Le macchie azzurre nelle immagini qui sotto rappresentano l’acqua che ancora non è stata assorbita dal terreno dopo le alluvioni. I punti arancioni sono edifici danneggiati: case, uffici, stabilimenti produttivi. Ci sono in giro più di 100 mila tonnellate di rifiuti: una quantità che, in quest’area, viene prodotta in 10 mesi. L’Emilia Romagna è tuttora sommersa dall’acqua e per giorni fango e detriti sono defluiti in mare.
Le vittime, gli sfollati e i danni causati nell’immediato sono stati solo l’inizio di una serie di conseguenze disastrose. Vediamo, numeri alla mano, in cosa consistono questi danni, che coinvolgono la regione a 360° e hanno letteralmente stravolto la geografia del territorio.
Le stime complessive dei danni sono ancora provvisorie, ma sono già salite a 7 miliardi di euro. Un volume così grande di acqua è stato il colpo di grazia per centinaia di campi agricoli e frutteti dell’Emilia Romagna già provati dalla siccità. Da una parte, il terreno troppo secco non è riuscito ad assorbire l’acqua. Dall’altra, l’acqua che è rimasta in superficie sta “soffocando” le radici degli alberi da frutto, facendole marcire – un eccesso d’acqua fa marcire le radici perché la pianta non riesce più a nutrirsi adeguatamente e diventa facilmente vittima di infezioni causate da batteri e funghi.
Circa il 42% dell’area agricola è stata infatti colpita dalle alluvioni. Delle cause – e della stretta correlazione con la siccità – ne abbiamo parlato qui. In alcuni punti, nei pressi di Forlì, il fango si è addirittura solidificato, rendendo ancora più difficile ripulire l’area. Parliamo di 10-15 milioni di alberi danneggiati in modo irrimediabile e che dovranno essere estirpati. Si tratta di piantagioni particolarmente sensibili all’acqua come il kiwi, l’albicocca o le susine. Ci vorranno giorni prima di riuscire a drenare tutta l’acqua ancora presente sul territorio e questo mette a rischio anche altri 40 milioni di alberi più resistenti come il melo, il pero, l’olivo, la vite e il ciliegio.
Il decreto approvato dal governo per far fronte all’emergenza prevede 100 milioni di indennizzi per le aziende agricole e 75 milioni per rimediare ai macchinari danneggiati, ma la maggior parte dei danni sono irreparabili e ci vorranno almeno 4-5 anni prima di recuperare il regime produttivo precedente. C’è infatti bisogno di tempo per piantare di nuovo gli alberi e trovare un numero così elevato di piante per sostituire gli alberi sradicati non sarà facile.
Altrettanto tragica è la situazione degli allevamenti. Parliamo di migliaia di animali morti a causa dell’alluvione – solo a Faenza, in provincia di Ravenna, sono morti 600 maiali. Le perdite dovute alle alluvioni si intrecciano poi col fatto che l’Emilia Romagna è una delle regioni italiane col maggior tasso di allevamenti intensivi. Al di là delle considerazioni etiche su questo tipo di allevamenti, è un dato di fatto che non ci sono piani di evacuazione per gli animali né è vietato continuare a costruire altri allevamenti in una regione così esposta al rischio di alluvioni. In un caso di emergenza come quello che è avvenuto a maggio tutto ciò si traduce in un elevato rischio di morte per questi animali: ammassati in spazi angusti e recintati proprio per evitare che scappino, in caso di allagamento gli animali non hanno modo di mettersi in salvo.
Oltre a danni economici, ciò comporta anche dei rischi sanitari. I cadaveri degli animali travolti dalla pioggia e i rifiuti degli stabilimenti possono contaminare l’acqua e aumentare il rischio di prendere malattie entrandoci a contatto. In generale, alluvioni violente come quelle che hanno colpito l’Emilia Romagna possono aumentare il rischio di infezioni a causa dell’acqua stagnante e dei rifiuti che trasporta: parliamo di tetano, epatite A o gastroenterite. Per fortuna le autorità sanitarie hanno dichiarato che, da questo punto di vista, la situazione è sotto controllo. È però necessario essere prudenti e anche per questo sono state organizzate campagne straordinarie di vaccinazione contro il tetano. È poi stato pubblicato un vademecum per spiegare come proteggersi o cosa evitare: è infatti importante usare indumenti e calzature resistenti e lavarsi accuratamente dopo essere entrati in contatto con acque contaminate.
Ma i danni delle alluvioni non riguardano solo agricoltura e allevamenti. I danni alle strade raggiungono quasi i 2 miliardi e 476 di queste sono inagibili. Anche la cultura è stata messa in pericolo: oltre alle centinaia di libri distrutti per l’allagamento di biblioteche e librerie, sono a rischio anche 1381 testi del ‘500 che erano conservati a Forlì. Grazie alla collaborazione di alcune aziende alimentari, sono ora conservati in celle frigorifere per evitare la proliferazione di funghi in attesa che vengano restaurati.
Il decreto maltempo approvato dal governo, oltre a stanziare fondi per i settori produttivi, punta a tamponare la situazione con provvedimenti come la sospensione delle tasse fino a fine agosto e la cassa integrazione per i lavoratori dipendenti fino a 90 giorni. Superata la fase d’emergenza dovranno poi seguire i finanziamenti per ricostruire e rimediare ai numerosi danni. In questo senso anche l’Unione Europea ha manifestato il suo sostegno, con 2,5 miliardi provenienti dal Pnrr per contrastare il dissesto idrogeologico e 6,5 miliardi per la tutela del territorio, cioè per evitare alluvioni e frane. Una serie di rimedi indispensabili per far fronte a una crisi che ha messo in ginocchio un’intera regione, e per mettere le basi di una più sicura convivenza tra essere umano e territorio nel prossimo futuro.