Il futuro è fatto di megacittà: saranno più di 40 entro il 2030. E l’impatto sull’ambiente?

Un report recente conferma previsioni già avanzate negli anni scorsi, ovvero che le megacittà, aree urbane con più di 10 milioni di abitanti, sono destinate a crescere sempre più rapidamente. Sia nelle dimensioni che nel numero. L’analisi usa toni molto entusiastici, ma sembra non tenere conto di diversi fattori.
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Giulia Dallagiovanna 3 Giugno 2022

Quando una città supera i 10 milioni di abitanti, diventa una megacittà. Nel 1950 ce n'erano solo due: New York e Tokyo. L'area urbana che comprende la capitale del Giappone mantiene al momento il primato della più grande al mondo, con ben 40 milioni di persone che ci vivono. Ma è un podio sempre più insediato. Oggi ce ne sono circa una ventina, che diventeranno 35 entro pochi anni e probabilmente più di 40 nel 2030. Almeno stando a quanto ha calcolato un report di AXA. La crescita maggiore si verificherà nelle aree meno di sviluppate dell'Estremo Oriente, dell'Asia Meridionale e dell'Africa. Non solo, il 35% dell'urbanizzazione sarà contenuta in soli tre Paesi: India, Cina e Nigeria.

L'analisi dipinge un mondo interconnesso grazie "alle fulminee connessioni 5G", dove le città diventano "incubatori di innovazione" e "laboratori smart" dove il digitale diventa "il driver di un miglioramento a tutto tondo della qualità della vita". Non solo, ma potranno rappresentare "uno straordinario strumento di inclusione dei cittadini, immigrati inclusi, nel nome di una nuova identità cosmopolita", "in grado da una parte di sostituire le tradizionali strutture familiari ma dall’altra di combattere la frammentazione sociale e l’eccessivo individualismo". Una realtà che, se guardiamo quello che accade oggi, è quanto meno difficile da immaginare.

Come sostiene il fisico britannico Geoffrey West, "dal riscaldamento globale ai senza tetto, dalle crisi economiche all’energia passando per le insufficienti riserve d’acqua alla diffusione delle malattie, la città è il crocevia in cui qualsiasi problema dell’umanità trova una rigogliosa espressione".

Come siamo arrivati alle mega città

L'urbanizzazione come la conosciamo oggi è un fenomeno che prende il via con la rivoluzione industriale. Non a caso, dopo il 1800 la città più popolosa al mondo è Londra, con 1 milione di abitanti. Oggi di metropoli così se ne contano più di 500. A livello globale, questo trend non si è mai più invertito. Anzi, ha accelerato sempre di più: la Division Population delle Nazioni Unite attesta che nel 2013 la popolazione urbana ha superato quella rurale, mentre nel 2018 il 55% delle persone viveva in una città e per il 2030 ci si aspetta che diventino il 60%. Nel 1950 erano circa la metà.

Entro il 2030, il 60% della popolazione globale vivrà in una città

Negli ultimi anni, però, sono state soprattutto le metropoli dei Paesi meno sviluppati a crescere. Bassi tassi di incremento sono stati riscontrati a New York, Tokyo, Osaka e Buones Aires ad esempio, mentre gli aumenti di popolazione più importanti si registrano a Dakha, in Bangladesh, a Karachi, in Pakistan, e a Delhi, in India. Le persone si spostano verso le città principalmente per cercare lavoro e spesso a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici, che hanno reso sempre più difficile vivere vicino alle coste o in alcune zone rurali.

L'impatto ambientale

A questo punto l'immagine dei laboratori smart basati sulla rivoluzione 5G inizia a sfumare. Dobbiamo infatti notare che stiamo valutando le città solo sulla base del numero di abitanti. Nei Paesi in via di sviluppo, però, gli agglomerati urbani crescono più che altro in modo informale, con baraccopoli o slum. Periferie delle periferie dove mancano reti fognarie, accessi sicuri ai servizi idrici e all'elettricità, livelli di igiene accettabili. Dall'altro lato, il consumo di suolo è più rapido rispetto alle zone rurali e si producono anche più rifiuti. Rifiuti che spesso vengono bruciati perché non si sa in che altro modo eliminarli.

Inoltre, queste costruzioni sono destinate a crollare di fronte al primo evento atmosferico violento. Chi vi abita dunque finirà suo malgrado per andare a ingrossare le file degli sfollati. Un esempio del problema lo stiamo vedendo proprio in questi mesi con la sequela di alluvioni che ha colpito il Brasile.

E senza fare differenze tra Nord e Sud del mondo, le città rimangono comunque responsabili del consumo di tre quarti delle risorse che abbiamo a disposizione, oltre che del 75% delle emissioni climalteranti globali. Un recente studio internazionale pubblicato su Science Advances, ha monitorato attraverso i satelliti l'andamento dell'inquinamento atmosferico dal 2005 al 2018 nelle città più grandi e soprattutto in quelle in via di apliamento. Ne è emerso che in 46 attuali o future megalopoli, la qualità dell'aria era peggiorata tamlmente tanto dall'aver provocato 180mila morti in più ogni anno.

Se infine guardiamo alla crisi alimentare globale che si sta già verificando, possiamo notare come tra le soluzioni proposte ci sia il ritorno a un'economia locale e su piccola scala. Tutto il contrario di una mega area urbana.

I vantaggi della città

Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, la dimensione della città offre comunque alcune possibilità che le aree rurali invece precludono. Una maggiore inclusione, più accesso a scuole e ospedali, più opportunità di lavoro. Sempre per citare il professor West: "Questi centri rappresentano anche la nostra più grande speranza di trovare soluzioni alle grandi sfide che propongono, dal momento che sono l’epicentro di innovazione, idee e novità per il benessere”.

Alla base, però, deve esserci un'attenta progettazione e un'equa distribuzione del benessere che oggi non si verifica nemmeno nei Paesi più sviluppati. Non basta una narrazione fondata sull'entusiasmo.