Vaccinarsi contro l’influenza e la polmonite? Potrebbe aiutare anche a proteggere il tuo cuore

Uno studio dell’Università del Connecticut avrebbe confermato il ruolo dei vaccini anche nella salute del cuore. Esaminando un pool di quasi 3 milioni di pazienti, lo studio avrebbe dimostrato che i tassi di mortalità in ospedale per complicazioni legate all’insufficienza cardiaca sarebbero più bassi nelle persone vaccinate sia contro l’influenza che contro la polmonite.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Settembre 2020
* ultima modifica il 23/09/2020

Vaccinarsi serve. Per proteggersi dall’influenza, dai virus stagionali, dalla polmonite. E come ti abbiamo spiegato, può aiutare te ma soprattuto i medici a non confondere le diagnosi di influenza e di infezione da Coronavirus. Ora però la vaccinazione potrebbe diventare importante anche per la salute del tuo cuore. Una puntura di vaccino contro l'influenza e la polmonite sarebbero associate, infatti, a un minor numero di decessi ospedalieri nei pazienti colpiti da un'insufficienza cardiaca. Se pensi che, in media, una persona su cinque rischia di svilupparla nel corso della sua vita, capisci che i risultati di uno studio su quasi 3 milioni di americani presentato oggi al Congresso della Società europea di Cardiologia (ESC) 2020 potrebbero rafforzare ulteriormente il ruolo del vaccino antinfluenzale e contro la polmonite.

L’insufficienza cardiaca

Secondo le stime presentate dal gruppo di ricercatori dell’Università del Connecticut, in tutto il mondo ci sarebbero più di 26 milioni di persone affette da insufficienza cardiaca. È una condizione grave che porta il cuore in sofferenza, al punto da renderlo incapace di pompare il sangue agli organi: a questo punto, poi, i polmoni si riempiono di liquido causando mancanza di respiro e tosse e a volte costringendo anche a un ricovero urgente.

Il ruolo delle vaccinazioni

Finora l’equazione era chiara: le infezioni respiratorie legate a influenza o polmonite possono aggravare l'insufficienza cardiaca, quindi vaccinarsi annualmente e proteggersi da questi rischi era una scelta fortemente raccomandata, soprattutto nei pazienti a rischio. Mancavano però degli studi che confrontassero i risultati dei pazienti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati nel contesto dell’insufficienza cardiaca. I ricercatori americani, quindi, hanno riempito questo vuoto. Hanno esaminato 2.912.137 pazienti con scompenso cardiaco e ricoverati in ospedale dal 2010 al 2014 (l’età media era di 70 anni) e hanno provato a osservare se la vaccinazione avesse qualche legame con l’alto rischio mortalità.

I risultati

Che cosa sarebbe emerso? Che solo l’1,4% dei pazienti dello studio aveva fatto il vaccino antinfluenzale e l'1,4% aveva il vaccino contro la polmonite. E che i tassi di mortalità erano significativamente più bassi nei pazienti vaccinati contro l’influenza (1,3%) rispetto a quelli che non l’hanno ricevuto (3,6%). Stesso discorso per la vaccinazione contro la polmonite: la mortalità era più bassa in chi era stato “punto” contro la polmonite (1,2%) rispetto a quelli che avevano scelto di non farlo (3,6%). A studio concluso, i ricercatori hanno spiegato che questi dati potrebbero e dovrebbero spingere ulteriormente i cittadini verso la vaccinazione annuale, specialmente quelli con una salute cardiaca precaria o già colpiti da scompenso cardiaco.

Fonte | "Vaccines against respiratory infections linked with less heart failure deaths" pubblicata il 28 agosto 2020 al Congresso Esc 2020 

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.