Il termine giapponese karate si compone delle due parole kata che significa “vuoto” e te che significa “mano”: il tutto sta a significare “mani vuote”. Si tratta, infatti, di un'arte marziale che consente di rispondere a qualsiasi tipo di aggressione a mani nude, quindi, con tecniche di difesa che non prevedono l’uso di armi o attrezzature particolari, ma solo delle parti del proprio corpo (mani, braccia, piedi e gambe). Arte marziale, ma anche una filosofia di vita, una regola. Oggi il karate è tutte queste cose, ma anche un'attività sportiva, adatta a tutte le età, perché nel karate l’obiettivo non è tanto vincere, quanto quello di esercitarsi in modo costante per lavorare su se stessi.
Tra i valori del karate, il rispetto per l'altro (la disciplina serve a difendersi, non ad attaccare per primi), il rafforzamento dello spirito e della sicurezza in sé, l'autocontrollo, la rettitudine e la costanza. Man mano che si imparano questi principi e si progredisce nella conoscenza delle tecniche, l'allievo acquisirà una cintura sempre superiore, dal colore bianco al nero passando per altri 5 colori.
Il karate nasce nell’isola di Okinawa, nella parte più meridionale del Giappone, dove da sempre è una sorta di arte marziale "segreta", trasmessa di generazione in generazione tra i nobili e insegnata da alcuni monaci cinesi provenienti dal monastero di Shaolin. Okinawa, infatti, aveva rapporti commerciali con la provincia cinese di Fukien ed è così che probabilmente ebbe modo di conoscere il kempo ("Via del pugno"), e di modificarlo con il passare degli anni secondo metodi locali.
La nascita del karate si deve anche al divieto di possedere armi imposto dal re Sho Shin che così voleva mantenere la pace nelle terre di Okinawa: tutte le armi e persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e falcetti dovevano essere chiusi di notte nei magazzini, ma in segreto si iniziava a studiare una forma di autodifesa da usare contro gli invasori.
Notizie più certe sul karate si hanno a partire dal XVII secolo, quando le condizioni dei nobili di Okinawa peggiorano e li costringono a dedicarsi al commercio e all’artigianato piuttosto che esercitarsi con il karate. Non tutto il male viene per nuocere, perché queste condizioni consentono al karate di diffondersi anche tra i ceti meno abbienti.
La prima scuola di karate è quella di Okinawa, fondata da Sokon "Bushi" Matsumura. Tra i suoi allievi, Gichin Funakoshi, un bambino gracile e introverso, da subito si appassiona alle arti marziali. Sarà proprio lui a promuovere la diffusione del Karate al di fuori dell'isola giapponese.
Quando nel 1921 il principe Hirohito, diretto in Europa, passa per Okinawa, ha modo di assistere a un'esibizione di Funakoshi nel castello di Shuri Funakoshi e ne rimane molto impressionato. Nella primavera del 1922 Funakoshi viene scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, e qui si stabilisce: il karate inizia ad essere sempre più conosciuto e praticato.
Difesa a mani nude, lotta con sé stessi prima ancora che con gli altri che sarà vinta con disciplina e duro allenamento. Praticare questa disciplina dalla tenera età fornirà al bambino, o alla bambina, un bagaglio di esperienza che gli/le consentirà di affrontare più facilmente ogni difficoltà la vita porterà con sé. Non si tratta di uno sport violento, anzi, la prima regola è quella del rispetto dell'avversario grazie a un solido autocontrollo. Le arti marziali come il karate aiutano a tenersi in forma fin da piccoli, rinforzano la muscolatura e le articolazioni ma anche la motivazione e la coordinazione.
Il karate sportivo è disciplinato e regolamentato dalla FIJLKAM (Federazione Italiana Judo lotta karate arti marziali). Il Kumite e il Kata sono le due discipline per cui sono previste le gare e le competizioni.
Il Kumite prevede l'incontro tra i due atleti su un apposito tappeto quadrato (tatami) che misura 8 x 8 metri a cui si aggiungono ulteriori 2 metri di superficie di sicurezza. L'incontro dura 3 minuti con i giudici che assegnano un punteggio per Sanbon (3 punti), Nihon (2 punti) e Ippon (1 punto) nel caso il karateka soddisfi sei diversi criteri tecnici: vince chi ottiene il punteggio più alto rispetto all'avversario al termine dell'incontro, o qualora uno dei due atleti accumuli un vantaggio di 8 o più punti a gara ancora in corso.
Il Kata invece è un esercizio individuale che prevede la simulazione di parate, colpi e prese in assenza di avversario, è in pratica una sorta di combattimento immaginario contro uno o più avversari. In base alla corretta esecuzione del gesto è attribuito un punteggio dalla giuria.
A livello internazionale, le categorie che partecipano alle competizioni sono tre e sono suddivide in base all’età degli atleti: sono definiti Cadetti dal giorno del compimento del 14º anno al giorno precedente al compimento del 16º, Juniores dal giorno del compimento del 16º anno al giorno precedente al compimento del 18º e Seniores dal giorno del compimento del 18º anno per il kumite e del 16º anno nel kata.
Anche la durata dei combattimenti varia in base all’età e alla categoria di appartenenza: per gli Esordienti ha una durata di 1 minuto e 30 secondi, per Cadetti e Juniores ha durata di 2 minuti, infine per i Seniores maschili e femminili ha durata di 3 minuti.
Fondato dal Maestro Funakoshi che considerava il karate come una disciplina interiore, lo Shotokan (Karate-Do), viene preso ad esempio da varie scuole subendo quindi anche diverse variazioni. Ad oggi è lo stile più praticato, prevede competizioni sia di Kata che di Kumite, e si caratterizza per le posizioni basse e particolarmente stabili (è forse lo stile più statico rispetto agli altri).
Lo Shitō-ryū è lo stile che prevede il maggior numero di Kata. Dopo il suo trasferimento a Osaka nel 1929, Kenwa Mabuni, il suo fondatore, apre una sua palestra per insegnare la sua interpretazione del Karate-Do. Il nome Shitō-ryū è l’unione delle iniziali dei suoi più importanti maestri.
Stile moderno che fonde il karate di Okinawa con il Kumite, il Wado-ryu è uno stile che dà grande importanza alla fluidità dei movimenti del corpo e alla velocità. La distanza tra gli avversari è più corta e le posizioni sono più alte e morbide. Per non allontanarci troppo dal concetto che il karate è un'arte di sola difesa e non di attacco, il nome Wado-ryu significa “la scuola della Via della Pace“.
Goju-Ryu, infine, è lo stile più antico di tutti, quello ancora praticato ad Okinawa, dove ebbe origine. Goju-Ryu in giapponese significa “stile duro-morbido“, o “scuola (ryū) della durezza (Gō) e cedevolezza (jū)”. Ecco perché questo stile alterna tecniche dure a quelle più morbide.
Per praticare il Karate, bisogna avere il karate-gi, composto da una giacca i cui lembi si sovrappongono (uwagi) e dai pantaloni di cotone bianco (zubon); sopra la giacca si indossa la cintura colorata, chiamata obi. Ad ogni colore corrisponde un livello di conoscenza acquisita, pertanto il colore della cintura cambia solo al superamento di un esame.
In ogni caso i colori della cintura sono sette: si parte dal bianco (principiante) e si prosegue con il giallo, l’arancione, il verde, il blu, il marrone, il nero. Dopo aver superato i sei dan (gradi di cintura nera) della nera, la cintura diventa bicolore, bianca rossa, a indicare la massima competenza acquisita.
Abbiamo sentito sull'argomento il parere di Andrea Silenzi, maestro F.I.K.T.A. del Budokan San Mauro: "Il karate, nato in Oriente come strumento di autodifesa, arriva ai giorni d’oggi con un bagaglio di valori che lo rendono una delle discipline sportive più complete per il benessere psicofisico del praticante. Tralasciando tutta la storia delle arti marziali che hanno preceduto il karate, e che hanno portato in esso tutti valori filosofici dello zen e del buddismo, il karate ha assunto da subito una propria identità. Proprio per la sua caratteristica di non usare armi, ma esclusivamente mani e piedi, l’allenamento di questa arte da combattimento si è impostato su una dura pratica fisica e mentale, tipica dei Samurai giapponesi che, oltre ad estenuanti essere ottimi combattenti, dovevano essere persone oneste, equilibrate e di cultura. Oltre alle basi storiche che hanno conferito al karate queste caratteristiche di disciplina marziale e filosofia di vita, i benefici fisici e mentali che si ottengono dalla pratica continua sono evidenti e provati da studi scientifici.
Il fisico è il primo a sfruttare i vantaggi di questo tipo di pratica: l’allenamento coinvolge in modo simmetrico tutto il corpo, i colpi portati si sviluppano nei tre piani di lavoro corporale: frontale, trasversale e sagittale del corpo e coinvolgono tutte le quattro catene muscolari. Inoltre è un'attività non ciclica, come può essere la corsa o il ciclismo, ma è uno sport di situazione che richiede movimenti sempre diversi e combinati fra loro.
Dal punto di vista muscolare si allenano sia le fibre rosse nelle fasi aerobiche di combattimento sia le fibre bianche che conferiscono velocità ed esplosività alle tecniche. Il tipo di carico è variabile perché è richiesta forza muscolare, ma allo stesso tempo anche elasticità, attraverso una sessione di stretching al termine di ogni allenamento, per portare i colpi di pugno e calci a tutte le parti del corpo. Si ottiene quindi un corpo tonico ma non pesante come, ad esempio, con un allenamento in sala pesi.
Per i più piccoli il karate diventa uno strumento indispensabile per la crescita fisica, la varietà dei movimenti ed esercizi fanno si che il bambino acquisisca una completa base motoria, e non una specializzazione a un movimento specifico. Questo approccio funzionale complementare, che allena sia le capacità condizionali che coordinative, gli sarà utile per qualsiasi attività sportiva decida di perfezionare da adulto.
A completare il benessere del praticante è l’allenamento mentale che si basa su due aspetti fondamentali del karate. Il primo è quello filosofico, che deriva da influenze storiche attraverso i precetti che si trovano nel manuale dei Samurai, il Bushido, e dalle regole dettate nel Dojo Kun dallo stesso fondatore del karate Gichin Funakoshi. Secondo queste regole ogni praticante deve continuamente allenare il carattere, la costanza e la determinazione, ma allo stesso tempo l’autocontrollo e l’umiltà. La mente non solo si allena verso la perfezione, ma aiuta il fisico a spingersi al massimo. Il secondo aspetto che interessa lo sviluppo mentale dell’atleta, è quello che si allena soprattutto nella parte di combattimento e nelle gare. Parliamo dello sviluppo dell’intelligenza emotiva, ossia la capacità di percepire, elaborare e utilizzare in modo ottimale le proprie emozioni. L’aspetto emotivo condiziona parecchio la prestazione, fa parte della personalità, allenare il karate permette un naturale ed efficace lavoro su questo aspetto".
(Scritto da Gaia Cortese l'1 maggio 2021,
Modificato da Evelyn Novello il 29 giugno 2023)