competenze tecnologiche.

Infine, secondo le stime RCREEE su dati IRENA, il raggiungimento dei target nazionali di rinnovabili in Algeria ed Egitto permetterebbe di creare rispettivamente 60.060 e 147.378 nuovi posti di lavoro.

L'Intervista

Noi di Ohga abbiamo sentito direttamente chi ha curato i briefing pre-Summit per Ecco, la dottoressa Lorena Stella Martini, esperta in politica estera.

Dottoressa, leggendo anche i vostri rapporti si evince come la strategia migliore e di lunga visione non sia quella di puntare esclusivamente sul gas, ma sulle rinnovabili. E riflettendoci sembra anche una considerazione molto ovvia. Per questo motivo volevo chiederle, crede che il Piano Mattei, così com'è stato pensato, possa rischiare di diventare un fallimento in poco tempo…? 

Domandona… Noi abbiamo basato il nostro ragionamento sul fatto che questo Piano possa essere una grande opportunità per l'Italia, non solo per la questione energetica, ma anche per legami geopolitici, per la questione migratoria, per la credibilità internazionale e per lo sviluppo di un Continente, come quello africano.

Fatta questa premessa, abbiamo anche pensato a quale fine dovrebbe avere l'Italia nella sua politica estera, ovvero quello di creare accordi che comprendano anche temi già trattati a livello globale, come quello degli Accordi di Parigi per esempio.

Insomma crediamo che quando si parla di politica estera di ampio respiro debbano esserci anche degli allineamenti con altre visioni sempre globali già intraprese. Per esempio un tema può essere quello di Cop21, quando l'Italia prese gli impegni di non investire nuovi capitali in produzione di ‘oil and gas'. 

Da tutte queste considerazioni pensiamo che l'approccio italiano per la produzione di gas può' rischiare di non funzionare più, soprattutto considerando anche gli scenari che abbiamo dal punto di vista energetico, climatico e demografico sia per il nostro Paese, sia per l'Europa. 

Dopo il conflitto scoppiato tra Russia e Ucraina era tornato alla ribalta, giustamente, il tema del gas e della messa in sicurezza sul lato energetico i Paesi europei, ma ad oggi sono state trovate le garanzie, quindi non abbiamo bisogno di nuovi investimenti per cercare il gas in Africa. D'altro canto, se poi spostiamo il discorso sul piano dello sviluppo dell'Africa, ci siamo posti una domanda: la produzione di gas svilupperà l'Africa nel lungo periodo? 

Che risposta avete trovato…?

Basta far riferimento ai mercati globali dell'oil and gas che negli ultimi due anni sono stati perennemente instabili e volatili.

Osservando il vostro rapporto sull'accordo Italia-Mozambico, adesso vorrei farle una domanda puramente economica. Il Piano Mattei, puntando solo sul gas, non crede che possa accentuare ancora di più il debito pubblico italiano o dei Paesi africani, come appunto già ‘autonomamente' ha fatto il Mozambico in questi anni…

Sicuramente la problematica è che gli investimenti in gas in Paesi africani con condizioni già vulnerabili sul lato energetico rischino di accentuare i problemi. È vero anche, però, che il Piano Mattei non serve solamente come piano energetico, ma anche come piano per gestire meglio i flussi migratori. Ovviamente creare uno sviluppo che sia di lungo termine è la soluzione finale, investire invece in soluzioni di breve termine non porterà a quello che realmente serve o a sradicare il problema alla base che c'è nella questione flussi migratori. 

E poi proprio i flussi migratori più recenti sono strettamente connessi alla crisi climatica. Molti territori africani a causa di problemi ambientali vedono uno spopolamento e puntando sul gas si peggiorano le condizioni climatiche, quindi si andrebbe in direzione opposta. 

È importante collegare questi due temi per far capire che attualmente la questione climatica non può essere considerata una questione slegata da altri temi come quello energetico o migratorio, ma è strettamente collegata.

Un'ultima domanda, riguarda la struttura e il funzionamento del Piano che, è vero essere un Piano molto diverso dal PNRR europeo, però alcune somiglianze, per la narrazione che si è creata intorno, ci sono. E poi c'è anche il fatto che, nonostante sia un piano legato al nostro Paese, lo stesso venga vista con interesse dagli altri Stati membri dell'Ue. Detto questo il Piano Mattei potrebbe diventare un piano europeo e non più gestito solo dall'Italia?

Credo che più che un cambio di governance il Piano Mattei possa essere visto come ‘il pioniere' di altre azioni e di una rinnovata strategia europea per il Continente africano. Anche la Presidente del Consiglio Meloni ha dichiarato che questo Piano deve essere visto come un tassello di quella che può essere una più ampia strategia europea. Io lo inquadrerei più in quest'ottica.

Inoltre poi, il Piano Mattei come struttura, sarà diverso dal PNRR. Si parlerà più di progetti singoli, iniziative. L'ipotesi è questa e quindi per lo stesso motivo vedo anche un basso rischio che la governance possa mutare o addirittura lo stesso Piano possa essere bocciato da un nuovo esecutivo italiano.

Fonte | Piano Mattei Governo 

Ecco Think Thank Clima