Lo sappiamo bene: la questione della sostenibilità ambientale è ormai centrale nelle agende della maggior parte dei Paesi. In questo contesto, la plastica ha sicuramente un ruolo centrale in virtù del suo impatto negativo sull’ambiente. Isole di plastica negli oceani, microplastiche nei cibi, insomma, plastica ovunque! Ma la scienza trova sempre una soluzione. La luce in fondo al tunnel potrebbe essere rappresentata da una nuova plastica vegetale ottenuta dal bambù. Un team di scienziati cinesi dell’American Chemical Society ha sviluppato un innovativo processo per trasformare il bambù in plastica 100% biodegradabile.
Uno dei vantaggi del bambù è che in Cina abbonda, anche perché cresce e si rinnova in tempi brevi. Tuttavia il bambù presenta un problema se lo si vuole trasformare in plastica: le proprietà adesive delle sue cellule sono molto basse. Questa caratteristica, almeno fino a oggi, ha reso impossibile la creazione di un materiale ricavato dal bambù in grado di sostituire adeguatamente la plastica.
Le bioplastiche hanno manifestato problemi quali la sensibilità all’acqua, senza contare i costi di produzione. Gli scienziati cinesi sono riusciti a migliorare la plasticità del bambù sviluppando un metodo che da un lato rimuove selettivamente la lignina e altera la struttura cristallina della cellulosa e dall’altra, modifica specificamente alcuni componenti del bambù. Questo processo trasforma certi gruppi chimici presenti nel materiale (chiamati idrossilici) in altri (detti dialdeici) che sono più reattivi. Tale cambiamento aumenta la capacità del bambù di interagire con altri materiali, rendendolo più versatile per varie applicazioni e potenzialmente superando alcune delle limitazioni delle bioplastiche tradizionali.
Il procedimento passa per diverse fasi: il bambù viene trasformato in polvere e pressato a caldo. Si utilizzano delle sostanze chimiche ecologiche che rimuovono parte della lignina, cioè la sostanza organica che si lega alla struttura cellulare rendendola rigida. Il risultato è una plastica termoindurente (ABTP) resistente all’acqua e riciclabile.
L’ABTP; oltre a essere facilmente modellabile, ha eccezionali proprietà meccaniche come la resistenza alla trazione (50 MPa), alla flessione (80 MPa), un modulo di flessione (è una misura di rigidità del materiale, ossia di resistenza alla deformazione elastica) di 5 GPa, e una durezza Shore D (misura di resistenza alla penetrazione) prossima a 90.
A questo punto ci si potrebbe chiedere dopo quanto tempo si disintegrino le nuove plastiche vegetali in bambù. La decomposizione delle fibre vegetali varia a seconda del tipo di fibra. Ci sono anche da considerare i fattori che influenzano la decomposizione, dunque, l’umidità, la temperatura, l’esposizione alla luce del sole, la composizione chimica della fibra e la presenza di microrganismi nel suolo.
Detto questo, in base al tipo di fibra vegetale, i tempi di decomposizione, indicativamente, vanno da pochi mesi fino a 3 – 5 anni. Ora, spostiamo per un attimo l’attenzione sulle bioplastiche attualmente in uso. Le si credeva eccezionalmente biodegradabili ma recenti studi, come quello pubblicato su Plos One, dimostrano che non è così.
La plastica ottenuta dal bambù, invece, mostra una capacità di decomposizione nel suolo straordinariamente rapida, completandosi in soli 3 mesi. Questo tempo di biodegradazione eccezionalmente breve rappresenta un balzo in avanti rivoluzionario rispetto alle bioplastiche convenzionali. La velocità con cui questa innovativa plastica vegetale si disgrega e viene assorbita dall'ambiente è paragonabile a quella di molti rifiuti organici comuni.
Avendone ora compreso le caratteristiche principali di questa innovazione, possiamo sintetizzare tutti i vantaggi della plastica di bambù: