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Maturità 2023: l’articolo di Belpoliti sull’attesa nell’era di Whatsapp e social network. Impariamo il valore di saper aspettare

Tra le tracce della prima prova della Maturità 2023, c’è anche un testo di Marco Belpoliti sul valore dell’attesa ai tempi di Whatsapp e social network. Come percepiamo oggi le pause e i tempi morti? La verità è che non siamo più abituati a provare noia perché non la apprezziamo.
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Evelyn Novello 21 Giugno 2023

Nella prima prova di italiano della maturità 2023, una riflessione sull'articolo di Marco Belpoliti sul valore dell'attesa. Un tema tanto attuale quanto insolito perché, nonostante ci coinvolga da vicino, non è mai oggetto dei nostri pensieri.

La noia è uno degli stati d'animo che meno siamo abituati a provare. La preveniamo, facciamo in modo di non sperimentarla mai. Se mandi una email, pretendi immediatamente una risposta, se così non avviene, ti spazientisci e chiami la persona al telefono. Se mandi un messaggio, ti irriti se devi attendere. La pazienza non è più una nostra virtù e ne è sintomo la cronofagia, la sensazione di sentirsi divorati dal tempo.

Siamo abituati al botta e risposta, all'immediato, perché la tecnologia ci ha abituato a questo, a evitare il più possibile le attese. E quando siamo costretti a farlo, il tempo sembra non passare mai. D'altra parte, è partire dall'inizio del XIX secolo che tutto è andato sempre più in fretta. Il capitalismo, la produzione a catena, la smania di guadagno ci hanno insegnato che l'efficienza compulsiva poteva rappresentare una caratteristica ricercata sul mondo del lavoro ed è poi diventata parte integrante della psicologia degli individui.

Eppure, forse non te ne renderai conto, ma la vita è un'attesa continua. Da adolescenti attendiamo il compimento dei 18 anni, da adulti attendiamo il lavoro perfetto, il vero amore e una nostra completa realizzazione personale. Attendiamo sempre qualcosa, a volte non sappiamo nemmeno cosa, ma ci aspettiamo accada quell'evento eccezionale che ci renderà più felici e soddisfatti di noi stessi.

"Desiderare", dal latino "de" e "sideràre" significa "togliere lo sguardo dalle stelle", quindi, sentire la mancanza di qualcosa. Ma ha un'accezione negativa? É proprio la mancanza di qualcosa che ci fa muovere, che ci dà quella spinta vitale necessaria per compiere sia le azioni quotidiane che i grandi passi di cui poi andiamo fieri.

Quando, per ammazzare il tempo, prendiamo in mano il telefono e scorriamo svogliatamente le home dei social, proviamo una soddisfazione semplice, effimera e immediata, ma non è nulla di costruttivo. "Attendere", dal latino, significa "rivolgere l'animo verso qualcosa" e nel farlo sogniamo, immaginiamo come potrebbe cambiarci la vita e renderci quella persona che abbiamo sempre desiderato essere. Perché privarci di questa sensazione?

Il vuoto, il nulla sono il preludio del tutto, del compimento, come la tristezza e i momenti negativi sono il passo necessario da compiere per arrivare alla felicità. Se smettessimo di concepire l'attesa come un'imposizione e iniziassimo a viverla come l'inizio della nascita e della realizzazione di un desiderio troveremmo il senso di ogni momento vuoto. E lasceremmo in borsa lo smartphone.