
I rifiuti radioattivi sono il grande spettro che aleggia attorno al mondo dell’energia nucleare. Anche perché spesso l’informazione che ci arriva è quella mediaticamente, politicamente, socialmente più efficace ma a volte meno completa. Un po’ come nel telefono senza fili, quando la notizia parte “A” e arriva “F”, perdendosi metà delle lettere che ci stanno nel mezzo: allo stesso modo, quando si parla di gestione e smaltimento dei rifiuti radioattivi dettagli decisivi vengono sacrificati o dimenticati. Come, per esempio, il fatto che il rifiuto radioattivo non è solo il prodotto di una centrale ma anche quello derivato da attività industriali, di ricerca, medicali e ospedaliere. Conoscere l’intero ciclo di “vita” dei prodotti di scarto di ogni attività nucleare, significa aggiungere il pezzo che dà forma al puzzle per aiutare a conoscere un poi di più il nucleare.
Per orientarti, è necessario avere delle coordinate. Sapere dunque con precisione di che cosa stiamo parlando, chi sono gli attori della vicenda e chi è precisamente cosa.
Come ti ho spiegato in una delle puntate precedenti, è l’ultima fase della vita di un impianto nucleare. Quando una centrale viene mandata in pensione la società incaricata mette in campo una serie di attività di decomissioning che comprendono l’allontanamento del combustibile nucleare, la caratterizzazione radiologica, la decontaminazione delle strutture e la gestione dei rifiuti.
Sono i protagonisti del nostro viaggio. Con rifiuto radioattivo puoi intendere qualsiasi materia radioattiva in forma gassosa, liquida o solida e che sia ancora contenuta all’interno di apparecchiature o dispositivi nucleari e per i quali non è previsto nessun riciclo o altro utilizzo.
Queste sostanze sono il prodotto dei processi legati alla produzione di energia elettronucleare (quindi le centrali nucleari e le attività del ciclo del combustibile), inclusi quelli di ricerca e sviluppo. Anche attività di diagnosi e terapia medica o di ricerca scientifica producono rifiuti radiaottivi.
Spesso si utilizza la proprietà transitiva e il termine scorie viene impiegato per indicare genericamente i rifiuti radioattivi. In realtà le scorie sono il residuo delle attività di riprocessamento del combustibile nucleare.
Quando questo si esaurisce e perde la propria carica radioattiva, viene riprocessato: attraverso dei processi di natura chimica, in sostanza, si separano tutti gli elementi del combustibile cosicché possano essere recuperati per generare nuovo combustibile per la fissione.
Gli scarti che derivano dal riprocessamento, che per l’Italia viene fatto all’estero (Francia e Regno Unito), sono le cosiddette scorie, hanno tempi di decadimento di migliaia di anni e quantitativamente rappresentano una fetta molto più piccola rispetto ai rifiuti.
Si tratta del combustibile nucleare irraggiato, quindi bombardato con neutroni, e poi rimosso dal nocciolo di un reattore. Come hai letto poco sopra, il combustibile può essere riutilizzato oppure può essere destinato allo smaltimento definitivo.
È una delle attività del decommissioning. Sostanzialmente si tratta di una serie di analisi con cui si identificano le proprietà chimiche, fisiche ma soprattutto radiologiche di un rifiuto radioattivo. In base ai risultati della caratterizzazione il rifiuto viene collocato in una delle categorie che dopo ti spiegherò e, di conseguenza, si decide il suo smaltimento.
Il trattamento è un passaggio intermedio tra la caratterizzazione e la successiva fase di condizionamento. Comprende la riduzione del volume dei componenti metallici o il trattamento chimico dei rifiuti liquidi.
Quando ti parlo di condizionamento mi riferisco al processo con cui si creano i famosi manufatti. I radionuclidi vengono inseriti all’interno di fusti metallici e ricoperti da un agente solidificante in modo da limitarne la mobilità.
È l’atto finale del processo di allontanato di un rifiuto e prevede la sua collocazione in un deposito o in un sito specializzato.
C’è rifiuto e rifiuto. Perché quelli radioattivi prodotti da un impianto in funzione o dalle attività di decommissioning vengono stoccati all’interno di depositi temporanei presenti in ogni sito in totale sicurezza, per poi attendere il momento del trasferimento al Deposito Nazionale che oggi è in fase di realizzazione.
Come ti ho accennato poco sopra, puoi distinguere diverse tipologie di rifiuti radioattivi. A seconda della concentrazione di radionuclidi e del tempo in cui la radioattività decade, vengono classificati in categorie:
Chi si occupa dunque di spegnere le centrali nucleari, togliere il combustibile e trattare, condizionare e smaltire i rifiuti? I principali operatori nazionali nel campo della gestione dei rifiuti radioattivi sono:
È l’attore protagonista, la società pubblica, interamente finanziata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha l’incarico di gestire le attività di disattivazione e “smantellamento” dei quattro impianti nucleari italiani, quindi Trino, Caorso, Garigliano e Latina, e la chiusura del ciclo del combustibile.
Dal 1981 è autorizzata all’utilizzo di un deposito temporaneo di combustibile esaurito, realizzato nella piscina dell’ex reattore di ricerca Avogadro di proprietà della Fiat.
L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile possiede reattori sperimentali di ricerca ancora attivi. Fino al 2003 aveva in gestione vari impianti legati al ciclo del combustibile nucleare, ora passati sotto la responsabilità di Sogin.
Come puoi intuire, è un acronimo per NUCLeare ECOlogia, vede la Sogin come azionista al 60% e l’Enea al 40%. Si occupa del ritiro, del trattamento e della conservazione di rifiuti radioattivi a bassa e media attività prodotti dalle attività del centro (Enea) della Casaccia. Dal 1985, gestisce anche a livello nazionale il ritiro di rifiuti radioattivi derivati dall’industria, dalla ricerca scientifica e sanitaria e dalle attività ospedaliere.
Si tratta di una struttura targata Commissione Europea. Non ha più impianti nucleare attivi e tutti i suoi laboratori di radiochimica in esercizio, le strutture di raccolta, deposito e trattamento dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare dimesso oggi oggetto di un programma di decommissioning.
Accanto a queste strutture devi considerare che ci sono anche altri operatori attivi nella gestione e smaltimento dei rifiuti radioattivi. Si tratta per lo più di società private che si occupano della raccolta e dello stoccaggio provvisorio di rifiuti radioattivi a bassa attività legati ad attività di ricerca, industriali e ospedaliere.
Pensare all’Italia e ai suoi rifiuti radioattivi significa pensare a Sogin. Per semplificare, potrei dirti che Sogin fondamentalmente svolge tre compiti:
Del decommissioning ti ho già parlato e posso riassumerlo come l’insieme di tutte quelle attività che conseguono al “pensionamento” di una centrale nucleare, dallo smantellamento degli impianti stessi fino alle azioni di bonifica e decontaminazione degli edifici e della zona.
Sogin si occupa dunque sia dei rifiuti legati al decommissioning di un impianto sia di quelli prodotti dalle attività di medicina nucleare e di ricerca. Una volta che l’impianto viene “spento”, viene messa in atto la gestione dei rifiuti che prevede che tutti i materiali vengano sottoposti ai processi di caratterizzazione, trattamento, condizionamento che ti ho spiegato sopra.
A quel punto vengono poi stoccati in depositi temporanei collocati all’interno degli impianti stessi in attesa del trasferimento al Deposito Nazionale.
Puoi facilmente intuire che dal processo di pensionamento di una centrale nucleare derivano sia rifiuti radioattivi che rifiuti “convenzionali”. Sto parlando di ferro, calcestruzzo, rame, plastica, delle tubazioni, delle valvole o delle apparecchiature elettromeccaniche. Questi materiali vengono sottoposti al controllo radiologico: una volta che i risultati ne hanno certificato la sicurezza, vengono allontanati per essere riciclati e recuperati.
Per darti qualche numero sulla gestione dei rifiuti, ti riporto un grafico realizzato dalla stessa società:
Secondo Sogin lo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari italiani produrrà circa 1.276.252,009 tonnellate di rifiuti che si suddividono in materiali radioattivi e convenzionali. Di questi ultimi, secondo Sogin, oltre un milione di tonnellate di verrà recuperato, quindi circa l'89% dei materiali complessivamente smantellati.
Andando più nello specifico, dai dati dell’azienda si legge anche che delle circa 320 mila tonnellate di materiali che saranno prodotti dallo smantellamento della centrale nucleare di Caorso, per esempio, saranno recuperate oltre 300 mila tonnellate di materiali, quindi il 93%.
Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi, su un totale di circa 59.799,859 tonnellate, sarebbero oltre 12mila le tonnellate recuperate per un totale di oltre 47mila tonnellate invece da “gestire” all’interno dei depositi. Quindi, una percentuale sicuramente “bassa” rispetto al totale.
Infine, oltre ai rifiuti, l’attività di Sogin riguarda anche il combustibile esaurito. Quindi il materiale fissile bombardato con i neutroni e poi rimosso dal nocciolo di un reattore. Una volta estratto viene inviato all’estero, in Francia e nel Regno Unito per quanto riguarda l’Italia, sottoposto poi al riprocessamento attraverso cui vengono separate le materie riutilizzabili dai rifiuti finali e poi viene fatto rientrare nel nostro paese per essere stoccato e gestito.