Il ministro Lollobrigida contro lo stop UE sulla pesca a strascico: ma quali danni ambientali comporta?

L’Italia è l’unico Paese a opporsi al nuovo divieto di pesca a strascico entro il 2030. Ma quali sono i danni ambientali causati da questa tecnica e come funziona la legge in Italia?
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Francesco Castagna 9 Agosto 2023

Il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, è pronto a una nuova battaglia contro l'Unione Europea. Questa volta si tratta della decisione di Bruxelles di eliminare la pesca a strascico nelle aree protette entro il 2030. Ma attenzione, anche se entro il 2024 la Commissione chiederà una tabella di marcia agli Stati membri, l'obiettivo attualmente non è vincolante.

Se da una parte l'Unione Europea a fine febbraio aveva chiesto "agli Stati membri di darci una tabella di marcia entro il 2024, crediamo siano tutti consapevoli della necessità di fare progressi sulla pesca sostenibile e la tutela degli ecosistemi, soprattutto nel Mediterraneo", nell'ambito del pacchetto per tutelare le aree marine comunitarie, per premiare di più le pratiche sostenibili e la piccola pesca, dall'altra il ministro ha subito fatto sapere che ha intenzione di "rappresentare le istanze dell'economia italiana in Europa, cercando di far riflettere sulle criticità emerse negli ultimi anni". Secondo Lollobrigida infatti, le politiche europee in materia di agricoltura e pesca degli ultimi anni hanno portato soltanto a un indebolimento delle marinerie UE e a un conseguente potenziamento di quelle dei Paesi terzi "senza alcuna garanzia in termini di sostenibilità ambientale".

Il no dell'Italia

In sostanza, ciò che sostiene il ministro Lollobrigida è che nel Mar Mediterraneo, alle porte dell'Unione Europea, queste pratiche si applicano già e quindi sarebbe inutile vietarle per i Paesi membri. Un ragionamento che comunque non tutela la sostenibilità del nostro mare, poiché ognuno deve fare il più possibile la propria parte per mettere in atto pratiche sostenibili.

La battaglia sulla pesca al momento procede a colpi di dichiarazioni e di voti contrari in Unione Europea. Il 26 giugno, a Bruxelles, il governo aveva espresso il proprio parere contrario in Consiglio Europeo.

Il copione è lo stesso dello stop alla carne sintetica"Gli interessi del comparto vanno difesi, anche alla luce della posizione unanime della Commissione XIII Agricoltura della Camera dei deputati, che nei giorni scorsi aveva espresso il suo ‘no' alla proposta della Commissione europea sulla pesca. L'Italia chiede che vengano valutate, tra le altre, le ripercussioni socio-economiche ed occupazionali delle misure, che sia verificata l'introduzione di misure di contrasto della pesca; che venga incentivato l'utilizzo di motori termici con emissioni ridotte e che siano verificate le aree precluse alla pesca a strascico", ha affermato il ministro Lollobrigida subito dopo il voto in Unione Europea.

Non la pensa allo stesso modo il Commissario Ue alla pesca Virginijus Sinkevicius, che a margine della presentazione del  pacchetto Ue per la pesca sostenibile ha affermato: "Il piano per il Mediterraneo, che coinvolge Italia, Spagna e Francia è pensato proprio per garantire la pesca sostenibile, che fa parte della cultura e dei mezzi di sostentamento delle comunità costiere, alle quali dobbiamo continuare ad assicurare un settore profittevole e resiliente".

Ma qual è la normativa attualmente in vigore in Italia?

La legge in Italia

Nel nostro Paese è severamente vietato pescare entro le 3 miglia nautiche (circa 5,5km) e a profondità inferiori ai 50 metri. La norma che regola tale attività in Italia è l'art. 6 del DM n. 208415 del 18 aprile 2023, che vieta espressamente lo "svolgimento dell’attività di pesca con gli attrezzi: “reti a strascico a divergenti, sfogliare/rapidi, reti gemelle a divergenti, ovvero il sistema: strascico".

Anche qui però, come per tante leggi, le associazioni di settore possono richiedere una deroga per pescare in determinati giorni del mese. Sono due le normative che tutelano la biodiversità degli habitat marini, una europea e l'altra nazionale. Secondo la normativa europea infatti, il divieto si applica "si applica dalla data di entrata in vigore del presente regolamento a tutte le zone Natura 2000, a tutte le zone particolarmente protette e a tutte le zone particolarmente protette di rilevanza mediterranea (ASPIM) designate ai fini della conservazione di tali habitat a norma della direttiva 92/43/CEE o della decisione 1999/800/CE".

L'impatto ambientale

Il fenomeno della pesca illegale è punito poi dal Testo Unico sull’Ambiente, nel quale al suo interno è contenuta la definizione e la fattispecie di danno ambientale nell’articolo 300. Le conseguenze ambientali della pesca a strascico sono enormi: il fondale viene profondamente rovinato dall'azione delle reti dei pescherecci, che durante la loro attività distruggono o catturano tutto ciò che trovano sul loro cammino: coralli, pesci, invertebrati, alghe e posidonie.

Sono diversi gli studi che dimostrano che questa pratica è altamente insostenibile per l'ambiente. Uno studio pubblicato su Nature ha evidenziato come la pesca a strascico inquini quanto il traffico aereo, con un impatto che va dai 600 milioni a 1,5 miliardi di tonnellate. Un ulteriore report pubblicato da Agci Agrital, l'associazione generale delle Cooperative italiane, ha mostrato come il Mar Tirreno e il Mar Adriatico siano risultate "le aree sottoposte alla più alta pressione di pesca", dove l'attività ittica ha agito su un'ampia gamma di habitat di fondo mobile, ma interessa anche habitat più vulnerabili "come quelli dei fondi duri o dei substrati biogenici".