La Pre-Cop26 ci sta illudendo tutti? Le proteste degli attivisti (con Greta) fuori dal MiCo

Greta non dice una parola, è in protesta contro quello che ha appena visto: un gruppo di attivisti, regolarmente accreditati, scortati fuori dalla sala dell’incontro con i ministri per aver alzato cartelli contro il greenwashing. È questo lo youthwashing di cui parlava? Da un lato i politici fingono di ascoltare i giovani e dall’altro mettono a tacere chi protesta?
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Giulia Dallagiovanna 30 Settembre 2021

"Siete la generazione che più ha da perdere dai cambiamenti climatici. Avete ragione a chiedere responsabilità e cambiamento perché il mondo in questo momento non sta mantenendo le sue promesse". Lo dice il presidente del Consiglio Mario Draghi rivolgendosi ai quasi 400 giovani delegati presenti all'incontro di chiusura della Youth4Climate, che allo stesso tempo segna l'inizio dei lavori della Pre-Cop26. È diretto, non usa mezzi termini. Nemmeno quando aggiunge: "La transizione ecologica non è una scelta, è una necessità". O quando dichiara: "La vostra mobilitazione è stata di grande impatto, e potete starne certi: vi stiamo ascoltando". Ma i giovani attivisti no, non ne sono certi. Per niente.

Forse perché mentre il presidente prosegue deciso il suo discorso, alcuni di loro vengono scortati fuori dalle forze dell'ordine rei di avere interrotto Draghi alzando cartelli al grido di "El pueblo unido jamás será vencido" ("Il popolo unito non sarà mai sconfitto"). Erano partecipanti regolarmente accreditati, eppure ne vengono trascritte le generalità e per qualche attimo – ci hanno poi raccontato – gli vengono anche ritirati i documenti, subito restituiti. Appartengono agli Extinction Rebellion, un movimento internazionale nato nel Regno Unito, radicale e pacifico.

In quanto realtà, non sono stati invitati alla Youth4Climate e hanno quindi deciso di mettere in atto un presidio di protesta vicino al Gate 2, nel parco di City Life. Sono, insomma, proprio lì fuori dal MiCo, il centro congressi all'interno di Fieramilanocity dove si stanno svolgendo gli incontri. Allo scoccare di ogni ora suonano una sirena per marcare lo scorrere del tempo sprecato a parlare, mentre il Pianeta ha bisogno di azioni. Uno dei loro portavoce, Michele, che di professione fa il contadino e con l'ambiente ha un rapporto quotidiano, ci spiega meglio l'intento del loro sit-in: "Vogliamo che venga dichiarata l'emergenza climatica". Parla di "urgenza" e di "stop delle emissioni entro il 2025".

"Siamo qua perché la Cop serve solo a dare l'illusione che qualcuno si stia occupando dell'emergenza ambientale – dice. – Mentre i governi che hanno davvero il potere di cambiare le cose non fanno nulla. La Ipcc del 2007 diceva che se volevamo rimanere sotto il limite di 1,5 gradi di aumento della temperatura, dovevamo ridurre le emissioni entro il 2015. E invece aumentano, nonostante tutte le Cop che hanno organizzato".

"Avremmo dovuto ridurre le emissioni entro il 2015. E invece aumentano, nonostante le varie Cop"

Quello che sostengono Michele e gli Extinction Rebellion in generale non è poi molto diverso dalle paure che hanno anche i delegati ufficiali. È il bla bla bla a cui si riferiva Greta Thunberg. E proprio lei corre ad abbracciare gli attivisti che vengono scortati fuori.

Quella mattina, poco prima dell'inizio delle conferenze, avevamo scambiato due chiacchiere con Nawa Silishebo, delegato per lo Zambia. Lui pure lavora la terra e cosa sia il cambiamento climatico ce l'ha bene in mente: "Significa meno piogge, significa non avere acqua a sufficienza per irrigare i campi, significa non riuscire a produrre abbastanza cibo per tutta la popolazione. Oggi siamo qui perché vogliamo idee e proposte concrete, non solo belle parole". E dello stesso avviso è anche Fatima Ahmad, delegata per il Qatar: "Mi aspetto che vengano accettate tutte le nostre proposte, soprattutto in fatto di educazione e media. Non mi aspetto nulla di meno".

L'atmosfera che si respira fuori dalla grande sala, dunque, è sì di ottimismo, ma anche di attenzione e consapevolezza. Tutti loro sanno che dietro l'angolo esiste il pericolo dello"youthwashing": invitare gli attivisti e fingere di ascoltare quello che hanno da dire, per poi proseguire con lo stesso sistema di sfruttamento delle fonti fossili che ci ha condotto fino a questo punto. A un punto in cui sulla cima della calotta glaciale in Groenlandia piove per la prima volta. Paola Flores, delegata per la Bolivia, lo dice apertamente: "È una grande sfida essere qui oggi, perché abbiamo la responsabilità di accertarci che ogni nostra proposta venga ascoltata".

Youthwashing e greenwashing sono termini che tornano continuamente nei discorsi degli attivisti

Youthwashing e greenwashing sono termini che tornano continuamente nei discorsi di chi partecipa, da dentro, e di chi protesta, da fuori. "Block greenwashing" è la scritta che campeggia su lungo striscione esposto da una schiera di appartenenti al movimento Rise up 4 climate justice. Sempre questa mattina, attorno alle 8, sono stati caricati dalla polizia in tenuta antisommossa per aver provato a incatenarsi ad alcuni tubi disposti a X davanti a loro in segno di protesta. Un dissenso pacifico, che ha ricevuto i manganelli come risposta.

Riconoscibili grazie alle loro tute bianche, li incontriamo in viale Scarampo, mentre stanno bloccando simbolicamente uno degli accessi alla Fiera. "Se siamo arrivati alla 26esima Cop sul clima, vuol dire che le soluzioni reali non sono state messe in pratica – sottolinea Laura Pederzolli. – Dentro le sale della Pre-Cop vediamo tanti ministri e personalità istituzionali di spicco: sono gli stessi che su tutto il territorio nazionale continuano a portare avanti grandi opere, cementificazione e inquinamento. Lasciano le multinazionali proseguire le loro azioni indisturbate, eppure sappiamo bene che sono le prime responsabili della crisi climatica".

Poco dopo un gruppo di attivisti scorta Greta e Vanessa Nakate oltre il gate 2, nel parco di City Life. Qui i Fridays for Future, anche loro esclusi dalla Youth 4 Climate, hanno indetto una conferenza stampa. Sono reduci da un incontro con Mario Draghi, di cui lui sembrava entusiasta e loro molto meno. "Quando i nostri amici vengono presi di mira e attaccati solo perché si sono alzati in piedi e hanno mostrato dei cartelli contro il greenwashing, è difficile poi concentrarsi sul contenuto di un incontro che è durato mezz'oretta" – attacca Martina Comparelli. Ma poi aggiunge: "Abbiamo chiesto che l'Italia svolga un ruolo più determinante al prossimo G20. Fino a quella data sospendo il giudizio". Greta invece non parla e non risponde a nessuna domanda. È la sua protesta silenziosa contro quello che ha appena visto.

A scaldare gli attivisti ci pensa invece Vanessa Nakate, ugandese, il cui discorso all'apertura della Youth 4 Climate era stato molto apprezzato. "La crisi climatica non è qualcosa che ci aspettiamo di dover affrontare in futuro, sta già accadendo. Anche prima di diventare un'attivista avevo già visto con i miei occhi l'impatto dei cambiamenti climatici. Gli alluvioni in Uganda sono una conseguenza, la siccità in Uganda è un'altra".

La sensazione insomma è che mentre i politici provano a contenere la questione ambientale in sale congressi, giacche e cravatte e sorrisi istituzionali, il vero cambiamento sia in atto fuori. E gli attori che lo muovono sono stanchi di promesse e bei discorsi, perché ormai la crisi climatica la vedono accadere tutti i giorni. Persino oggi, che è il 30 settembre, e noi siamo in maniche corte.