Due ragazzi italiani hanno ideato delle barriere “acchiappa plastica” per salvare i fiumi dai rifiuti

Ogni anno vengono riversati 8 milioni di tonnellate di plastiche nei nostri oceani e circa l’80% di questi rifiuti proviene proprio dai fiumi. Ma le Blue Barriers permettono il loro recupero salvando i fiumi dall’inquinamento.
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Video Storie 21 Ottobre 2022

Fabio Dalmonte e Mauro Nardocci sono due amici e colleghi che hanno unito le forze per combattere l'inquinamento da plastica. Dopo un periodo di ricerca passato in Indonesia erano rimasti scioccati dalla quantità di detriti presenti nei fiumi. Da lì la nascita della start up SEADS e delle barriere galleggianti, le Blue Barriers, immerse per circa un metro nei fiumi in posizione obliqua e per questo in grado di trattenere il 100% dei rifiuti. "Praticamente prendono circa un metro di acqua dalla superficie a un metro sotto e la trasporta su un lato del fiume dove questi rifiuti possono essere selezionati e inviati a riciclo – commenta ai nostri microfoni Mauro Nardocci, coideatore di Blue Barriers – Il nostro design è stato basato su evidenze scientifiche che dimostrano che la maggior parte dei rifiuti soprattutto quelli plastici si distribuiscono in questa parte della colonna d’acqua."

Ogni anno vengono riversati 8 milioni di tonnellate di plastiche nei nostri oceani e circa l’80% di questa plastica proviene proprio dai fiumi, grandi e piccoli. "Al momento abbiamo installato la prima barriera di lungo periodo sul fiume Aniene nel Lazio e stiamo lavorando per installarne tanti altri sia in Italia che in Europa e in Asia."

L’efficacia delle Blue Barriers è consolidata: in soli tre giorni, in un test condotto sul Tevere, è stato raccolto un metro cubo di rifiuti. "Abbiamo trovato elementi d’arredo, materassi, porte, divani, blocchi di grasso da cucina industriale – aggiunge Nardocci – Una serie di elementi che non hanno senso di stare nelle nostre acque, nei nostri fiumi, perché poi finiscono nei nostri mari, inquinano quello che mangiamo e finiscono nell’aria che respiriamo e rovinano l’ambiente e il futuro per tutti. Sul fiume Aniene ancora non possiamo condividere i dati ma già siamo nell’ordine di diverse tonnellate di rifiuto totale e questo ci incoraggia ancora di più a migliorare perché questo problema non solo esiste ma sta peggiorando"

Quello che viene raccolto, inoltre, può generare nuovo valore in grado di coprire i costi di gestione e smaltimento dei rifiuti perché, dopo essere stati smistati, questi rifiuti possono essere recuperati e utilizzati per creare oggetti di design, gioielli e tanto altro. "In particolare dai test fatti in collaborazione con l’Univerisita di Bologna – continua – abbiamo già dimostrato che l’installazione di una barriera, in particolare sul fiume Lamone in Emilia Romagna, si ripaga da sola in otto anni e genera circa 400.000 euro di profitti in 20 anni…semplicemente raccogliendo la vegetazione e la legna che viene trasportata dal fiume e trasformandola in pellet e riciclando il resto della plastica!"

Le barriere non costituiscono un ostacolo alla viabilità marina, né alla flora e alla fauna dei fiumi in quanto i pesci possono nuotare accanto o sotto la barriera. In caso di eventi climatici estremi, come una piena o una secca del fiume, per non creare un ulteriore ostacolo, le barriere si possono sganciare manualmente o automaticamente appoggiandosi alla sponda o sul letto del fiume. "Quello che vogliamo fare adesso è anche dimostrare che possiamo estrarre un alto valore dalle plastiche – conclude Nardocci – Una volta fatto questo, l’obiettivo è quello di dimostrare che abbiamo un modello scalabile che può essere applicato in qualsiasi altro fiume del mondo dove l'installazione di una Blue Barriers e il recupero e il riciclo di quello che raccogliamo genera abbastanza profitti da coprire i costi di gestione, logistica e smaltimento dei rifiuti in maniera da proteggere l’ambiente, creare lavoro e il tutto mentre generiamo benessere nella comunità locale. Questo è il nostro obiettivo a breve termine."