Europee 2024, “Che Clima Che Fa” in AVS, Scuderi: “Chiediamo un Social Green Deal: mai più target senza una strategia”

In Italia le elezioni europee si terranno l’8 e il 9 giugno 2024. Insieme a Scuderi abbiamo approfondito la visione di Alleanza Verdi e Sinistra su Green Deal e cambiamenti climatici.
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Rubrica a cura di Francesco Castagna
30 Maggio 2024

Verde è la transizione ecologica che l'Unione Europea si era promessa di portare avanti con il Green Deal proposto da Timmermans, anche se il partito dei Verdi europei non ha preso parte alla scrittura del pacchetto di provvedimenti che ha l'ambizione di rendere l'UE il primo continente carbon neutral al mondo.

Abbiamo contattato Benedetta Scuderi, in corsa con Alleanza Verdi e Sinistra nella circoscrizione Nord-Ovest.

Scuderi, abbiamo preparato dei cartoncini per questo format. Rappresentano le principali proteste che riguardano l'ambiente nell'ultimo anno: da una parte gli attivisti di Ultima Generazione, dall'altra quella dei trattori a Bruxelles. Ohga crede che entrambe derivino da un vuoto comunicativo tra istituzioni e società civile, con quale empatizza di più? Può dirci un aspetto positivo e uno negativo di entrambe?

Ideologicamente io sono d'accordo con le proteste, perché penso che siano un modo sano di esercitare la democrazia. Quindi è sempre giusto protestare per far valere i propri diritti, questa è la prima cosa che mi sento di dire. Dopodiché, le persone di Ultima Generazione stanno cercando di dare un segnale nei confronti di una situazione che stiamo vivendo, rimettendo il collasso climatico all'interno dell'agenda politica. Per questo io li ammiro molto e -pur non condividendo sempre le loro modalità- apprezzo il fatto che ci siano delle persone che mettono a repentaglio la propria sicurezza per cercare di far riflettere su queste tematiche. Per quanto riguarda la protesta dei trattori, io empatizzo molto con loro -anche se non sono un'agricoltrice e non posso conoscere fino in fondo al 100% quello che stanno vivendo i nostri agricoltori e agricoltrici. Effettivamente è una situazione di difficoltà, perché in questo momento i prezzi che vengono pagati all'agricoltura sono incredibilmente bassi rispetto alle spese che ci sono.

Quello che però so è che in queste proteste c'erano tanti agricoltori che non volevano fare passi indietro sul Green Deal, anzi, sono consapevoli che la transizione ecologica sia quello che li può salvare e di giocare un ruolo fondamentale essi stessi nella transizione ecologica, perché loro possono tramite le pratiche di agricoltura rigenerativa mitigare i cambiamenti climatici, aiutarci all'adattamento di questi.

Gli agricoltori sono i primi a essere consapevoli del collasso climatico che stiamo vivendo, perché l'aumento dei loro costi deriva anche dalla mancanza d'acqua, dalle alluvioni, dai caldi estremi. E ancora, dai cambi di stagione che non esistono più, e questo ha degli impatti gravissimi per primi su di loro. Il problema di questa protesta è che è stata troppo strumentalizzata da una destra estrema, che se l'è intitolata, virandola verso uno scopo che in molti non condividevano.

Io empatizzo incredibilmente con entrambe le proteste, penso che siano semplicemente e banalmente della stessa medaglia che è il cambiamento climatico in relazione con la politica. È oggettivo che la politica non stia più guardando a nessuna parte della popolazione, quella di destra e quella che si è allontanata -non solo di destra- dai bisogni reali della popolazione. Da una parte non ascolta più i bisogni di chi chiede una politica climatica seria, dall'altra non ascolta più quelle che sono impattate da una transizione ecologica e chiedono che avvenga in modo giusto. L'Unione Europea si è, anche per colpa della Presidente della Commissione che fa parte del Partito Popolare Europeo, dimenticata di dare le risorse esatte alle persone giuste. Nel caso degli agricoltori infatti, le risorse vengono date agli allevamenti intensivi e non ai piccoli agricoltori che provano a fare agricoltura biologica, una cosa impensabile.

È una politica che si è dimenticata di queste persone, e questo noi ce lo dobbiamo ricordare quando cerchiamo delle risposte. Poi, c'è da dire anche che queste proteste hanno avuto delle risposte molto diverse e sbilanciate, ci sono stati due pesi e due misure incredibili.

Io vi faccio l'esempio di quello che è successo a Bruxelles nelle ultime settimane, dove la Federation European Young Green ha fatto un'azione totalmente pacifica, in occasione del giorno di apertura delle istituzioni europee. Al Parlamento europeo siamo andati con uno striscione nella plenaria di inaugurazione del Parlamento, anche se non c'erano parlamentari, ma era una giornata di apertura di sabato. I membri della Federation European Young Green sono andati lì con uno striscione in cui c'era scritto "Stop ai sussidi ai combustibili fossili", erano così rocamboleschi che lo avevano messo al contrario, avevano paura, erano veramente dei ragazzi e delle ragazze che stavano facendo una protesta pacifica. Bene, queste persone sono state arrestate, chiuse in una cella per otto ore e mezzo con le mani legate dietro alla schiena, senza cibo, senza accesso ai servizi sanitari, e all'acqua. Questo perché avevano fatto vedere uno striscione all'interno del luogo più alto della democrazia europea che è il Parlamento UE.

Sono condizioni disumane in cui non hanno potuto parlare con nessuno all'esterno, mentre i trattori che hanno fatto ferro e fuoco davanti al Parlamento europeo non hanno ricevuto nessun tipo di stop nei confronti della loro protesta. Per me questi sono due pesi e due misure totalmente inaccettabili in uno stato di diritto.

Lo slogan di Alleanza Verdi e Sinistra per queste europee è "Il coraggio di osare". Cosa significa "osare" per voi?

Il coraggio di osare è il nostro slogan italiano, in tutta Europa invece è "Il coraggio". È quello che serve in questo momento per scrivere un'Europa diversa. Noi siamo fortemente europeisti, crediamo che l'Europa sia la soluzione alle grandi crisi del nostro tempo, dove come nazioni singole non saremmo in grado di affrontare molto. È un progetto di pace e deve rimanere un progetto di pace, però dobbiamo andare oltre ciò che abbiamo conosciuto finora. L'Europa che conosciamo ora è un'unione di mercato, monetaria, ma deve essere molto di più. Vogliamo che sia un'unione di diritti, fiscale, delle regioni, delle persone. Deve effettivamente garantire pari diritti e opportunità a tutte le persone all'interno del territorio europeo e anche ai suoi confini.

Non ci dimentichiamo che se siamo stati un progetto che vuole essere un campione nella protezione dei diritti umani poi non possiamo uccidere persone ai nostri confini, o dimenticarsi di ciò che succede. Chiediamo che l'Europa in questo momento abbia il coraggio di mettere delle sanzioni a Israele, che ha invaso Rafah, nonostante la Presidente Von Der Leyen abbia detto "Se si invade Rafah dobbiamo agire".

Stiamo aspettando questo. Chiediamo il coraggio di osare per la protezione dei diritti, delle persone e del nostro clima. Chiediamo il coraggio di osare contro le misure di austerità, perché in un momento di crisi sociale, climatica, politica, non possiamo pensare di andare verso delle misure di austerità, invece di fare un debito comune e un contributo maggiore alla parte incredibilmente più ricca della popolazione per affrontare le sfide del nostro tempo.

La destra si riempie tanto la bocca del fatto che la transizione debba essere giusta per le persone, però poi sono loro che in UE non hanno voluto mettere le risorse necessarie affinché si facessero gli investimenti necessari alla transizione. Che succede quindi? Che l'Europa ha posto dei target, ma non ha messo una pianificazione e le risorse giuste per i costi che ricadranno, di fatto, sulle persone. Noi vogliamo invece che di questi costi se ne facciano carico gli Stati dell'Unione Europea, prendendo le risorse dagli extra profitti, dai patrimoni, dalla lotta all'evasione fiscale a livello europeo, cancellando i paradisi fiscali che ci sono anche in Europa. È una cosa senza senso, bisogna puntate all'Unione fiscale. Bisogna avere il coraggio di immaginare e poi creare un'Europa diversa che investa sul proprio futuro.

Scuderi, i Verdi italiani si preparano a tornare in Europa dopo che la Commissione di Ursula Von Der Leyen ha proposto il Green Deal. Questo piano ambizioso per far diventare l'Europa il primo continente verde. È una strategia che però non è stata proposta dalla vostra famiglia politica europea, è un piano che deriva da un altro tipo di coalizione, che però nel tempo avete sostenuto. Oggi possiamo fare un bilancio: cosa lasciamo del Green Deal, cosa togliamo e cosa perfezioniamo?

Noi abbiamo spinto affinché ci fossero delle politiche verdi, questa spinta e anche l'onda verde delle elezioni del 2019 con il movimento del clima ha portato poi anche un partito conservatore come quello di Ursula Von Der Leyen fosse promotore del Green Deal. Quello che abbiamo fatto all'interno del Parlamento in tutti questi anni è non solo chiedere una maggiore ambizione in termini di clima -noi per esempio vorremmo la neutralità climatica entro il 2040, perché alle Cop si è detto che dovremmo arrivarci entro il 2050, ma si è anche detto che i Paesi più ricchi devono fare uno sforzo ulteriore. È chiaro quindi che non possiamo come Europa arrivare alla neutralità climatica nel 2050. Chiediamo un'ambizione maggiore, lo abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e lo stiamo facendo ora in questa campagna elettorale.

Abbiamo inoltre chiesto che il Green Deal non fosse una previsione di target e poi ogni Stato capisce da solo come arrivarci, noi abbiamo chiesto in modo molto chiaro e costantemente che il Green Deal accompagnasse i Paesi europei in questa transizione. Abbiamo chiesto che facesse una valutazione degli impatti in ogni misura, mitigandoli con degli investimenti seri. Questa è una cosa che noi abbiamo chiesto negli ultimi 5 anni e mi fa un po' tristezza quando ci dicono che siamo stati noi a fare il Green Deal e a causare i problemi che ci sono, perché in  realtà non l'abbiamo fatto, ma anzi, abbiamo chiesto che fosse più giusto e non siamo stati ascoltati.

Quando partiti che non hanno la sensibilità verso le fasce più deboli della popolazione decidono in modo ampio le cose, è chiaro che non ci siano delle misure sociali che le accompagnino. Quello che noi invece vogliamo, e lo stiamo dicendo in queste elezioni -anche se lo ripetiamo da 5 anni- è un "Social Green Deal", dove rimangono tutte le misure -se proprio dovessi pensare a qualcosa da cambiare sarebbe la tassonomia, in quanto non mi sembra che il gas sia un'energia verde-, ma con più ambizione, rimettendo sul campo la Direttiva sui fitofarmaci, spingendo affinché il Consiglio approvasse il Nature Restoration Law, cambiando totalmente la Politica Agricola Comune, che inserirei nel Green Deal.

Cosa significa "una transizione giusta e intersezionale"? Come si mette in atto? 

Noi proponiamo il Green Deal Sociale, che vuol dire investire sul trasporto, sugli edifici, sulla transizione del mondo del lavoro, sull'adattamento e sulle energie rinnovabili. Chiediamo all'Europa soprattutto uno sforzo di pianificazione maggiore: non si deve più chiedere il raggiungimento di determinati obiettivi, ma si deve anche dire come questi si raggiungono. Nella pianificazione devono essere inserite le risorse necessarie affinché ci si possa arrivare. È chiaro, non può arrivare tutto dall'Europa, però noi abbiamo un continente con un budget molto ampio e la possibilità di trovare risorse in altri ambiti e di usare la finanza verde che è incredibilmente generosa.

Le risorse esistono, partiamo da questo presupposto, si deve avere la volontà politica di investirle. Il Green Deal giusto investe risorse per fare questa transizione. Qui io apro un vaso di Pandora, perché ciò di cui non si è assolutamente parlato negli ultimi cinque anni è come portare avanti la transizione dell'industria. Noi abbiamo chiesto che entro il 2035 si abbandoni la produzione delle auto a combustione fossile, ma non si è fatto un piano per farlo. Non si è fatto un piano per far sì che ci fosse un'effettiva filiera dell'economia circolare all'interno del territorio europeo. Non si è fatto un piano affinché le nostre industrie possano produrre tecnologie per le energie rinnovabili, riciclare le tecnologie, produrre batterie e avere nuove tecnologie per riciclare tutti i materiali come il Litio.

Il punto è: il Green Deal deve uscire da questa chiave di target e obiettivi ed entrare in una di pianificazione che guarda al mondo del lavoro, dell'industria e all'adattamento ai cambiamenti climatici. In posti come l'Italia il cambiamento climatico è altamente forte, noi avremo delle aree che si desertificheranno, l'Europa deve essere più forte su questo. Oltre a un piano industriale di transizione in cui si creano degli hub di competenze, come già sta avvenendo in Lombardia per la filiera circolare, in Piemonte potrebbe esserci per esempio un grande centro di sviluppo della mobilità. Dobbiamo riprendere quella che era la nostra caratteristica e riadattarla sull'industria verde.

E poi c'è ovviamente la parte di transizione delle competenze, noi dobbiamo accompagnare questo processo. L'anno scorso (2023 Ndr) è stato definito dalla Commissione come l'anno delle competenze, ma poi si è fatto molto poco. L'Europa invece deve essere molto visionaria in questo. Le nuove competenze infatti possono andare a ridurre il gap di genere e aiutare all'integrazione della migrazione. Andare a traslare il mondo del lavoro che oggi è ingiusto può darci un'opportunità per farlo diventare più giusto, ampio e per far sì che più persone, che ora sono tagliate fuori dal mondo del lavoro possano lavorare. Vi faccio un esempio, i pochissimi CEO che abbiamo donne sono quasi tutte di aziende green, questo ci fa capire che l'opportunità incredibile che abbiamo di plasmare l'Europa del futuro in questo momento ci serve per renderla più giusta sotto tutti i punti di vista. E questa responsabilità spetta a noi.

Scuderi, proprio in merito alla tassonomia, state discutendo se valutare l'introduzione del nucleare nel mix energetico o rimane una fonte da non considerare? 

No, non stiamo discutendo. Questa è la posizione italiana, qui non stiamo parlando di introdurre il nucleare per svariati motivi. Il primo fa tutti è che non è la soluzione dell'oggi, perché lo avremmo solo tra 20 anni, ovvero quando dovremmo essere arrivati alla neutralità climatica. Evidentemente non è la soluzione che ci può accompagnare al 2040 molto banalmente, perché non c'è il tempo oggettivo di costruire una centrale, specialmente in Italia dove è dal 2001 che stiamo cercando un posto per il deposito delle scorie a bassa radioattività. Credo che entro il 2040 forse al massimo avremo trovato il posto dove fare la centrale. Ci sono dei problemi economici incredibili che un Paese come l'Italia non può affrontare, ricordiamo che la Francia, che ha un know-how sul nucleare incredibile, ha un ritardo di oltre 15 anni sulla costruzione dell'ultima centrale nucleare. Ciò comporta che quasi tutto il debito pubblico francese è sul nucleare, visto che il debito pubblico italiano è già abbastanza alto non so dove potremmo prendere le risorse in questo senso.

Crede che gli obiettivi del Green Deal siano utopici? 

No, non credo. Penso piuttosto che potrebbe diventarlo se i target che l'Europa si è posta rimangono privi di una strategia. Il problema di questo pacchetto è che dà l'obiettivo e poi allo stesso tempo dice "Vedetevela voi". È chiaro che l'Olanda ci può arrivare con più facilità a differenza della Polonia, ci sono in UE territori più industriali e meno industriali, più agricoli e meno agricoli, con più soldi e meno soldi. Non stiamo parlando di un posto omogeneo, è molto variegato. Quando si dà un obiettivo si devono tenere in considerazione le differenze. Questa è una cosa che io dico sempre, mi sono candidata come Portavoce dei Giovani Verdi Europei e ho compreso queste differenze. Quando si va al Parlamento europeo non si dovrebbe ragionare come mero rappresentante di quella regione che ti ha eletto, ma come rappresentante di quella che per noi è l'Europa. Non ha degli obiettivi irraggiungibili, noi abbiamo compreso tutte queste cose nel tempo in cui volevamo farlo. Nel Dopoguerra abbiamo fatto delle opere incredibili in pochissimi anni, l'America ci ha insegnato cosa può nascere dal nulla tramite un forte impegno pubblico -bene o male, adesso non sto facendo un commento su quello- ma su quello che si è riusciti a fare in poco tempo. Quando abbiamo deciso di abbandonare le carrozze ci abbiamo messo poco tempo ad arrivare alle automobili. Sono obiettivi possibili con i soldi.

Scuderi il recente lavoro di Giulia Innocenzi, Food For Profit, ha mostrato il legame esistente tra la lobby della carne e la politica in UE. Come pensate di intervenire?

Come abbiamo sempre fatto, ovvero combattendo contro la Politica Agricola Comune. In quest'ultimo mandato io sono stata fierissima del mio ruolo, perché lo abbiamo fatto fino all'ultimo secondo. La mia federazione era fuori dal Parlamento a protestare nel giorno in cui la PAC è stata votata, abbiamo fatto degli interventi contro e siamo l'unico gruppo europeo che ha votato contro in modo compatto all'interno del Parlamento UE. La PAC non funziona perché non è una politica green, si continuano a dare le risorse alle grandi aziende e multinazionali dell'agribusiness, non si danno le risorse giuste per la transizione e, così facendo, muoiono le attività dei piccoli agricoltori. Sugli allevamenti intensivi per noi era allucinante che ci fossero delle risorse pubbliche per finanziarli, era inaccettabile e abbiamo combattuto fino all'ultimo per contrastare questa scelta.

Quando poi ci sono state le proteste degli agricoltori abbiamo detto loro che li avevamo avvertiti di quello che sarebbe successo. Quando ho visto Food for Profit ho visto molti basiti, io mi sono alzata e ho detto "No, noi lo sapevamo, lo abbiamo detto e l'abbiamo contrastato".

Quello che faremo nel prossimo Parlamento europeo, con la coerenza che ci ha sempre contraddistinti, è di lottare per la prossima politica agricola comune affinché non ci sia nessun finanziamento pubblico agli allevamenti intensivi e si aumentino i requisiti di qualità. Vogliamo infatti promuovere una transizione che vada fuori da questo modello, che volente o nolente è completamente insostenibile per il Pianeta, la nostra salute e il benessere degli animali.

Passiamo alla Direttiva Case Green: cosa si può perfezionare? Cosa invece va cambiato? 

Noi siamo stati grandi sostenitori della Direttiva Case Green, per noi una misura sull'efficientamento degli edifici vuol dire meno costi per la popolazione, perché c'è un abbassamento delle bollette. Questo è un dato di fatto. Tra l'altro una volta che un edificio viene efficientato si usa meno energia, ricordiamoci che l'obiettivo primario per la mitigazione dei cambiamenti climatici è proprio usarne meno. Non c'è niente di più green che usare meno energia. Se si può ottenere lo stesso risultato con meno risorse, allora bisogna sapere che questo ce lo può permettere soltanto un edificio che è più efficiente.

C'è anche un discorso da fare sull'indipendenza energetica, perché meno energia significa anche meno dipendenza dal gas, e quindi da Putin, dall'Azerbaijan, dal Qatar e via dicendo. Significa che noi possiamo essere quel soggetto di pace che ora non possiamo essere per via del fatto che, volente o nolente, dobbiamo sottostare a dei regimi autoritari poiché compriamo il gas. Lo abbiamo visto con l'aggressione dell'Ucraina, ma potremo rivederlo purtroppo anche in altre occasioni. Dopodiché la Direttiva Case Green dice una cosa molto semplice: chiede ai governi di fare un piano per diminuire del 16% le emissioni dagli edifici entro il 2030. Non c'è scritto da nessuna parte che i valori delle case diminuiranno. Questo non vuol dire che le persone dovrà pagare per efficientare la casa altrimenti gliela tolgono, sono tutte cose non vere. Al contrario, ciò vuol dire che dobbiamo efficientare un tot di edifici e la Direttiva chiede ai Governi di iniziare da quelli più energivori, cioè quelli che consumano di più, che in Italia sono la maggior parte. Ci dimentichiamo che in Italia viviamo in case incredibilmente problematiche, ad efficienza più bassa, e non è una cosa buona. Questo vuol dire che sono case vecchie che consumano molto.

Come Verdi però non vogliamo dire a tutti di ristrutturare casa altrimenti si rischia la multa, chiediamo che l'Europa, all'interno di una dichiarazione di emergenza abitativa (perché il Diritto alla casa sta diventando in tutta Europa di difficile accesso), e che la Direttiva Case Green si inserisca all'interno della soluzione per l'emergenza abitativa. Questo per noi vuol dire che devono essere stanziate delle risorse e del budget pluriennale e del piano di decarbonizzazione che per noi deve essere aumentato tramite un contributo di chi ha grandi patrimoni. Questi due budget devono andare a risolvere l'emergenza abitativa affinché i Governi inizino a fare la loro pianificazione per ristrutturare gli edifici dismessi, per creare edilizia pubblica e intervenire su tutti gli edifici attualmente inagibili. E qui faccio un esempio, in Italia ci sono 300mila appartamenti di edilizia pubblica, di cui 150mila sono vuoti perché inagibili e quelli che non sono vuoti, sfido chiunque ad andarci, sono abitati per disperazione perché la gente ha bisogno di rimanere lì.

Iniziamo a efficientare questi, con le risorse nazionali e dell'Europa, e poi cominciamo a dare risorse a tutta quella fascia di popolazione che è più fragile. Se riuscissimo a partire da questa misura, al 16% ci arriviamo, risolvendo un problema di salubrità di case, di affitti e di efficienza energetica.

Come spiegherebbe a un agricoltore perché la Direttiva sui fitofarmaci, che è stata eliminata, in realtà è importante anche per il suo mestiere?

In realtà quella Direttiva era stata già bocciata dal Parlamento UE, anche per le modalità in cui era stata proposta. La Presidente Ursula Von Der Leyen ha poi detto di volerla ritirare per gli agricoltori, per cui c'è stata tanta propaganda. Sicuramente la Direttiva sui fitofarmaci può essere rivisitata in qualche modo, ma è importantissima: noi abbiamo bisogno di ridurre fitofarmaci (pesticidi). In Europa siamo già molto avanti rispetto a tanti altri posti, però ricordiamoci che i pesticidi hanno un impatto sulla nostra salute, sulle nostre acque e un impatto sulla nostra biodiversità. Questi sono i tre elementi fondamentali che dobbiamo andare a raccontare alle persone, perché se chiedi alle persone se vuole un cibo con i pesticidi nessuno dice di sì, è impossibile. Dopodiché sono tutti d'accordo a togliere la Direttiva sui fitofarmaci per aiutare la nostra agricoltura, ma noi non la aiutiamo chiedendo agli agricoltori di continuare con i metodi convenzionali perché il cibo deve essere pagato pochissimo dalla grande distribuzione e quindi c'è bisogno di un metodo massivo.

Abbiamo creato in UE un sistema di produzione del cibo che è basato totalmente su un mercato malato dalla grande distribuzione, che paga prezzi bassissimi. È malato anche dal fatto che facciamo degli accordi internazionali che sono contro i nostri agricoltori perché non chiediamo gli stessi standard e quindi il mercato ne subisce le conseguenze. Questo mercato malato fa sì che l'agricoltura intensiva sia l'unica possibile, perché l'agricoltore che ha la coltura differenziata con tecniche rigenerative e che mette le piante per evitare l'arrivo degli insetti non potrà mai produrre un kilo di pomodori a 12 centesimi, perché ci rimette invece di guadagnare.

I pesticidi fanno male a chi l'agricoltura la fa, all'ambiente perché contaminano le acque e inquinano il suolo. In più i cibi sono meno sani e la salute dell'agricoltore è minacciata. Tutto questo perché? Per il profitto della grande distribuzione.

Parlando dei corridoi del grano e di sicurezza alimentare, nel territorio ucraino attualmente c'è una guerra per rispondere all'aggressione della Russia. L'Ucraina è chiamata "Il granaio d'Europa", da una parte c'è la necessità di tutelare questi corridoi e il mercato ucraino, dall'altra quella di salvaguardare i nostri agricoltori. Come interveniamo sulle due istanze?

Nel caso specifico dovremmo pensare a dei processi di integrazione all'interno dell'Unione europea, cercare di farla diventare sempre più espansa. Questo è un tema che noi Verdi diciamo da tanto tempo in Europa, perché risolverebbe tante cose. Questo non vuol dire accelerare e far entrare in modo brutale questi Paesi, ma favorire il processo di integrazione, che deve significare una condivisione di valori e processi democratici. Questo per far sì che in futuro ci sia un'unione di mercato molto più efficace, che in questo caso comporti un'unione di standard che diverrebbe iniquo, in caso contrario.

Poi c'è anche bisogno, quando si chiedono standard più alti, di chiedere un contributo. Io non posso pensare di chiedere determinati standard agli agricoltori europei e poi fare lo stesso ragionamento con gli altri. C'è da dire anche che la produzione del grano attualmente non basterebbe comunque per l'Europa, questo è un dato di fatto. Dobbiamo poi cercare di fare degli accordi di mercato oggi, che vadano in un'ottica di integrazione e di chiedere degli standard più alti, anche prevedendo dei contributi dove necessario. E poi bisogna fare un accordo di mercato che non va a impattare negativamente il nostro mercato interno. Non posso pensare che il grano extracomunitario possa entrare a dei prezzi stracciati senza seguire gli standard ambientali.

Nel caso specifico dell'Ucraina, ma in generale dell'Europa dell'est, io penso che dobbiamo iniziare a pensare a un processo serio di integrazione di questi Paesi e al fatto che alle nostre porte ci siano dei regimi autoritari incredibili.

Riusciamo a trovare un pregio e un difetto nei metodi comunicativi della maggioranza di Governo in vista delle elezioni europee?

Un pregio è sicuramente la capacità di comunicare al popolo, mentre un difetto è che la maggior parte delle cose che dicono sono menzogne.

Se AVS dovesse superare la soglia del 4% quali sarebbero le prime proposte che porterebbe in Parlamento UE? 

Alleanza Verdi e Sinistra supera la soglia del 4%. Le nostre proposte riguardano soprattuto il clima, quindi cercare di spingere -per quanto riguarda i Verdi- sui target climatici nell'accezione che abbiamo dato ora: un accompagnamento di tutte le persone e, una cosa che mi sento molto di dire, lavoreremo per la pace. Ci sarà un'istanza di chiedere all'Europa di essere compatta in termini di politica estera e ci impegneremo su tutto ciò che sta succedendo in Medioriente nel supporto alla popolazione palestinese, nel cercare una situazione che possa permettere un'autodeterminazione di questo popolo.

Lavoreremo sul principio dello stato di diritto e di legalità, anche tramite il nostro gesto politico di candidare Ilaria Salis, che è proprio un'azione per dire che in tutta l'Unione Europea si deve rispettare lo stato di diritto, e quindi Orban e tutti quelli che vogliono fare come lui devono ricevere delle conseguenze. Lavoreremo poi sui diritti sociali e, personalmente, una cosa che vorrei fare è che -nei primi mesi del Parlamento europeo- si dichiari l'emergenza abitativa. Quindi clima, transizione giusta, pace, principio di legalità e stato di diritto, casa e diritti sociali.

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Il mio interesse per il giornalismo nasce dalla voglia di approfondire tutto ciò che oggi giorno accade sempre più velocemente. Unisco altro…