Problema casa e affitti a Milano, quali sono le soluzioni future del Comune? La risposta dell’Assessore Maran

La bolla continua, ma il Comune di Milano sembra aver trovato alcune soluzioni da applicare e approvare in giunta sul tema affitti in città. Proviamo a vedere come cambierà il settore immobiliare in futuro a Milano con gli interventi politici.
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Rubrica a cura di Mattia Giangaspero
29 Marzo 2023
Intervista a Pierfrancesco Maran Assessore alla Casa e al Piano Quartiere

A Milano dal 20 al 23 marzo tutta la città è stata invitata dal Comune a prendere parte al Forum sull'Abitare, un confronto e un dibattito su quello che sarà il prossimo campo di rivoluzione che l'attuale Giunta vorrà compiere per risolvere il problema della casa, degli affitti e delle case popolari che c'è, è reale per la città metropolitana di Milano. In questo senso è stato proprio l'Assessore alla Casa e al Piano quartieri Maran a parlare e a rispondere alle varie domande che sono state poste sul futuro immobiliare della città. Vediamo allora insieme come cambierà il concetto di vivere e abitare Milano da qui al 2030.

"Se noi ci limitiamo a chi abita oggi la città di Milano, quella dentro i confini amministrativi, troviamo dei dati demografici che sono pazzeschi e non sono affrontati nella misura adeguata. Cioè Milano dal 2008 al 2023, in 15 anni, è passata da 1milione e 300mila abitanti a 1milione e 400mila circa. Una crescita che sarebbe stata maggiore se non ci fossero stati gli anni del Covid. Non sono però arrivate 100mila persona. Il turnover è talmente più vasto che possiamo dire che tra coloro che hanno cambiato residenza e coloro che sono nati in questi anni, solamente il 38% degli attuali milanesi era residente a Milano 15 anni fa."

Tra coloro che hanno cambiato residenza e coloro che sono nati in questi anni, solamente il 38% degli attuali milanesi era residente a Milano 15 anni fa.
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In numeri…?

"Più della metà di quelli che risiedono a Milano, non erano residenti nel 2008. Nella maggior parte dei casi però il turnover è arrivato con i Comuni limitrofi. Non tutti arrivano da altre città d’Italia, tipo Napoli, Bari e Palermo. Si tratta comunque di una mobilità abitativa che è unica e rilevante perché ci dice che la città sta vivendo lo sviluppo urbano che ha vissuto negli anni 70. Non dimentichiamoci che il processo espulsivo della città attuale è accaduto anche 40-50 anni fa, ma con una differenza, questa volta c’è un ricambio. Dagli anni 70 ai primi del 2000 infatti si è passati da 1milione e 700mila a 1milione e 300. Quindi Milano ogni 20-30 anni cambia pelle e se cambia pelle bisogna cambiare alcune politiche perchè non cambiano solo i bisogni, ma anche le persone che vivono la città."

Gli ultimi dati del Comune di Milano ci dicono che dal 2014 il costo della casa per le vendite è aumentato del 43% e per gli affitti è aumentato del 40%.
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Case e salari c'è un nesso…? 

"Gli ultimi dati del Comune di Milano ci dicono che dal 2014 il costo della casa per le vendite è aumentato del 43% e per gli affitti è aumentato del 40%. Dov’è il problema? I salari. Più o meno nello stesso periodo hanno visto una crescita del solo 5%. Questi dati vanno insieme, non dimentichiamocelo. Se c’è un problema del costo delle case non dimentichiamoci che il vero problema sono i salari. Quel 5% è un unicum in Europa, anche se è il dato più alto in Italia, noi in questo momento storico confrontandoci con Germania e Francia, dobbiamo vedere quanta è stata la crescita in quei Paesi. I salari lì sono aumentati del 22%."

Ad oggi la questione numero uno è quindi quella salariale. Adesso però torniamo al tema case. Quando ho detto che sono cambiati i milanesi, ho omesso un dato che forse è sorprendente. Sono cambiati i milanesi ma non c’è una crescita demografica standard. Infatti la popolazione è sia più anziana, sia più giovane, manca la fascia che si trova nel mezzo, i lavoratori.

Infatti la popolazione è sia più anziana, sia più giovane, manca la fascia che si trova nel mezzo, i lavoratori.

"Arrivano giovani da tutta Italia che vogliono studiare nei poli universitari di Milano, ma poi trovano difficoltà a lavorare in città. I fuori sede sono aumentati, dal 25% al 33-34%. La fascia 25-35, cioè quella di accesso al lavoro, comunque è cresciuta, anche se meno rispetto alle altre due. Infatti questo dato ci dice che, negli ultimi 10 anni, c’è il 15% di milanesi in più e si trovano tutti all’interno della città di Milano."

Volendo interpretare questa informazione, potremmo dire che chi arrivi a Milano per lavorare, costi quel che costi vuole stare all’interno della città. Accettando case piccole e rincaro di prezzi.

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Ora entriamo nel cuore pulsante, la casa. La casa a Milano cosa vuol dire?

"Per molti si tratta di un investimento. Se uno ragione in quest’ottica, la città offre molte possibilità e fonti interne al Comune ci dicono che le case continueranno a rivalutarsi.

Fonti interne al Comune ci dicono che le case continueranno a rivalutarsi.

La casa per noi, però, non può essere concepita solo come investimento. La casa è una necessità abitativa per ogni famiglia con la propria capacità economica. Quello che sta accadendo in questi anni e che ci deve far cambiare strategia è che non basta più il proprio lavoro per comprare una casa a Milano, per affittare una casa a Milano. Ci troviamo quindi con cittadini che si trovano più in difficoltà di altri e per supportarli il Comune deve ampliare l’offerta e contribuire a calmierare i prezzi."

Come?

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Non partiamo da zero, ci tengo a dirlo. Noi dobbiamo ragionare sul fatto che non stiamo gestendo una crisi economica, ma una crisi di crescita che è dovuta anche dall’attrattività della città. Tanti cittadini del resto del Paese pensano che qui ci sono delle opportunità che altrove non ci sono. Quindi nel momento in cui diciamo che dobbiamo affrontare un problema è anche giusto contestualizzarlo.

"Il primo passo l’abbiamo fatto ottenendo la gestione delle case popolari del Comune di Milano, riducendo l’abusivismo nelle case comunali del 70% in dieci anni. Abbiamo investito 104 milioni in 5 anni per riattare 4 mila appartamenti sfitti. La più grande azione da questo punto di vista."

Siamo arrivati fino alla Corte Costituzionale a difendere il principio che, chi lascia degli immobili sfitti e abbandonati, deve o riqualificarli o deve avere degli obiettivi sociali. Lasciare gli immobili abbandonati in città è una vergogna. Ci sono degli incentivi per poterli riqualificare.

"Abbiamo approvato un PGT nel 2019 che ha aumentato la quota del co-housing sociale dal 30 al 40%. Nuove costruzioni andranno per metà in vendita e per metà in affitto. Questo perché avevamo capito come il problema casa era legato molto anche all’affitto. Abbiamo messo a disposizione aree pubbliche importanti come l’Ex macello non con l’obiettivo di massimizzare un ritorno economico. Volevamo dare un ritorno sociale."

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Al’Ex Macello ci saranno 1000 case in vendita e in affitto a prezzi convenzionati. Si tratta di un totale di case che supera quelle costruite a Porta Nuova e a City Life. Abbiamo inserito poi, nella nuova edizione di Reinventing Cities cinque, sei aree (Pitagora, Piazzale Martesana, Zama Salomone, Abbiategrasso, Certosa), edificabili con la base d’asta 1 euro per chi costruisce case da affittare a prezzi convenzionati. Abbiamo reperito 150milioni di euro di fondi europei per avviare il progetto di rinnovo del patrimonio abitativo comunale. In questo senso potremmo far meglio, perché sembrano tanti soldi in termini assoluti, ma il fabbisogno stimato per una riqualificazione rilevante delle sole case del Comune è di 1 miliardo e 200 milioni. E quindi noi, a questi 150 milioni, con la finanza Comunale immetteremo ogni anno 60 milioni di euro. Di questi, però, 20 milioni serviranno per riattare abitazioni sfitte.

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Quali sono le strategie future?

"Ci occupiamo di tutte le questioni della casa nell’area metropolitana, non basta occuparsi di quel che teniamo già, di costruire case nuove convenzionate e quindi servono anche delle regole. La strategia per forza di cose deve essere in una chiave metropolitana e non cittadina, sia perché stiamo facendo degli investimenti strutturali per andare fuori Milano e sia perché le aree edificabili si trovano più al di fuori del centro città. Questa diventa, quindi, un’opportunità anche per chi gestisce i comuni vicino alla città, che hanno meno possibilità di Milano di creare sviluppo e recupero delle loro aree."

Il tema forse più importante riguarda la classe media e i giovani. Loro vanno sostenuti nell’affitto tramite politiche pubbliche. Noi abbiamo cambiato totalmente la cultura del lavoro in Italia. Pensiamo che chi guadagna 1500, 2000 euro al mese sia già classificato ricco, questa è una cosa non accettabile. Quelle categorie in tutto il resto d’Europa vengono sostenute da un sistema pubblico, perché ci sono aree urbane troppo costose. Bisogna difendere questa categoria di cittadini. È una questione atipica dell’Italia pensare che questi lavoratori non debbano essere aiutati. Infine va limitata l’offerta di ospitalità turistica.

"La crescita è fantastica, però ci sono prevalentemente gli alberghi. Le case vanno riaffilate a chi vive la città. Se ci occupiamo di tutto però dobbiamo avere ben chiaro lo sviluppo del sistema di case pubbliche. Questo sistema non è più sussidiato da decenni pur essendo un servizio. Chi entra nelle case popolari oggi lo fa perché si trova in una situazione di disagio grave. Le case popolari invece erano nate per dare una casa ai lavoratori e non solo per sussidiare casi di povertà. Adesso abbiamo trasfigurato completamente questo sistema e addirittura non si hanno più i sussidi per farlo funzionare. Il Comune per tenere questo sistema di 28mila case che possediamo, integra con 100milioni che sono insufficienti per ottenere ottimi risultati. La Regione sussidia in modo marginale ALER."

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Il Risultato?

Siamo passati da avere un patrimonio immobiliare di 100 mila case ad avere un patrimonio immobiliare di 28 mila. 70 mila case in meno sono tante…

"Siamo passati da avere un patrimonio immobiliare di 100 mila case ad avere un patrimonio immobiliare di 28 mila. 70 mila case in meno sono tante… Allora noi vogliamo passare dall’essere gestore delle proprietà rimanenti, a essere creatori di una nuova società pubblica e dinamica per recuperare quel patrimonio."

Siamo l’unico Paese che ha abdicato all’idea che il pubblico debba fare case nuove. Altre grandi città europee non limitano l’offerta di casa pubblica a chi soffre di povertà, ma creano una mixitè che è quella che consente di migliorare la qualità della vita anche per gli attuali cittadini delle case popolari. Una mixitè che crea un equilibrio economico e sociale del sistema che deve reggersi in qualche modo. Perché non si fanno più case popolari? Perché, che siano abitate o abbandonate, chi le costruisce e le gestisce perderà dei soldi. E siccome i conti pubblici sono un disastro non si può fare a meno che non si crei un nuovo meccanismo.

"Una richiesta che il Comune fa allo Stato è quello di tenere vivo il Superbonus al 110% o anche al 70% per i beni immobiliari pubblici così che possano essere riqualificati con spese contenute. Per quanto riguarda invece la soluzione del Comune, nel caso delle case popolari, è quella di recuperare il 20% del patrimonio che si ritrova all’interno dell’area metropolitana (quindi 28mila case del Comune di Milano e 33 mila di ALER regione Lombardia), in quanto sfitto. E con queste case riqualificate l’idea è quella di assegnarle ai lavoratori di cui parlavamo prima e a prezzi convenzionati (300euro massimo al mese). In numeri vogliamo che ci siano 10mila case popolari che vadano ai lavoratori e che a quelle del Comune di Milano (22mila) vengano aggiunte altre tre mila."

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Noi però abbiamo un incremento degli affitti da risolvere oggi…

"Noi in Italia abbiamo già gli incentivi per il canone concordato. A Milano nell’ultimo anno questo ha portato 200 nuovi contratti. 200 è un numero più vicino a zero e siamo tutti d’accordo. Questo problema non lo si colma con la tassazione, anche perché se questa fosse azzerata comunque il costo dell’affitto resterebbe ugualmente alto. Allora avviene un coordinamento diverso tra chi affitta e chi è affittuario. Altro tema che bisogna risolvere è quello degli immobili occupati da inquilini che non pagano."

La politica deve affrontare la questione perché in questo caso non c’è un fondo di sostegno agli affitti, alla cosiddetta morosità incolpevole, ma c’è anche il problema che lo Stato, quando un inquilino non paga perché non ha la possibilità, utilizza il proprietario della casa come ammortizzatore sociale. Comunque la si veda questa cosa qui non funziona e genera un tema di sfiducia sugli affitti a lungo termine. Anche per questo motivo si punta di più ad affitti brevi, che vuol dire affittare ai turisti, perchè si è certi che poi vadano via.

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E il tetto agli affitti?

"Parigi l’ha fatto, anche Barcellona e Berlino, ma subito dopo è stato considerato anticostituzionale. Io dico una cosa: discutiamoci, anche se ci sono criticità, come il ritorno al sommerso. Noi vogliamo aprire un dibattito."

Invece su questa questione vogliamo metterci non un punto di domanda, ma un punto esclamativo. Vogliamo chiedere allo Stato che Milano possa fare una normativa specifica per limitare l’offerta turistica in città. In Italia questa possibilità ce l’ha solo Venezia da sei mesi. Non vogliamo azzerarlo, però chi ha molte case come investimento, sappia che sarà il bersaglio dell’azione del Comune. Ultimo punto riguarda il sostegno agli affitti, perché non dovremmo darlo? Diamo tanti di quei bonus per ogni cosa…

Qui il testo integrale del progetto del Comune di Milano sulle case e gli affitti che potrebbe essere approvato in Giunta nei prossimi mesi

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Il mio percorso di studi è iniziato a Milano nel 2016 dove, all’Università Cattolica, ho frequentato la triennale in Linguaggi dei altro…