Cibo e longevità: c’è un nesso? Ne parliamo con l’esperta in alimentazione Silvia Soligon

Digiuno intermittente o 5 pasti al giorno? Il vino fa bene? E il latte? Sarà vero che per vivere più a lungo è meglio diventare vegani? A queste e ad altre domande risponde l’esperta Silvia Soligon, biologa e nutrizionista, che ci aiuta a fare chiarezza su un tema che ci riguarda tutti.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Paola Perria 16 Ottobre 2018
Intervista alla Dott.ssa Silvia Soligon biologa ed esperta di nutrizione

Tutti vogliamo vivere a lungo. Anche tu, scommetto, e preferibilmente in ottima salute. Dagli studi sui centenari emerge che una volta superata la “boa” dei 105 anni, non ci sono reali limiti alla durata della vita umana. Ma le statistiche ci dicono che la vita media di noi italiani è pari a circa 80 anni per gli uomini e 85 per le donne. Peccato che non sempre chi arriva a questa età lo fa in buone condizioni. E non mi riferisco solo a possibili incidenti o fatalità. Penso alle malattie croniche, al fattore stress che accelera il processo di invecchiamento. E penso alla cattiva alimentazione, che non solo influisce negativamente sul nostro girovita, ma anche sul benessere generale.

Ti sei mai chiesto che ruolo gioca il cibo che porti in tavola ogni giorno sulla durata della tua esistenza? Scommetto che in questi termini non ti sei mai posto il problema. Oppure sì, perché sei un salutista e stai molto attento alla qualità e alla provenienza delle materie prime di ogni tuo piatto, eviti gli stravizi e magari segui un regime vegetariano o vegano. Qualunque sia la tua attitudine riguardo al cibo, voglio consigliarti di leggere d’un fiato la lunga intervista alla biologa e nutrizionista Silvia Soligon, che ci toglie un bel po’ di dubbi e sfata qualche pregiudizio su quello che si intende per corretta alimentazione intesa come strumento indispensabile per mantenere in condizioni ottimali, più a lungo possibile, quel “tempio” di perfezione che è il nostro corpo.

Silvia, in termini percentuali, ci dice quanto incide, grossomodo, l'alimentazione sulle aspettative di vita?

Non mi risulta che esistano statistiche precise al punto da poter parlare in termini di percentuali. Ciò che è sicuro è che l'alimentazione è uno dei pilastri fondamentali di uno stile di vita salutare e che portare a tavola cibo sano avendo cura di fornire al nostro organismo tutto ciò di cui ha bisogno ed evitando invece sostanze potenzialmente nocive è un'ottima scelta per chi spera di vivere a lungo e in salute.

Esistono "super cibi" della longevità?

L'elisir di lunga vita non è nascosto né in un solo cibo né in una stretta cerchia di alimenti. L'analisi di popolazioni particolarmente longeve ha però evidenziato alcune caratteristiche generali comuni nelle loro abitudini alimentari che hanno portato gli esperti della relazione tra alimentazione e longevità a consigliare di adottare una dieta a base vegetale in cui sia contemplato il consumo di pesce per 2-3 volte alla settimana. Sembra quindi che per vivere più a lungo si debbano portare in tavola soprattutto verdure, legumi, un po' di frutta; i cereali devono essere preferiti nella loro forma integrale, ricca di fibre. E fra i pesci non bisogna dimenticare specie ricche di omega 3, i grassi polinsaturi dalle proprietà antinfiammatorie alleati della salute cardiovascolare; bene quindi il salmone, lo sgombro, l'aringa, il tonno, lo spada.  Anche la frutta secca contiene grassi alleati della salute; e, fra i condimenti, è bene preferire l'olio extravergine d'oliva, un'altra fonte di grassi salutari.

È vero che digiunare una volta alla settimana fa bene e migliora le condizioni generali di salute?

Il cosiddetto “digiuno intermittente” non è una scelta adatta a tutti; l'assunzione di alcuni farmaci, per esempio, potrebbero renderlo sconsigliabile. Per questo sarebbe sempre meglio consultarsi con un esperto del settore prima di decidere di intraprendere dei regimi alimentari che prevedono delle giornate di completa (o quasi) astinenza dal cibo. Detto ciò, diverse ricerche suggeriscono che il digiuno potrebbe apportare dei benefici; molte, però, sono state condotte su modelli animali e quindi i loro risultati devono essere presi in considerazione con le dovute cautele. Le ipotesi elaborate per spiegare questi benefici sono più d'una. C'è per esempio chi ritiene che il digiuno induca una lieve stress al quale le cellule risponderebbero migliorando la loro stessa capacità di affrontarlo e, forse, di resistere alle malattie. Sembra anche che il digiuno intermittente possa aiutare a dimagrire, e quindi a combattere quel sovrappeso e quell'obesità che possono mettere in pericolo la salute. Non bisogna però cadere nell'errore che basti astenersi dal cibo per un giorno alla settimana per evitare di doversi preoccupare della propria alimentazione negli altri 6 giorni; il rischio è quello di continuare ad avere abitudini poco salutari che comprometterebbero i possibili benefici del digiuno.

Alcune popolazioni longeve del mondo – ad esempio i sardi dell'Ogliastra – bevono vino rosso tutti i giorni. Ma vale per tutti?

Il vino, anche quando rosso, deve essere visto prima di tutto come una fonte di alcol, e l'eccesso di alcol è un nemico della salute. Per questo le Linee guida per una sana alimentazione italiana non invitano (come spesso di crede – o si vuole credere) a consumare bevande alcoliche ma sottolineano che SE si consumano è bene farlo in quantità moderate. Bisogna ricordare che quando si parla di “un bicchiere” di vino rosso si intende un bicchiere piccolo, pari a circa 125 ml, cioè poco più della metà della capienza di un bicchiere da tavola. Per le donne e per tutti a partire dai 65 anni di età questa è la quantità massima consentita giornalmente per rispettare la “regola” del consumo moderato; gli uomini, invece, possono concedersene 2 bicchieri piccoli al giorno. L'alcol, e quindi anche il vino rosso, deve invece essere totalmente evitato prima dei 18 anni, durante la gravidanza e durante l'allattamento. Inoltre il suo consumo può essere sconsigliato nel caso in cui si assumano dei farmaci; meglio chiedere al proprio medico per non correre dei rischi.

La Dieta Mediterranea è ancora la dieta della salute?

In questi anni ne abbiamo sentite dire di ogni genere sulla Dieta Mediterranea che, mi preme sottolineare, non è un regime alimentare ma un vero e proprio stile di vita. Alla sua base non c'è un alimento o una classe di alimenti, ma c'è la frugalità: mangiare poco, per dirla in parole povere. Alla frugalità si aggiunge un altro elemento che non ha nulla a che vedere con le abitudini alimentari in senso stretto: l'attività fisica. E poi ci sono la convivialità – il consumare i pasti insieme, altro elemento indipendente da quello che si mette nei piatti a questi pasti – e un riposo adeguato. A questi 4 fattori si aggiungono le caratteristiche della Dieta Mediterranea che riguardano la nutrizione in senso stretto: il consumo prevalente di carboidrati sotto forma di verdura, frutta e cereali integrali; l'uso di olio di oliva come condimento; e l'assunzione di poche proteine di origine animale, in particolare il consumo di poca carne. Se per Dieta Mediterranea si intende tutto questo, allora sì, la Dieta Mediterranea può essere ancora vista come UNA delle possibili “diete della salute” – quantomeno la dieta della salute per noi che viviamo nel bacino del Mediterraneo. Il fatto che “proprio qui”, come spesso si sente tuonare dai mezzi di informazione, nella “patria della Dieta Mediterranea”, ci sia un tasso di sovrappeso e di obesità così alto, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di salute, non significa che la Dieta Mediterranea abbia fallito, ma che “proprio qui”, nella sua “patria” non viene seguita da gran parte della popolazione. Se riprendessimo a farlo – se mangiassimo di meno e ci muovessimo di più, se consumassimo più frutta e verdura e così via dicendo – torneremmo a trarre beneficio da tutti i suoi elementi salutari.

È vero che chi segue un regime vegetariano o vegano vive più a lungo e si ammala di meno, come sosteneva Umberto Veronesi?

È vero che alcuni studi hanno associato alle diete vegetariane una riduzione della mortalità; altri studi, però, hanno messo in dubbio questa associazione, spostando l'attenzione su un dettaglio più sottile: la quantità di carne consumata. È stata per esempio rilevata un'associazione tra un maggior consumo di proteine di origine vegetale e la riduzione della mortalità che suggerisce che per poter ottenere dei benefici in termini di longevità sia sufficiente ridurre il consumo di proteine di origine animale (soprattutto quello delle carni rosse lavorate) a favore di quello di alimenti vegetali ricchi di proteine. Per di più l'aumento di mortalità associato a un maggior consumo di proteine di origine animale è maggiore in presenza di altri fattori di rischio, in particolare l'obesità e il consumo eccessivo di alcolici. Allo stesso tempo, l'associazione tra un maggior consumo di proteine di origine vegetale e una minore mortalità è più forte quando si fuma, si consumano regolarmente alcolici, si è in sovrappeso o obesi e si è fisicamente inattivi. In altre parole, come in molti altri casi anche da questo punto di vista l'alimentazione non deve essere vista come un fattore a sé stante ma come parte integrante dello stile di vita e chi non vuole rinunciare alla carne e ad altri alimenti di origine animale non si deve sentire obbligato a farlo. Una scelta estremista potrebbe comportare sacrifici ed esporre al rischio di carenze senza che ci sia un reale beneficio aggiuntivo rispetto a quella, più moderata, di ridurre il consumo di carne a favore di altre fonti di proteine come il pesce e i legumi.

Latticini sì, no, forse…?

L'osservazione delle abitudini alimentari delle popolazioni più longeve d'Italia non vede latte, latticini e formaggi tra i cibi consumati più spesso. Tuttavia, a meno che non soffriamo di allergia alle proteine del latte o di intolleranza al lattosio, non ci sono motivazioni valide per costringerci a escludere i latticini dalla nostra alimentazione. I dati scientifici ad oggi a disposizione, valutati nel loro insieme, non ci permettono infatti di affermare che il consumo di latticini è di per sé pericoloso per la salute. Al momento il consumo di latte e latticini non appare associato né all'obesità né a un maggior rischio di diabete di tipo 2 o di malattie cardiovascolari, o a una maggiore mortalità. Nemmeno i dati a disposizione sull'osteoporosi – su cui spesso si dibatte proprio in relazione ai benefici e ai rischi del consumo di latte – ci forniscono motivi validi per mettere al bando i derivati del latte. Per di più il consumo di alcuni latticini – mi riferisco in particolare allo yogurt – è stato associato addirittura a benefici per la salute, e anche alcuni dei massimi esperti dell'associazione tra alimentazione e longevità ammettono che in alcuni casi (nello specifico dopo i 65-70 anni, in presenza di cali di peso, massa muscolare e forza) può essere utile introdurre nella propria alimentazione formaggi e yogurt. Per il momento mi sembra che la scelta più saggia per chi vuole consumare latte e derivati sia attenersi alle raccomandazioni delle Linee guida vigenti. La versione più recente della Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea prevede il consumo di 2 porzioni al giorno di latticini, preferibilmente a basso contenuto di grassi. A volte anche chi è intollerante al lattosio può riuscire a inserirli nella sua alimentazione: alcuni, per esempio lo yogurt o il parmigiano, potrebbero essere tollerati. C'è però un caso in cui il latte vaccino dovrebbe essere evitato anche in assenza di allergie o intolleranze: quello dei bambini di età inferiore all'anno. Per loro si tratta di un alimento nutrizionalmente inadeguato.

Il sovrappeso accorcia la vita?

Il sovrappeso, inteso come eccesso di tessuto adiposo, è associato all'aumento del rischio di diversi gravi problemi di salute, da quelli che colpiscono il sistema cardiovascolare come scompenso cardiaco, infarto e ictus a diverse forme tumorali, al diabete – un buon motivo per voler mantenere il peso nella norma. Ad aumentare il rischio di vivere meno a lungo è soprattutto l'obesità. Secondo recenti statistiche un uomo di mezza età normopeso può sperare di vivere quasi 2 anni in più rispetto a uno fortemente obeso, una donna di mezza età normopeso quasi 1 anno e mezzo in più. I rischi stanno nel fatto che il tessuto adiposo non è un semplice deposito di grassi, ma produce sostanze che possono risultare pericolose per la salute, soprattutto se si accumula nella zona addominale, infiltrandosi fra gli organi. Per questo è importante tener d'occhio non solo l'ago della bilancia, ma anche il girovita. Nelle donne non dovrebbe superare mai gli 88 cm; in una situazione ideale dovrebbe essere inferiore a 80 cm. Negli uomini, invece, dovrebbe essere sempre inferiore a 102 cm o, in una situazione ideale, a 94 cm.

Sono più pericolosi per la salute i grassi o gli zuccheri?

Difficile da dire, forse impossibile. Probabilmente addirittura scorretto, perché rischia di cadere nell'errore di etichettare dei nutrienti come “buoni” o “cattivi” in assoluto – approccio che nella stragrande maggioranza dei casi è sbagliato. La scelta migliore è attenersi a quanto suggerito dalle Linee guida per una sana alimentazione italiana e dai Larn (i Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana), che danno delle indicazioni precise: nel caso dei grassi bisogna evitare quelli trans (che nelle etichette troviamo indicati come “grassi idrogenati” o “grassi parzialmente idrogenati”) e limitare il consumo di quelli saturi (tipicamente associati agli alimenti di origine animale) a meno del 10% delle energie introdotte con il cibo nell'arco della giornata. Nel caso degli zuccheri (intesi come zuccheri semplici, ovvero glucosio e saccarosio) il consumo dovrebbe essere mantenuto al di sotto del 15% degli introiti quotidiani di energia, con un particolare occhio di riguardo a evitare limitare il consumo del fruttosio al di fuori di quello naturalmente presente nella frutta. Attenersi a queste raccomandazioni ci mantiene al riparo dagli eccessi che secondo le evidenze scientifiche attualmente a disposizione possono mettere in pericolo la nostra salute.

Il pasto ideale dovrebbe essere bilanciato e adeguato alle necessità di ciascuno in base all’età e allo stile di vita. Ma in linea di massima ci può fare un esempio di menù perfetto per colazione, pranzo e cena, da seguire… per tutta la vita?

Il menù perfetto, davvero, non esiste. Esistono però delle buone abitudini che dovrebbero essere seguite tutti i giorni: iniziare sempre la giornata con la colazione, portare a tavola verdura in abbondanza sia a pranzo sia a cena ed evitare di arrivare ai pasti affamati (per questo gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio possono essere molto utili). Parlare dei propri gusti e delle proprie abitudini a un nutrizionista permette di mettere a punto un menù che oltre ad essere nutrizionalmente ed energeticamente bilanciato rispetti per quanto possibile le esigenze e le preferenze individuali (penso, per esempio, a chi ama fare una colazione “salata”). Chi ha i miei gusti, per esempio, a colazione potrebbe mangiare una tazza di cereali integrali o muesli con del latte fermentato e bere del caffè o dell'orzo senza zucchero. Come spuntino di metà mattina potrebbe andare bene un frutto di stagione. Per pranzo una bella insalata di mista di cereali, legumi e verdure (per esempio del farro in chicchi con ceci e verdure di stagione cotte alla piastra) condita con olio extravergine, spezie e aromi. A metà pomeriggio potrebbe spezzare la fame con uno yogurt magro alla frutta. E a cena potrebbe portare in tavola del pesce (per esempio del salmone cotto al vapore aromatizzato con fettine di zenzero fresco, pepe rosa e cardamomo) con un'insalata mista di verdure e frutta secca (per esempio spinacino e pinoli) condita con olio extravergine e succo di limone e accompagnata da una fetta di pane integrale e, per finire, un altro frutto di stagione.

Contenuto validato dal Comitato Scientifico di Ohga
Il Comitato Scientifico di Ohga è composto da medici, specialisti ed esperti con funzione di validazione dei contenuti del giornale che trattano argomenti medico-scientifici. Si occupa di assicurare la qualità, l’accuratezza, l’affidabilità e l’aggiornamento di tali contenuti attraverso le proprie valutazioni e apposite verifiche.