Riciclo della plastica: a che punto è l’Italia rispetto agli altri Paesi europei?

Come funziona la filiera di raccolta, selezione e riciclo dei rifiuti plastici? Come si posiziona l’Italia rispetto agli altri Paesi europei? E cosa si potrebbe fare per migliorare i processi di recupero e avvio a nuova vita di questo materiale? Ne abbiamo parlato con Antonello Ciotti, presidente di Corepla e Diego Barzotti, responsabile comunicazione di Revet, entrambi presenti a Ecomondo 2019.
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Sara Del Dot 5 Novembre 2019

Di plastica si parla in continuazione. Come uno dei principali nemici dell’ambiente, da combattere con tutti i mezzi a disposizione, ma anche come materiale assolutamente imprescindibile in moltissimi settori. Il rifiuto plastico, però, non rappresenta soltanto un pericoloso inquinante. Se gestito nel modo corretto, infatti, può diventare una preziosa risorsa per creare nuovi oggetti senza per forza imporre la creazione di altra materia prima. Per capire meglio il processo di riciclo della plastica e il flusso che questo materiale segue per trasformarsi da oggetto a rifiuto e poi ancora in oggetto, abbiamo parlato con Antonello Ciotti, presidente di Corepla, Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica e Diego Barzotti, Responsabile comunicazione e relazioni istituzionali di Revet, azienda specializzata nella raccolta e selezione dei rifiuti plastici, entrambi presenti a Ecomondo 2019, la fiera dedicata all’innovazione ambientale e all’economia circolare.

“In Italia vengono usate ogni anno circa 7 milioni di tonnellate di plastica,” spiega Antonello Ciotti di Corepla. “Di questa enorme quantità, finiscono negli imballaggi circa 2 milioni e 200mila tonnellate, di cui l’anno scorso siamo riusciti a recuperare l’84%. Di questo materiale recuperato, sempre l’anno scorso siamo riusciti a riciclare il 50%, quasi 700mila tonnellate”.

Cifre interessanti, che posizionano il nostro paese tra i primi in Europa per quanto riguarda il recupero dei rifiuti plastici. Rifiuti di cui 700mila tonnellate riescono a essere avviate a riciclo. Ma come funziona questo percorso da scarto a nuova vita?

“Dopo che facciamo la raccolta differenziata, il sacco della plastica viene poi raccolto e portato nei centri di selezione.” Spiega Ciotti. “Qui il sacco viene pesato e analizzato per controllare che al suo interno ci sia soltanto plastica, perché in base al peso del materiale raccolto viene data al Comune una ricompensa di 300 euro a tonnellata. Ogni anno noi diamo ai Comuni di tutta Italia 350 milioni per sostenere la raccolta differenziata della plastica. Milano, ad esempio, raccogliendo circa 24 kg per abitante ottiene circa 20 milioni di euro all’anno di supporto.

La seconda cosa che si fa all’interno dei centri di selezione è la divisione delle plastiche in base alle loro componenti principali. Affinché infatti la plastica si trasformi in una risorsa, le sue varie tipologie devono essere divise tra di loro, ad esempio polietliene, Pet, polipropilene, polistirolo e così via. Da un solo sacco della spazzatura, noi possiamo estrarre fino a quindici prodotti includendo gli sperimentali.”

Uno dei centri su cui Corepla si appoggia è Revet, centro di raccolta e selezione di rifiuti plastici, con sede in Toscana, la stessa azienda che recentemente ha realizzato i seggiolini in plastica riciclata dello stadio di Pontedera, un caso unico al mondo.

Revet si occupa della raccolta della plastica per l’80% della Regione Toscana, seleziona i singoli imballaggi che vengono suddivisi per tipologia per poi essere riciclati, e avvia a riciclo i materiali presso i cosiddetti riciclatori.” A raccontarci le attività del centro è Diego Barzotti, Responsabile comunicazione e relazioni istituzionali dell’azienda, che oltre a processare oltre 180mila tonnellate di materiali l’anno si occupa anche di riciclare direttamente una parte di plasmix.

“Negli impianti come Revet, le plastiche vengono divise secondo diversi flussi a seconda della tipologia, così da renderle recuperabili. Ad esempio, le bottiglie in Pet dell’acqua vengono divise per colore (azzurro, trasparente, colorato), ma c’è un flusso a parte per i flaconi (shampoo, detersivo..), uno per gli imballaggi flessibili (film, sacchetti, nastri) e diversi altri. Poi, alla fine, c’è il cosiddetto plasmix.”

Sebbene in modo non ancora ufficiale, “plasmix” è il modo in cui viene definito tutto l’insieme delle plastiche non riciclabili. Da qui, Revet estrae i polimeri compatibili tra loro, una sorta di grande famiglia fatta di elementi simili e li ricicla tutti insieme.

“Abbiamo scelto di estrarre dal plasmix la famiglia delle poliolefine, che è quella maggiormente presente e quindi la più facilmente riciclabile.” Spiega Diego Barzotti. “Da qui, possiamo realizzare i profili che possono essere utilizzati per realizzare arredi urbani come panchine, pali, pavimenti e stecche, oppure possiamo ottenere del granulo che vendiamo direttamente agli stampatori di oggetti in plastica. Infatti, il nostro granulo può essere utilizzato con qualunque tecnologia a iniezione, tant’è che è stato utilizzato per la realizzazione dei seggiolini dello stadio di Pontedera, unico caso al mondo di seggiolini da stadio fatti in plastica riciclata. Ma si possono creare anche tegole, vasi, fioriere, articoli per la casa, compostiere… La particolarità è proprio che ogni oggetto è composto da una miscela specifica adatta alle esigenze del prodotto finale, quasi come un lavoro sartoriale.”

Insomma, dalla plastica possono nascere tante cose. Bottiglie che diventano nuove bottiglie, vasetti che si trasformano in panchine, tappi che diventano pali della luce. Anche se purtroppo non è tutto semplice come sembra. La filiera si può ancora migliorare, soprattutto con il contributo dei cittadini per i quali gli errori, anche se involontari, sono dietro l’angolo. Anzi, dentro al bidone.

“Bisognerebbe migliorare la raccolta differenziata soprattutto dal punto di vista della qualità, non della quantità”, continua Diego Barzotti. “In Italia sul multimateriale quindi plastica, alluminio ecc., la media di frazione estranea che si trova è intorno al 22%. E sono errori di conferimento fatti dai cittadini.”

“Di sbagli se ne fanno tanti”, prosegue Antonello Ciotti. “Anche perché il povero cittadino non è molto agevolato dal momento che ogni Comune fa la propria raccolta differenziata, con delle distinzioni rispetto agli altri, per cercare di ridurre i costi. Per fare un esempio, all’Isola d’Elba ci sono sette comuni con tre differenti raccolte differenziate. L’errore più frequente in cui noi ci imbattiamo è quello di mettere nel sacco degli imballaggi prodotti che imballaggio non sono, seppur di plastica. Anche se il problema più grande si riscontra quando nel sacco della plastica si trovano oggetti di un materiale completamente diverso. A volte addirittura non viene differenziata la plastica compostabile da quella a base fossile. ”

“Gli errori più comuni che troviamo nel nostro impianto Revet”, aggiunge Diego Barzotti, “sono giocattoli, palloni, scarpe e ciabatte, tutti oggetti di plastica o gomma ma che non hanno nulla a che fare con gli imballaggi”.

“Io credo che una cosa importante da fare sia mostrare al cittadino il risultato del riciclo”, conclude. “Il cittadino non vede oggetti in materiale riciclato, non saprà che fine ha fatto il materiale che ha differenziato e potrà anche credere che venga buttato tutto insieme. Sarebbe quindi importante che venissero mostrati gli oggetti in materiale riciclato, come ad esempio gli arredi urbani, per giustificare l’impegno richiesto ai cittadini per realizzare una corretta raccolta differenziata.”