“Sono ospite delle montagne e non voglio modificarle”, Matteo Della Bordella e il suo progetto “Climb & Clean”

Climb & Clean è il progetto di arrampicata e di pulizia delle falesie italiane ideato da Matteo della Bordella e dal compagno di arrampicate Massimo Faletti. La partenza è fissata dopo Pasqua, restrizioni permettendo, Nel frattempo, abbiamo scambiato due chiacchiere con Matteo.
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Gaia Cortese 21 Marzo 2021

Se solo ciascuno di noi si ricordasse che è la natura ad ospitarci su questo pianeta, forse ogni luogo della Terra sarebbe molto più pulito. A ric0rdarcelo è Matteo Della Bordella, alpinista e presidente dei Ragni di Lecco, che si è sempre considerato un ospite delle montagne e che per tale motivo ne ha un profondo rispetto.

Tra pochi giorni Matteo partirà da Trento per raggiungere la Sicilia, non solo per arrampicare, ma anche per ripulire alcune falesie italiane dai rifiuti accumulati. Un progetto, quello che prende il nome di Climb & Clean, che ha lo scopo di sensibilizzare tutti, da più ai meno appassionati di montagna, ad avere rispetto dell'ambiente.

È stato tuo padre a trasmetterti la passione per la montagna?

Ho iniziato a scalare all'età di 12 anni circa con mio papà, ma all’inizio non è che mi avesse tanto entusiasmato, perché le prime esperienze non sono state folgoranti. Con il tempo, fare arrampicate e affrontare vie in montagna ha iniziato a piacermi sempre di più. Così ho iniziato a migliorarmi e piano piano ho avuto sempre più occasioni per scalare pareti, prima nelle Alpi, poi in Patagonia, in Groenlandia e sull'Himalaya.

Cosa significa per un alpinista aprire una nuova via?

Intanto "aprire una nuova via" è una cosa che arriva dopo tanti anni di esperienza. Non è che uno che si improvvisa da un giorno all’altro, è un processo davvero lungo. Quando arrivi a conoscere quello che c'è stato prima di te, le prime spedizioni, le conquiste più clamorose di certe cime, viene voglia di confrontarsi con qualcosa di ignoto, di provare a spingere l'asticella di quello che si può fare un po' più in là, e quindi di vivere un’avventura ancora più grande: una via dove non è mai passato nessuno. E poi c'è anche il desiderio di lasciare la propria traccia e di vivere qualcosa in maniera totale.

Che rapporto si crea con i compagni di scalata durante una spedizione?

Creare un legame con compagni di spedizione è una delle cose più belle dell’andare in montagna. All’inizio magari non ti conosci bene, ma da qualche parte devi pur cominciare. Il più delle volte  il compagno ideale per una spedizione è una persona che sia motivata, almeno quanto te, verso lo stesso obiettivo. Una volta partiti si condivide proprio tutto. Si può stare lontano da casa da un mese e mezzo a due mesi, non ci sono momenti di stacco, quindi condividi davvero tutto, una parte di vita. Non può che crearsi un legame profondo, una fiducia totale nel tuo compagno e nelle sue capacità, ma è davvero bello perché si condividono paure e gioie, anche dubbi, e poi tutti i  piccoli successi che compongono una spedizione. Personalmente, ormai ho dei compagni più o meno fissi, su cui potrei mettere davvero la mano sul fuoco per quanto mi fido di loro, ma in passato mi è anche accaduto di non avere un buon feeling con uno dei compagni: tuttavia, se c'è una motivazione importante dietro quello che stai facendo, si può superare qualsiasi difficoltà.

Nella lista delle tue spedizioni si legge sempre “non ha lasciato materiale in parete”…

Sono scelte personali. A me è sempre piaciuto andare con uno stile veloce, leggero e pulito e quindi non lasciare tracce. Ho sempre voluto essere un ospite delle montagne e della natura e poterne godere senza modificarle, e credo che la stragrande parte di alpinisti la pensi cosi.

Le motivazioni per cui capita che vengano "lasciate" cose in quota sono fondamentalmente due: il primo motivo può essere culturale, nel senso che cinquant'anni fa non c’era la consapevolezza che c'è oggi nei confronti dell'ambiente e di come rispettarlo, non ci si pensava più di tanto; il secondo motivo può essere spiegato con il fatto che a volte capita che, trovandoti in situazioni di pericolo, oppure di profonda stanchezza, si tenda ad abbandonare delle cose per riuscire ad uscire da situazioni complicate più velocemente; mi riferisco per esempio ad attrezzature pesanti che vengono lasciate in vetta, o ad altro ancora, come le scarpette da arrampicata abbandonate dove finisce la roccia e inizia la neve, solo perché non servono più.

Nell’ambiente degli appassionati, e soprattutto tra i giovani, il rispetto per la montagna è molto sentito, magari chi vive in città e non ha cultura della montagna non si rende conto del danno che può fare. Non è nostra intenzione addossare colpe, vogliamo solo fare qualcosa di positivo e poi lanciare un messaggio di consapevolezza. Poi ognuno è libero di fare come vuole.

Sulla parete Est del Fitz Roy, in Patagonia.

E qui arriviamo al progetto “Climb e Clean”, me lo racconti?

L’idea è nata da un mio amico, Massimo Faletti, alpinista e guida alpina trentina, conosciuto in una spedizione in Pakistan. È stato lui a propormi di fare qualcosa insieme in favore della natura. Da parte mia, io non ho mai sporcato, ma non ho neppure mai pulito, a parte qualche cartaccia trovata sul percorso.

Vorremmo quindi partire da Trento e ripulire alcune falesie dove si fa arrampicata sportiva, poi spostarci in Sicilia dove ci sono alcune zone che necessitano interventi di pulizia: questa vuole essere anche un’azione simbolica per unire l’Italia. e nel mezzo c'è anche il Climb, ossia la nostra voglia di scalare un po' e godere della natura.

Partiremo quindi il prossimo 6 aprile, sperando che le restrizioni per il Covid-19 diminuiscano un po' perché vorremmo coinvolgere anche altre persone in questo progetto, ma adesso non è possibile per via degli assembramenti.

L’amico argentino Inaki Cousirrat pulisce la parete Este del Fitz Roy.

Ci sono altri alpinisti che condividono questo tuo progetto?

Sì, tanti alpinisti sono sensibili a questo tema e tutelano l'ambiente della montagna da anni, senza essere legati a questo progetto. Insomma, non abbiamo inventato niente di nuovo. Mi viene per esempio in mente François Cazzanelli, alpinista e guida alpina che da anni comunica attivamente sui social, ma fa lo stesso anche Marco Vago, un altro ragazzo dei Ragni di Lecco.

Matteo Della Bordella durante la spedizione in Groenlandia.

In un post sulla tua pagina Facebook, hai scritto di ammirare e stimare Cesare Maestri, non solo per le sue imprese, ma anche per il coraggio nel portare avanti il tuo pensiero indipendente e anticonformista. Ti senti un po' come lui?

Sicuramente posso dire che mi piace avere idee mie, non seguire le masse o i numeri, o ancora quello che fanno gli altri, i record, i primati e così via. Preferisco dare retta ai miei sogni e seguire i miei obiettivi. Forse sono un po' come lui, può essere. A me piace comunicare apertamente, dire quello che penso, ma ognuno rimane libero di agire come meglio crede.