
Chiedersi quando, dove, come e se riusciremo mai a produrre energia ancora più pulita e sicura attraverso la fisica dell’atomo potrebbe farci sentire tutti un po’ come Amleto. In fondo, stiamo parlando della fusione nucleare, la stessa reazione che si innesca all’interno delle stelle e che alimenta il nostro Sole. Le loro dimensioni riflettono, dunque, l’imponenza della sfida. Eppure, in barba ai limiti e a Shakespeare, per arrivare a uno dei segreti più remoti dell’Universo potrebbe bastare uno sconfinamento internazionale: un’incursione fino a un angolino nel sud della Francia, a un tiro di sasso da Aix-en-Provence e dal porto di Marsiglia, dove oggi si e no mille persone vivono tra una scuola e una chiesa riposte all’ombra di un massiccio castello di fine quattrocento. E un gigantesco “tokamak”, una macchina sperimentale in cui l'idrogeno gassoso verrà sottoposto a temperature così alte che lo trasformeranno in plasma e i suoi atomi si fonderanno l’uno nell’altro producendo una quantità di energia mai vista prima sulla Terra. A Saint-Paul-les-Durance noi, l’umanità, stiamo costruendo Iter, il primo reattore a fusione nucleare.
Imponenza, si diceva. “Iter” è una parola antica, latina, che puoi tradurre con percorso. O viaggio, uno di quelli lunghi e faticosi che quando alzi gli occhi e guardi l’orizzonte non vedi la fine, ma sai che ciò che t’aspetta dall’altra parte varrà la pena. Accanto alle parafrasi delle ambizioni e della progettualità, Iter è uno dei più grandi esperimenti scientifici del mondo che ha visto la luce il 24 ottobre del 2007 quando Cina, Unione Europea, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti hanno firmato un accordo internazionale per la sua costruzione. Con l'International Thermonuclear Experimental Reactor, la fisica e la scienza si sono ripromesse di oltrepassare la soglia del “non si può fare”. Ce lo aveva spiegato anche Marco Ciotti, fisico dell’Enea: ciò che ci divide dalla fusione nucleare è la capacità di controllarla, di tenere la reazione attiva e stabile così da poterla sfruttare per produrre energia. Dunque, imponenza. Perché se sul Sole “bastano” qualcosa come 15 milioni di gradi per trasformare l’idrogeno in plasma e innescare la fusione, sulla Terra bisogna aggiungere uno zero. Le nostre forze gravitazionali sono più deboli e quindi la reazione ha bisogno di una spintarella in più. Trentacinque nazioni ci hanno investito più di 20 miliardi di euro e migliaia di tecnici, fisici e ingegneri hanno ridisegnato il destino di oltre 40 ettari e 39 edifici di Cadarache, il più grande centro di ricerca e sviluppo in Europa dedicato all’energia nucleare che ha le sua radici in quell'angolo di Francia chiamato Saint-Paul-les-Durance. Pezzo dopo pezzo, il mondo sta costruendo il primo passo verso una rivoluzione energetica.
Il cuore di Iter sta proprio nella questione della temperatura. Per poter raggiungere i 150 milioni di gradi necessari per far scontrare e fondere insieme gli atomi di deuterio e trizio servirà appunto un “tokamak”. Ma andiamo con ordine. Come ti ho spiegato, la fusione nucleare avviene all’opposto della fissione, ovvero quando nuclei di atomi energetici si uniscono sprigionando un’enorme quantità di energia. Nelle stelle è un fenomeno continuo, ininterrotto, quasi semplice. La forza gravitazionale lassù è così potente che servono appena 15 milioni di gradi affinché l’idrogeno passi allo stato di plasma e la reazione prenda il via. Qui sulla Terra, invece, le cose sono un po’ più complicate.
Affinché il plasma resti confinato e le reazioni nucleari s’inneschino bisogna ricreare delle condizioni il più simili possibile a quelle del Sole. Serve quindi una struttura in grado di produrre e reggere un calore estremo e che sia in grado tenere confinato il plasma in una zona limitata, innescando la fusione. Il tokamak. È un acronimo russo che sta per "camera toroidale con bobine magnetiche”. In sostanza è una gigantesca macchina in cui dei super magneti, collocati dentro una camera a vuoto a forma di ciambella, generano un campo magnetico in grado di vincolare il moto delle particelle del plasma: confinato al suo interno, il deuterio e il trizio daranno vita alla reazione di fusione degli atomi e alla produzione di energia che verrà assorbita sotto forma di calore nelle pareti del tokamak.
A questo punto funzionerà tutto esattamente come una normale centrale a fissione: il calore verrà riutilizzato per produrre vapore che alimenterà delle turbine le quali, a loro volt,a genereranno elettricità. Il tokamak di Iter, come avrai capito, pensa in grande. Così tanto che vuole battere un record mondiale. La fusione nucleare l’uomo l’ha già innescata in passato, il problema però ha avuto due facce: è stato impossibile mantenerla per lungo tempo e soprattutto ha avuto un guadagno negativo di energia. Nel senso che l’energia necessaria per avviarla è stata più di quella prodotta. In fatto di potenza di fusione, nel 1997 il tokamak europeo JET aveva prodotto 16 Megawatt da una potenza di riscaldamento in ingresso totale di 24 MW. Dalla fusione nucleare, Iter vuole ottenere 500 MW: è stato progettato dunque per produrre un ritorno di energia di dieci volte superiore a quella in ingresso.
Il dottor Ciotti ci aveva fatto una panoramica di quale sarà la tabella di marcia. Ad oggi Iter è in fase di costruzione avanzata e tra cinque anni è prevista la prima accensione del reattore. Non sarà però come schiacciare un interruttore. Serviranno test di sicurezza e di controllo che dovrebbero dare i primi risultati concreti intorno al 2030. A quel punto i fisici potrebbero avere tra le mani le prove empiriche che le ipotesi e le previsioni fatte nel corso degli anni erano giuste (o sbagliate). Sarà come arrivare al risultato di un’equazione avendo imparato tutti i passaggi e le insidie: una lezione di conoscenza che permetterà di migliorare la macchina, così da portarla a regimi di potenza ancora più elevati.
Secondo i calcoli passeranno ancora vent’anni, più o meno, e Iter vedrà la sua evoluzione: la centrale dimostrativa Demo che avrà il prestigioso e delicato compito di trasformare un esperimento scientifico in una centrale elettrica vera e propria. Intanto, un passo alla volta, Iter prende forma. Proprio nel mese di giugno di quest’anno, infatti, un altro altro magnete superconduttore è stato completato. Dalla fabbrica Italia di superconduttori ASG Superconductors, a La Spezia, e con una tappa a Marghera per essere ultimato, è arrivato al centro di Cadarache: è solo uno dei 18 magneti superconduttori che confineranno il plasma nel tokamak.
Già, hai letto bene qualche riga sopra: l’Italia. Al progetto Iter partecipano 35 nazioni, con l’Unione Europea contribuisce con quasi il 50% dei fondi e dei componenti, molti dei quali sono progettati e realizzati proprio qui nello Stivale. Ti ricordi i 18 magneti che serviranno per il confinamento magnetico del plasma? Ecco, 10 di loro saranno costruiti in Italia così come uno dei grilletti della fusione. L'acceleratore di fasci neutri che darà il via al processo è nelle mani del Padova Research Iter Megavolt Accelerator. Tricolori saranno anche gli oltre 5 chilometri di cavi superconduttori al suo interno, realizzati dal Consorzio Icas che unisce Enea con due aziende del settore.
Il viaggio è lungo, ci saranno tante tappe nel mezzo e all’orizzonte oggi c’è soltanto l’ombra di una rivoluzione nel modo in cui produciamo l’energia per le nostre case, le città e le industrie. Per ora Iter e Demo ci permettono solo di intuire cosa potrebbe succedere tra 60-70 anni. Mentre percorriamo il nostro viaggio, guardando nelle lenti del binocolo, vediamo una nuova fonte di energia pulita e in grado di evitarci tutti quei rifiuti radioattivi che tanto inquinano i nostri sogni e il nostro pianeta. Là in fondo c’è un mondo che ha fatto pace con l’energia nucleare, che ha abbandonato le armi e le bombe e ha fatto dell’atomo uno strumento per un’energia più sostenibile. Non male, vero?