Fobia sociale: come si può gestire la paura di avere a che fare con le altre persone

Non è una semplice timidezza o il terrore di fare brutta figura che ti può cogliere in situazioni pubbliche. Si tratta di un’ansia più profonda e soprattutto che non può diminuire da sola. E tutto parte dalla paura che gli altri ti possano giudicare male. Vediamo allora come si può riconoscere e superare.
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Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
21 Agosto 2020 * ultima modifica il 21/08/2020

La fobia sociale, detta anche disturbo d’ansia sociale, è un disturbo che si trova nel capitolo dei disturbi d’ansia del DSM-5 (tra cui ricordiamo il disturbo da attacchi di panico e il disturbo d’ansia generalizzata).

La caratteristica principale della fobia sociale è la paura di agire, di fronte agli altri, in modo imbarazzante o umiliante e di ricevere giudizi negativi. L’ansia sociale può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per paura di comportarsi in modo “sbagliato” e di venir mal giudicati.

Solitamente le situazioni più temute da chi soffre di fobia sociale (o ansia sociale) sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone, come ad esempio esporre una relazione o anche solo firmare, telefonare o mangiare; a volte può creare ansia sociale semplicemente entrare in una sala dove ci sono persone già sedute, oppure parlare con un proprio amico.

Le persone che soffrono di fobia sociale temono di apparire ansiose e di mostrarne i “segni”, cioè temono di diventare rosse in volto, di tremare, di balbettare, di sudare, di avere batticuore, oppure di rimanere in silenzio senza riuscire a parlare con gli altri, senza avere la battuta “pronta”.

Due aspetti cruciali alla base di questo timore sono il forte desiderio di dare una buona impressione agli altri e contemporaneamente una forte incertezza rispetto al raggiungimento di questo scopo.

Infine, accade spesso che chi sperimenta ansia sociale, quando non si trova in una situazione temuta, riconosca come irragionevole la propria paura e tenda, conseguentemente, ad auto accusarsi e rimproverarsi per non riuscire a fare cose che tutti fanno.

Età d’esordio e prevalenza

La fobia sociale è più diffusa di altri disturbi psichiatrici. Si stima infatti che circa il 7-13% delle persone sperimentino, nell’arco della loro vita, i sintomi di questo disturbo. L’ansia sociale può presentarsi in comorbilità con altri disturbi psichiatrici, in particolare altri disturbi d’ansia e disturbi depressivi.

La fobia sociale esordisce in genere nella prima adolescenza ed è presente in misura maggiore nel sesso femminile (circa il 60%) rispetto a quello maschile. L’ansia sociale, così come molti altri disturbi d’ansia e dell’umore, è correlata a problematiche sociali (ad es. ridotta produttività lavorativa) e ridotta qualità della vita.

I sintomi

La fobia sociale compare nel DSM-5 nel capitolo dei disturbi d’ansia. Viene definita da un’intensa paura e ansia collegata ad una o più situazioni sociali. Spesso la fobia sociale può riguardare interazioni sociali con persone non conosciute, situazioni nelle quali si può essere osservati o quando si agisce una prestazione davanti ad un pubblico (ad esempio parlare davanti ad un gruppo di persone).

Secondo il DSM-5 inoltre per fare diagnosi di fobia sociale è necessario che la reazione fobica sia presente da diverso tempo (almeno sei mesi), sia intensa e sproporzionata. Inoltre il disturbo deve provocare un significativo peggioramento del funzionamento del soggetto (ad es. attraverso comportamenti di evitamento) e della sua qualità di vita.

Il DSM-5 inoltre definisce due tipologie di disturbo d’ansia sociale. Se infatti i sintomi si presentano solamente quando il soggetto deve effettuare una performance pubblica (come parlare in pubblico) allora si parla di “disturbo d’ansia sociale correlato alle performance“. In genere questo tipo di disturbo può essere diagnosticato in musicisti, ballerini, atleti etc. In casi in cui invece il disturbo si presenti anche in altri contesti sociali allora si utilizza la denominazione semplice “disturbo d’ansia sociale“.

I criteri per fare diagnosi di fobia sociale per il DSM-5 sono i seguenti:

  • Paura o ansia marcate relative a situazioni in cui l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Ad esempio, interazioni sociali (per es. avere una conversazione, incontrare persone sconosciute), essere osservati (per es. mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (per es. fare un discorso).
  • La persona teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (cioè saranno umilianti o imbarazzanti; porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per altri). Le situazioni sociali temute provocano paura o ansia, sono evitate o sopportate con paura o ansia intensa
  • La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia della situazione e sono persistenti (6 mesi o più) e causano disagio clinicamente significativo del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
  • La paura, l’ansia e gli evitamenti non sono attribuibili agli effetti di sostanze o ad altre condizioni mediche.

I sintomi sperimentati sono quelli dell’ansia e soprattutto quelle della vergogna:

  • Aumento del battito cardiaco
  • Rossore del volto
  • Eccessiva sudorazione
  • Secchezza delle fauci
  • Difficoltà a deglutire
  • Contrazioni muscolari
  • Tremori
  • Malessere gastrointestinale

Le persone con fobia sociale presentano allarme e disagio in situazioni le più disparate:

  • parlare in pubblico effettuare delle attività sotto lo sguardo altrui (per es. leggere in chiesa o suonare uno strumento musicale; mangiare insieme ad altre persone; firmare un documento davanti a degli osservatori)
  • utilizzare un bagno pubblico
  • conoscere nuove persone
  • esprimere la propria opinione in gruppo
  • prendere la parola in una riunione

In queste situazioni (vissute e/o immaginate) si attivano una serie di timori, sperimentano sintomi e hanno la tendenza a mettere in atto comportamenti allo scopo minimizzare o eliminare il disagio sperimentato.

Le preoccupazioni che le persone con fobia sociale sperimentano fanno riferimento al temere che:

  • le loro prestazioni o azioni appariranno agli occhi degli altri inadeguate e/o ridicole.
  • la loro ansia sarà evidente per il fatto che gli potrebbe capitare di sudare, arrossire, vomitare a causa della tensione, tremare o parlare con voce flebile e incerta e che tutti si accorgeranno di ciò e li osserveranno e giudicheranno.
  • potrebbero perdere il filo del discorso e non ricordare più nulla di ciò che avevano da dire o che non riusciranno a trovare le parole per esprimersi.
  • potrebbero apparire come una persona debole di carattere, eccessivamente dipendente dal giudizio degli altri, disposta alla sottomissione;

I comportamenti maggiormente messi in atto, in modo più o meno marcato sono:

  • l’evitamento di situazioni, comportamenti, luoghi, contesti, persone che possono elicitare le situazioni temute.
  • tentativi di minimizzare e/o nascondere il proprio disagio e la propria ansia (comportamenti protettivi), al fine di non apparire inadeguati (riuscendoci peraltro spesso solo parzialmente o per niente).

Le cause

Le cause che portano a sviluppare una fobia sociale non sono ancora del tutto comprese. Come per altri disturbi psichiatrici comunque le cause del disturbo sono multifattoriali e comprendono una vulnerabilità temperamentale, eventi di vita avversi e situazioni sociali predisponenti.

Come per le fobie specifiche anche l’ansia sociale sembra essere collegata a comportamenti appresi in passato, in genere in età infantile, in persone predisposte. Esperienze negative nel passato, come essere oggetto di umiliazione pubblica, o di critica o di aggressione possono portare a sviluppare il disturbo.

Le persone con fobia sociale spesso sono caratterizzate da una bassa autostima e alti livelli di autocritica, elevata paura del rifiuto e del giudizio altrui.

Fobia sociale e depressione

Così come nella fobia sociale anche nella depressione maggiore il soggetto ha un comportamento schivo ed evitante dei rapporti sociali.

Il concetto di inibizione psicosociale nella depressione è basato principalmente su osservazioni cliniche e su dati della ricerca che documentano come questo quadro psicopatologico sia caratterizzato da una riduzione significativa e dall’evitamento di situazioni sociali.

C’è, anche in questo caso, un sottofondo di vergogna, ma è la vergogna di non essere più quello di prima, di apparire depresso agli occhi degli altri: è la vergogna che deriva dalla autosvalutazione tipica dei pazienti affetti da depressione, oltre che dalla reale riduzione delle prestazioni indotta dai sintomi depressivi. Non è quel tipo di vergogna che si rifà al concetto di pudore e di imbarazzo, che invece caratterizza i soggetti fobico sociali. Una vergogna che non riguarda il proprio corpo come se fosse nudo, ma tutto il proprio stato, la propria condizione di inefficienza e trascuratezza, che riconosce una più condivisibile razionalità, quand’anche patologica, una sorta di giustificazione spiegabile da parte del soggetto e in una certa misura comprensibile.

Anche dal punto di vista cognitivo un’organizzazione di personalità di tipo depressivo definisce un modo particolare di attribuzione di significati a sé stesso, agli altri e alle esperienze, che si struttura su sentimenti di inadeguatezza personale e solitudine. I sentimenti di rifiuto e la percezione di ostilità da parte del mondo esterno sono comprensibili sia nell’ottica di un’incontrovertibile assunzione di responsabilità sulla propria persona, sia di una interpretazione percettivo-negativa dell’altro. La modalità organizzativa di attribuzione negativa alla propria persona si correla ad atteggiamenti autosvalutativi e sempre più rinunciatari, prevalentemente caratterizzati da un marcato evitamento di relazioni sociali.

In età evolutiva

Nonostante negli anni sia notevolmente aumentata l’attenzione clinica verso la fobia sociale, ad oggi risulta ancora difficile la distinzione tra ansia patologica e ansia legata allo sviluppo normale dell’individuo.

Durante l’infanzia e l’adolescenza, infatti, fluttuazioni dell’ansia e delle paure sono considerate normali e si manifestano in prevalenza attraverso paura degli estranei e ansia di separazione nei bambini più piccoli, e sottoforma di ansia prestazionale nei bambini più grandi e negli adolescenti. È infatti piuttosto frequente che un bambino possa mostrarsi preoccupato nell’affrontare una interrogazione o mostrarsi riluttante nell’entrare a far parte di una classe nuova, così come un adolescente possa esitare nel partecipare ad una festa o nel chiedere un appuntamento. Normalmente queste paure sono passeggere e determinano un disagio limitato, l’ansia infatti si attenua fino a sparire non appena il soggetto affronta tali esperienze familiarizzando con esse.

Un bambino affetto da fobia sociale è però diverso da un bambino semplicemente timido, un bimbo timido infatti non prende l’iniziativa per giocare, ma riesce a stare con gli altri se viene sostenuto da un’educatrice o da un adulto o introdotto da un amichetto; il bambino invece che soffre di fobia sociale non si convince con nulla, è un bambino che fa molta fatica ad adattarsi ai cambiamenti e manifesta segnali evidenti di disagio: sintomi psicosomatici ricorrenti come mal di testa o mal di pancia, rifiuto a uscire o andare a scuola, leggere in classe, parlare agli adulti, sostenere esami e interrogazioni o fare qualcosa in pubblico, difficoltà a dormire, tendenza a isolarsi mascherando il rifiuto sociale con interessi “solitari” come i videogiochi. Nei bambini o negli adolescenti che soffrono di fobia sociale infatti l’intensità di preoccupazioni normali e fisiologiche, che generalmente si attenuano con la crescita interferisce in maniera significativa con il funzionamento quotidiano, influenzando negativamente lo sviluppo, la maturazione e il raggiungimento della piena padronanza di sé.

La presentazione clinica del disturbo è fondamentalmente simile nei bambini, adolescenti e adulti: le differenze sembrano essere dovute al contesto ambientale, alle diverse abilità sociali richieste e alle minori capacità cognitive del bambino. I bambini con fobia sociale manifestano molti dei sintomi fisici riscontrabili negli adulti affetti dallo stesso disturbo: palpitazioni, tremori, rossori, sudorazioni ma l’ansia può essere manifestata con pianto, scoppi di ira, irrigidimento, talvolta comportamenti oppositivi e raramente violenti volti ovviamente all’evitamento della situazione temuta, e numerose somiglianze sono riscontrabili anche riguardo le situazioni sociali temute: il parlare in pubblico è la situazione maggiormente temuta sia a scuola che nel mondo del lavoro, così come l’incontrare estranei, il partecipare ad una festa o mangiare e scrivere in pubblico.

I bambini affetti da fobia sociale mostrano elevati livelli di ansia non solo nelle situazioni nelle quali si trovano a contatto con adulti non familiari ma anche con i coetanei e in tali circostanze possono evitare la situazione o addirittura ammutolirsi tentando di far parlare al posto loro fratelli, genitori o amici. Nei bambini può essere assente la percezione che l’ansia possa essere sproporzionata rispetto al pericolo reale o alla minaccia nella situazione, dopo aver preso in considerazione fattori contestuali e culturali proprio per le minori capacità del sistema cognitivo. I problemi maggiori si evidenziano ovviamente a scuola, e l’atteggiamento evitante può essere facilmente evidenziato grazie ad un colloquio attento col bambino, con i genitori e gli insegnanti.

Gli studi dimostrano un incremento della fobia sociale nella prima adolescenza. Dal punto di vista comportamentale, gli adolescenti con questo disturbo sono soliti fuggire i contatti sociali ed evitano di essere al centro dell’attenzione. Con la maggiore complessità dei rapporti interpersonali e sociali e le migliori capacità di verbalizzazione emerge la consapevolezza del timore del giudizio negativo degli altri.

La tarda infanzia e l’inizio dell’adolescenza sono momenti molto importanti per lo sviluppo emotivo e per il processo di identificazione con i coetanei. Durante questi momenti l‘adolescente comincia a mettere alla prova la propria indipendenza e individualità. La fobia sociale può dunque interferire con lo sviluppo di capacità relazionali adeguate e con l’instaurarsi dei rapporti di amicizia. Bambini e adolescenti con livelli d’ansia sociale marcata sviluppano spesso interessi inusuali per la loro età come ad esempio hobby solitari o interessi atipici, come letture particolari, e tali interessi divengono una scusa per evitare il contatto con i coetanei.

La gravità dei problemi legati all’ansia sociale è estremamente variabile. Alcune fobie sociali specifiche o situazionali possono interferire in maniera minima sull’adattamento sociale, come ad esempio la paura di mangiare in pubblico può manifestarsi esclusivamente con il rifiuto di mangiare fuori casa. Al contrario le forme generalizzate possono avere un impatto importante sul funzionamento globale in ambito sociale. Alcuni bambini infatti possono evitare la maggior parte delle situazioni nelle quali potrebbero avere contatti con le altre persone con una marcata limitazione delle attività quotidiane.

Il trattamento

La cura della fobia sociale può prevedere un trattamento farmacologico, psicoterapico o una combinazione di questi.

Una delle strategie terapeutiche è l’esposizione graduale del paziente a contesti fobici temuti. Così come per le  altre fobie, anche per la fobia sociale l’esposizione prolungata allo stimolo temuto produce una graduale de-sensibilizzazione con riduzione dell’ansia.

Si invita quindi il paziente, gradualmente, ad esporsi a situazioni sociali temute. Con il progredire delle esposizioni la reazione ansiosa tende a ridursi e il paziente riesce ad affrontare più serenamente i contesti sociali temuti. In aggiunta alle esposizioni graduali si insegnano pratiche di rilassamento e di meditazione (come la mindfulness) per modulare le proprie risposte emotive.

Inoltre attraverso il colloquio, le pratiche di mindfulness ed esercizi foglio matita lo psicoterapeuta aiuta il paziente a diventare consapevole e successivamente a modificare i pensieri irrazionali che sostengono il disturbo.

A differenza delle fobie specifiche, che traggono poco giovamento dai farmaci, nella cura della fobia sociale l’utilizzo di psicofarmaci ha mostrato una buona efficacia. In genere i farmaci maggiormente utilizzati in questi casi sono i farmaci antidepressivi.

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…