
Un ragazzo di 22 anni ha riempito il suo garage di attrezzature di recupero, per costruire un dispositivo più piccolo della punta di un dito, senza il quale la tecnologia che usiamo tutti i giorni non esisterebbe: dai televisori ai cellulari, fino all’orologio digitale che forse in questo momento stai indossando al polso.
Ispirato dal lavoro di un’inventrice che mostrava su YouTube come fare qualcosa di simile, usando adesivi in vinile e un flacone di smacchiatore per ruggine, Sam Zeloof ha deciso di provare a realizzare un “chip” quando era ancora alle superiori. Per capire in modo semplice cos’è un chip potremmo pensare a un libro in miniatura, che invece di essere formato dalle frasi è l’insieme di tanti microcircuiti elettronici, che a loro volta sono composti da migliaia di componenti elettroniche; queste, in un certo senso, si comportano come le parole: in base a come vengono combinate danno origine a microcircuiti diversi, che trasmettono informazioni e svolgono molte funzioni.
Di solito questi chip vengono prodotti da grandi aziende con strumentazioni industriali e costose, mentre Sam ci è riuscito con le sue mani, con tanto ingegno e un budget ridotto. Pensa che già nel 2018 era già riuscito a realizzare il suo primo prototipo, chiamato Z1, che ha usato per alimentare il distorsore di una chitarra. La fabbricazione di questi chip spesso viene definita “il processo di produzione più difficile e preciso al mondo”, infatti quando questo ragazzo americano ha iniziato a documentare la sua impresa sui social, molti esperti si sono messi in contatto con lui per dirgli che era impossibile riuscirci a casa, con mezzi improvvisati; lui però non si è lasciato scoraggiare e anzi ha commentato: "Sapevo che sarebbe stato divertente e volevo mandare il messaggio che sarebbe il caso di essere più cauti quando ci viene detto che qualcosa è impossibile".
Con i consigli di Mark Rothman, un amico di famiglia con 40 anni di esperienza nel settore dell'ingegneria dei chip, Sam si è procurato online delle attrezzature degli anni ’70 e ’80 ormai in disuso, come un microscopio elettronico vintage, non funzionante, che vent’anni fa costava 250mila dollari; lui lo ha pagato solo mille dollari e dopo averlo riparato da solo, l’ha utilizzato per ispezionare i suoi modelli nei minimi particolari. Per le fasi successive ha usato altri strumenti di recupero, tra i quali un proiettore da sala conferenze, che ha agganciato al microscopio per “stampare” il design dei suoi circuiti elettronici sulle lamine di silicio che compongono il chip. In pratica, come se si volesse disegnare il piano stradale di una grande città su una lente a contatto.
Da quando ha iniziato a studiare ingegneria elettrica all'università, ha messo a punto un modello di chip più avanzato: lo Z2, che ha equipaggiato con 1200 transistor, le componenti elettroniche più importanti, che funzionano come amplificatori o interruttori del segnale elettrico. Il primo chip lanciato sul mercato nel 1971 ne conteneva circa 2300, e ora Sam punta a eguagliare questo risultato. Mentre la pandemia ha causato una carenza generale dei materiali usati per fabbricare i chip, con il risultato che alcuni prodotti, dalle auto alle consolle di gioco, sono diventati introvabili, l’iniziativa di questo ragazzo dimostra che è possibile una produzione di chip più accessibile e a basso costo.