La Malesia è sommersa dalla plastica: 17 tonnellate nella sola cittadina di Jenjarom

Negli anni scorsi il 70% della plastica prodotta in Occidente veniva inviata alla Cina, che la trattava e la riciclava. Ma a partire da gennaio 2018, le autorità cinesi hanno posto fine a questa pratica. Cosi sono state trovate nuove nazioni, come la Malesia, che nel giro di 7 mesi si è ritrovata letteralmente sommersa.
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Giulia Dallagiovanna 20 Febbraio 2019

Una bottiglietta d'acqua minerale, una confezione di pomodori ciliegini, il fustino del detersivo per i piatti. Li usi, li svuoti e li getti nel bidone della plastica. E fai bene, perché è il modo corretto di fare la raccolta differenziata. Solo che a partire da quando il camion dei rifiuti raccoglie la tua immondizia, prendono il via una serie di problemi che conducono inevitabilmente a un risultato: spostare l'inquinamento dall'Italia a un paese terzo, di solito povero e che vede lo smaltimento degli scarti come una fonte di guadagno.

Ma andiamo con ordine. Di tutta la plastica che viene prodotta nei Paesi occidentali, tra i quali l'Italia, solo il 30% rimane all'interno dei confini nazionali. Il riciclo non è infatti un'attività così semplice da mettere in pratica: i rifiuti devono essere trattati, puliti per bene e trasformati in nuova materia prima. Negli anni scorsi era la Cina ad accogliere il 70% degli scarti plastici occidentali e a occuparsi della lavorazione.

A questo punto, sorge però un altro problema: non tutto il materiale gettato via è effettivamente riciclabile. Anche perché, la plastica prodotta sta raggiungendo qualità davvero basse. Una considerazione espressa più volte anche dalla autorità cinesi che a partire da gennaio 2018 hanno ufficialmente, e definitivamente, chiuso i battenti all'immondizia.

Da quando la Cina ha smesso di accogliere i rifiuti dell'Occidente, sono state trovate nuove nazioni, come la Malesia

Bene, e a questo punto? Fra cumuli di rifiuti che stazionavano nei porti in attesa di venire spediti da qualche altra parte e termovalorizzatori che non riuscivano a bruciare l'intera quantità di scarti che gli veniva inviata, la soluzione più semplice è stata trovare altre nazioni da trasformare in pattumiere del mondo. Su Ohga ti avevamo già parlato delle nuove rotte della plastica, dopo lo stop della Cina. Le hanno trovate e ora sono già sature.

Come ha raccontato la Bbc, in Malesia sono letteralmente sommersi dai rifiuti che noi gli abbiamo inviato. Fiutato l'affare infatti decine di aziende cinesi hanno dislocato oltreconfine e, allo stesso tempo, molte nuove sono state aperte da società locali. Sorgono accanto ai porti più importanti e non ritengono necessario seguire tutte le regole imposte dalle leggi malesi riguardo il trattamento dei rifiuti.

Per capire meglio la situazione, devi sapere che esiste una cittadina malese di 30mila abitanti, Jenjarom, che si è ritrovata a convivere con 17 tonnellate di plastica. Sono arrivate nel giro di soli sette mesi, da gennaio a luglio 2018, e hanno letteralmente invaso il piccolo centro abitato. Di giorno i rifiuti venivamo depositati nei magazzini delle aziende, di notte quelli non riciclabili venivano bruciati in modo illegale. Le persone si chiudevano nelle loro case per sfuggire in tutti i modi alle esalazioni tossiche che venivano emanate.

Nel giro di poco tempo, sono emersi problemi respiratori, rush cutanei e gravi problemi di insonnia. D'altronde riusciresti a dormire bene, se la tua camera da letto fosse invasa da un odore nauseabondo? Non si conoscono ancora quali conseguenze per la salute potrebbero essere registrate sul lungo termine, ma appare evidente che l'aumento del rischio di contrarre un tumore è dietro l'angolo.

Il governo malese non è rimasto a guardare: ha preso in carico il problema e ha chiuso circa 30 aziende accusate di smaltimento illegale di plastica. E i rifiuti? Son rimasti lì, nessuno sa dove metterli. Riciclarli costa e lo Stato non sa come pagare. Non solo, ma spesso i magazzini improvvisati non sono altro che campi presi in affitto da agricoltori locali che hanno un ottimo ritorno economico, pari a dieci volte di più di quanto guadagnerebbero se coltivassero frutta e verdura.

Combattere conto l'inquinamento, non significa spostare il problema da un'altra parte e poi chiudere gli occhi di fronte alla conseguenze. La raccolta differenziata è sicuramente fondamentale, ma lo è ancora di più ridurre il consumo di plastica e materiale non biodegradabile. L'Unione europea è sempre più intenzionata a vietare gli oggetti monouso entro il 2021, ma non è abbastanza. Se il problema è globale, anche le soluzione devono allargare i propri confini. Una legislazione internazionale sullo smaltimento degli scarti sarebbe già un buon passo avanti.