Non solo decarbonizzazione: l’altra parola d’ordine a Ecomondo è “rigenerazione”

Consolidare il primato europeo nell’economia circolare e porre maggiore attenzione alla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, sfruttando anche quella grande occasione chiamata Pnrr. Sono questi alcuni degli aspetti al centro della fiera della green economy a Rimini. “La sfida non è solo rafforzare i diversi ambiti della bioeconomia e le diverse filiere industriali, ma metterli in connessione”, sottolinea il professor Fabio Fava, presidente del Comitato scientifico di Ecomondo.
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Federico Turrisi 27 Ottobre 2021

Dopo la recessione dovuta alla pandemia, la ripresa non potrà che essere all'insegna del green. L'Italia ha di fronte a sé una sfida enorme: portare avanti la trasformazione digitale e la transizione ecologica per raggiungere un traguardo ambizioso come la neutralità climatica entro la metà del secolo (cioè le zero emissioni nette, come previsto dal Green deal europeo), e più in generale per cercare di garantire un futuro pulito alle prossime generazioni. Il tutto con un occhio di riguardo alla conservazione e al ripristino degli ecosistemi e alla tutela della biodiversità.

È questo il fil rouge che idealmente unisce gli stand di Ecomondo, uno degli appuntamenti più importanti a livello internazionale per le aziende attive nel settore dell'economia verde, che ha preso il via alla fiera di Rimini nella giornata di ieri e durerà fino a venerdì 29 ottobre. Per l'occasione abbiamo parlato con Fabio Fava, presidente del Comitato tecnico scientifico di Ecomondo, professore ordinario di Biotecnologie industriali e ambientali all’università di Bologna.

Professore, qual è attualmente lo stato di salute della green economy in Italia?

Al di là dei numeri (che possono differire leggermente da rapporto a rapporto), a mio parere è importante analizzare i trend. Quello che emerge è che l'industria green e l'economia circolare italiana sono ai vertici in Europa e non hanno perso smalto durante il 2020, segnato dalle restrizioni per l'emergenza Covid-19. Stiamo facendo bene, l'auspicio è che si consolidi questo primato. Il ministero della Transizione Ecologica sta lavorando alla semplificazione di alcune normative e procedure per una più rapida adozione dell'economia circolare, mentre sono in arrivo importanti finanziamenti a sostegno dell'innovazione tecnologica nel settore.

Si riferisce anche al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr)?

All'interno di quel documento c'è una missione dedicata specificamente alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica. Ci sono tutte le premesse affinché l'economia circolare venga accolta e implementata in profondità in tutte le sue declinazioni. C'è poi un aspetto su cui lavorare: l'Italia è fatta di tante piccole aziende, e non tutte riescono a tenere il passo. Sono molto dinamiche, è vero, ma è lì che andrebbe facilitato il percorso. Se andiamo a vedere chi ha un bilancio in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu, notiamo che le performance migliori sono delle grandi aziende, che per altro assumono molti laureati e investono in ricerca e innovazione. Insomma, ci sono diversi segnali interessanti.

Possiamo dire che il principale ostacolo sia rappresentato dalla burocrazia?

Come dicevo prima, si sta lavorando per semplificare le procedure e per allinearsi alle policy europee. Bisogna procedere come previsto dal Pnrr, che ha delle scadenze ben precise dettate dalla Commissione Europea.

Però per raggiungere gli ambiziosi target di decarbonizzazione ci vuole un cambio di passo, o no?

Certo, e le dirò di più. Non basta pensare solo all'economia circolare, che certamente offre una serie di vantaggi e contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO2 e dell'utilizzo di materie prime. Dobbiamo lavorare anche sulla parte rigenerativa, ridando forza alla biodiversità e agli ecosistemi, dal suolo alle acque interne passando per l'ambiente marino, compromesso per esempio dall'inquinamento da plastica. Dobbiamo rigenerare le aree industriali dismesse: la bonifica dei siti contaminati in Italia è un altro nodo. Dobbiamo rigenerare anche il patrimonio forestale, indispensabile per l'assorbimento e lo stoccaggio di carbonio atmosferico. In sostanza, accanto al percorso che va nella direzione di una riduzione delle emissioni di gas serra, c'è anche un'altra parte, complementare, che è quella della rigenerazione.

A questo proposito, si sente parlare anche di bioeconomia…

In realtà, la bioeconomia comprende un insieme di settori: l'agricoltura, l'allevamento, l'acquacoltura e la pesca, l'industria alimentare, la produzione forestale, le bioraffinerie che trasformano le biomasse non alimentari e residuali in composti chimici, materiali e combustibili "biobased", le biotecnologie marine, la valorizzazione integrata delle acque reflue e dei rifiuti organici generati dalle città. La bioeconomia in Italia vale oltre 330 miliardi di euro e conta quasi 2 milioni di posti di lavoro. Non dimentichiamoci che il patrimonio naturale del nostro Paese è ricchissimo: abbiamo circa 12 milioni di ettari di foreste, più di 8 mila chilometri di coste…

L'obiettivo è quindi cercare di ridurre il più possibile l'impatto sull'ambiente, giusto?

Sì, il che significa anche più attenzione per la biodiversità e più efficienza nella trasformazione delle biomasse, sia per la produzione di cibo sia per quella di composti chimici e combustibili. Chiaramente si tratta di tipi di biomassa diverse, perché bisogna evitare di entrare in conflitto con la filiera alimentare. Un aspetto fondamentale, e su cui dobbiamo spingere, è l'interconnessione di questi settori. Facciamo un esempio pratico. Una parte della biomassa va all'industria alimentare, e si può fare in modo che gli scarti di produzione non finiscano in discarica. Possono e devono invece essere riutilizzati ed entrare in cicli produttivi per avere prodotti chimici, per esempio in bioplastica. La strategia è non solo rafforzare i diversi ambiti della bioeconomia, ma anche metterli in connessione in maniera tale da creare nuove opportunità e filiere più radicate sui territori.

Foto fornite da Italian Exhibition Group