Come fanno i mari a colorarsi di blu intenso: la Velella Velella e il riscaldamento globale

Rendono il mare ancora più blu di quello che è, questi organismi si muovono in massa e quando arriva il caldo regalano immagini mozzafiato. Negli ultimi decenni però i fenomeni di infiorescenze stanno aumentano: la temperatura dei mari è sempre più alta.
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Francesco Castagna 5 Aprile 2024

Per loro il Mar Mediterraneo è il posto perfetto, i mari chiusi o semichiusi sono ottimi habitat per la Velella Velella, un animale simile alle meduse, che con l'arrivo della primavera torna a manifestarsi lungo le nostre coste con delle vere e proprie infiorescenze: quel fenomeno per cui, in alcuni punti, la superficie del mare è ricoperta di questi animali in maniera così abbondante da dare all'acqua un colore diverso.

È ciò che è successo, e che si ripete annualmente, a Genova tra la fine di marzo e l'inizio di aprile 2024. Arpal (Liguria) ha segnalato i primi avvistamenti precisamente tra il 23 e il 24 marzo, in anticipo rispetto agli anni precedenti, spiegando che già a febbraio era stata registrata una presenza numerosa di questi organismi lungo le coste italiane.

La Velella Velella è un parente della medusa, per la precisione parliamo di un idrozoo: un organismo "che forma colonie di polipi galleggianti. È caratterizzata dal colore blu, che le fornisce una schermatura alla luce ultravioletta, e da una piastra chitinosa con la caratteristica "vela" sopra. Il diametro di una velella è di pochi centimetri, ma l’aggregazione tra diverse unità forma grandi chiazze bluastre che si estendono sulla superficie marina anche per chilometri", come emerge dal sito Arpal.

Questa presenza insolita potrebbe preoccupare turisti e cittadini, ma come spiega l'Agenzia locale ligure, la Velella Velella non è urticante, anche se possiede degli organi urticanti, e l'odore sgradevole dovuto alla decomposizione di questi organismi una volta che si spiaggiano sulla riva.

Presenti nel Mar Mediterraneo occidentale e centrale, ma anche nello Ionio e Adriatico, questi organismi, detti anche "barchetta di San Pietro", hanno aumentato i loro fenomeni di infiorescenza dove i mari sono più caldi. Questo è ciò che hanno scoperto alcuni ricercatori della Scuola di Scienze Acquatiche e della Pesca dell'Università di Washington. "Poiché il riscaldamento del pianeta continua e gli spiaggiamenti di V. velella sono facilmente registrati dai programmi di citizen science a livello globale, suggeriamo che la prevalenza di spiaggiamenti può essere una misura relativamente facile che fornisce prove della risposta dell'ecosistema epipelagico", si legge nelle conclusioni della ricerca.

Vivendo in acque temperate e calde, ed essendo il Mar Mediterraneo uno dei bacini che si sta scaldando più velocemente al mondo, la Velella Velella è molto presente nelle nostre acque territoriali. È dai primi anni duemila che si parla in maniera abbastanza frequente degli avvistamenti di questi organismi.

Fondazione Marevivo Onlus ha raccolto una cronaca dei principali avvistamenti in un articolo, nel quale è possibile risalire alle infiorescenze, per esempio, del 2000 nella costa di Grosseto. Da ricordare anche, ad Aprile 2002, un avvistamento lungo le coste della Sardegna a Bosa, tra Capo Marrargiu e Tresnuraghes, fino alle segnalazioni nel 2002 a Pantelleria, in Sicilia.

Anche oggi è possibile monitorare la presenza della Velella Velella lungo le coste italiane. Esiste infatti un servizio de' "I guardiani della Costa", la Fondazione di Costa Crociere, che aggiorna costantemente il monitoraggio di questa specie.

Se al momento sappiamo che non ci sono rischi per la salute umana, sappiamo per certo che la Velella Velella vive in acque pulite, e quindi è un indice della qualità dell'acqua. I fenomeni di spiaggiamento sono dovuti molto probabilmente a un maggiore inquinamento delle acque, alcuni ritengono che ciò dipenda anche dalla scomparsa della tartaruga marina, uno dei maggiori predatori delle Velelle. Ne derivano alcuni importanti impatti ambientali sui pesci, poiché questi organismi sono grandi predatori di plancton e di uova.

Di certo, essendo tutte le specie -anche gli esseri umani- collegate tra loro in un ciclo, attualmente possiamo dire che non ci sono impatti sull'uomo, ma è certo che in futuro anche questi processi influenzeranno la nostra alimentazione. Si pensi per esempio alla pesca, che a causa delle modifiche della fauna marittima, ne risentirà particolarmente.

Fonte| Università di Washington; Marevivo; Arpal; Guardiani della Costa;