
La chiamano la porta dell’inferno, dove le fiamme della Terra bruciano per l'eternità. Darvaza è uno dei siti più spaventosi e affascinanti del pianeta, che si porta inevitabilmente dietro un'aura di luogo sovrannaturale. Ma anche se sembra essere lì dall’inizio dei tempi, la sua origine in realtà risale ad appena 50 anni fa. Agli inizi degli anni ’70 il governo sovietico era alla ricerca di petrolio, in un’epoca in cui ancora non si credeva nelle energie rinnovabili. Geologi e operai cominciarono così a perforare il deserto del Karakum, nei pressi di un piccolo villaggio dell’attuale Turkmenistan. Ma invece di affondare nell'ambito petrolio, le trivelle raggiunsero una sacca di gas naturale.
Il terreno crollò all’improvviso, trascinando con sé sotto terra tutte le attrezzature. I giornali di allora non riportarono vittime nell’incidente, ma non si può escludere che qualcuno sia morto nei mesi o anni successivi a causa dei gas velenosi liberati nell’atmosfera. Per evitare altri incidenti, e salvare gli abitanti del villaggio, fu quindi presa in fretta la decisione di dare fuoco al cratere, nella speranza di esaurire tutto il gas presente nella caverna. I calcoli furono ancora una volta sbagliati: il gas non si esaurì affatto nel giro di poco tempo, e anzi, da quel giorno di 50 anni fa, il cratere di Darvaza brucia ancora oggi ininterrottamente.
Tra i locali si è così diffusa la credenza che Darvaza sia a tutti gli effetti la porta dell’inferno, il luogo da cui le fiamme dei dannati si alzano verso il cielo, resistenti anche al freddo più gelido della notte. Una leggenda che non si discosta troppo dalla realtà, dal momento che questo cratere di gas naturale non è altro che il frutto dell’avidità dell’essere umano, che invece di imparare ad apprezzare le bellezze di questo paradiso, ha deciso di trasformarlo ancora una volta in un inferno di fuoco e fiamme.