Perché deve interessarti il G20 di Roma (con presidenza italiana): ecco quali sono le questioni aperte su Ambiente e Salute

Il prossimo 30 e 31 ottobre si terrà il vertice conclusivo dei lavori del G20, che sono durati un anno e hanno visto diversi incontri, tra cui quello di Roma sulla Salute e quello di Napoli sul clima. Si attende ora la dichiarazione congiunta. Dichiarazione che arriva al termine di un periodo delicato, tra crisi climatica e pandemia, e appena prima della COP26 di Glasgow, che molti hanno già dichiarato “l’ultima possibilità”.
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Giulia Dallagiovanna 28 Ottobre 2021

Il G20 a presidenza italiana si conclude dopo un anno complicato. A Roma il 30 e 31 ottobre si incontreranno i capi di Stato e di governo di tutte le potenze economiche e finanziarie che ne fanno parte, per un vertice che terminerà con una dichiarazione congiunta. C'è molta attesa e non solo da parte del mondo dell'economia. I movimenti ambientalisti, tra cui i Fridays for Future, hanno già annunciato manifestazioni che si terranno eccezionalmente di sabato. I Paesi in via di sviluppo, invece, puntano gli occhi sull'incontro chiedendo che si faccia qualcosa per l'equo accesso alle vaccinazioni. L'Italia dal canto suo sembra avere ben chiari quali siano gli obiettivi da centrare con il vertice e ha improntato tutta la propria presidenza attorno a tre parole, 3P: People, Planet, Prosperity. Questo G20, poi, è particolarmente importante perché si chiude appena prima dell'inizio della COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che da molte parti viene definita come "l'ultima possibilità".

Le tre P

People, Planet e Prosperity stanno, nel concreto, per welfare e questione sanitaria, crisi climatica, sviluppo economico. Sono strettamente intrecciate a dimostrazione di come non si possa più parlare di progresso senza inglobare nel percorso anche il benessere delle persone e il problema dell'impatto ambientale.

Naturalmente la pandemia è tra i nodi più urgenti da affrontare. L'evento che ci ha permesso di capire quanto esseri umani, animali (selvatici e allevati) e natura si influenzassero a vicenda. E soprattutto ha rimesso in discussione la concezione dei confini, facilmente oltrepassabili da un virus che ha imposto e imporrà interventi comuni a tutti i Paesi.

Ma allo stesso tempo la crisi climatica è ormai conclamata. Secondo uno studio pubblicato su Environmental Research Letters, potrebbe finire per costarci il 37% del Pil mondiale. Le conseguenze si abbattono con maggiore violenza sui Paesi in via di sviluppo, nonostante il grosso delle emissioni inquinanti non provenga da lì.

La crisi climatica potrebbe costarci il 37% del Pil mondiale

Si arriva così alla terza P, che si concentra più direttamente sugli aspetti economici e quindi più centrali del G20. Una prosperità che per durare deve anche essere condivisa e che implica quindi prima di tutto investimenti e mobilitazione di risorse in sostegno dei Paesi più fragili.

L'ambiente al G20

Il presidente del Consiglio Mario Draghi sembra premere molto, almeno a parole, sulla questione ambientale. Ha ammesso, ad esempio, che la comunità internazionale sia venuta meno alle promesse che ha fatto a se stessa. L'Italia si presenta ai tavoli forte della nuova politica dell'Unione europea, con il Green Deal, la strategia per azzerare le emissioni entro il 2050, e i fondi del maxi-piano di ripresa economica Next Generation EU, dove quasi 19 miliardi di euro vengono destinati a "risorse naturali e ambiente". Il nostro Paese poi ha stretto una partnership con il Regno Unito, che sta per ospitare la COP26.

Il Comunicato G20 ambiente

A metà luglio è stato approvato il comunicato G20 ambiente, promosso proprio dall'Italia, che individua 10 linee di intervento non troppo distanti da quanto previsto anche nel Piano di ripresa e resilienza del nostro governo. Si va dalla lotta al degrado del suolo alla sicurezza alimentare, dall'uso sostenibile dell'acqua alla tutela degli oceani, che comprende anche il problema della plastica in mare. E poi l'economia circolare, la finanza verde, le città sostenibili e così via. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha voluto sottolineare che "è la prima volta che queste categorie vengono riconosciute dal G20 e diventano vincolanti".

Alla chiusura di Youth4Climate, incontrando i giovani delegati provenienti da tutti i Paesi del mondo, Mario Draghi aveva assicurato: "Siamo consapevoli che dobbiamo fare di più, molto di più. Questo sarà l'obiettivo del Vertice a Roma che si terrà alla fine di ottobre. A livello di G20, vogliamo prendere un impegno per quanto riguarda l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi. E vogliamo sviluppare strategie di lungo periodo che siano coerenti con questo obiettivo".

La questione economica

Un buon programma per il quale, scendendo a un livello più pragmatico, servono soldi. Le imprese che dovranno affrontare la riconversione energetica avranno bisogno di sostegni, i lavoratori impiegati nei settori più inquinanti necessiteranno di sussidi e poi di una reintegrazione nel mondo del lavoro. E serviranno aiuti internazionali anche ai Paesi in via di sviluppo che non potranno finanziarsi da soli la loro transizione ecologica. A monte bisognerà fissare regole condivise da tutti e accordarsi su un attento monitoraggio che ne garantisca il rispetto.

I più restii agli accordi sono naturalmente Cina e Russia. Attorno alla metà di ottobre, l'ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua, ha scritto una lettera aperta ad ANSA in cui sottolineava come gli obiettivi dell'Italia fossero gli stessi della Cina e di come quest'ultima intendesse "promuovere in modo efficace lo sviluppo sostenibile". Ma proprio la Cina, trovandosi a corto di energia, ha deciso in queste settimane di aumentare il numero di miniere di carbone attive e accelerato la produzione della fonte fossile più inquinante. Quanto alla Russia, ci sarebbero già stati alcuni contatti tra Mosca e Washington sull'agenda climatica, ma al momento non è dato sapere cosa ne sia davvero emerso.

La salute al G20

Sul fronte della Salute, che è in realtà la questione centrale dell'anno di presidenza italiana, ci sono un paio di punti da tenere d'occhio: come il Covid abbia rallentato il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall'Agenda 2030 e come sia necessaria una risposta congiunta per far fronte alla pandemia. L'approccio proposto dall'Italia è riassunto nell'espressione One Health: salute umana, animale e ambientale concorrono tutte a determinare il nostro benessere. E "Build back better" (costruire meglio) è il motto attorno al quale hanno ruotato le trattative culminate con il Patto di Roma, siglato lo scorso settembre.

La questione vaccini ai Paesi poveri

Il tema più impellente è quello della copertura vaccinale. I dati che abbiamo a disposizione oggi ci parlano di oltre 6 miliardi di dosi di vaccino somministrate a fronte del solo 2,9% di popolazione immunizzata nei Paesi in via di sviluppo. Il 75% di tutte le vaccinazioni effettuate si è concentrato in 10 Paesi industrializzati, che rappresentano la porzione più ricca ma anche più piccola del mondo. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha assicurato che il Patto di Roma servirà a garantire l'equo accesso a trattamenti e vaccinazioni anche ai Paesi poveri, affinché "sia un diritto di tutti e non il privilegio di pochi" e "nessuno venga lasciato indietro".

Su questo punto, l'Organizzazione mondiale della sanità aveva fissato degli obiettivi ben precisi: ogni Paese dovrebbe riuscire a vaccinare almeno il 10% della popolazione entro la fine del mese, almeno il 40% entro la fine del 2021 e il 70% per la metà del 2022. Soglie che a guardarle oggi sembrerebbero davvero ambiziose in situazioni come quelle dell'Etiopia, con il 2,6% di copertura raggiunta, o della Tanzania, che ha solo l'1,4%. Per centrarli, oggi, non si può prescindere da un impegno concreto dei Paesi del G20. E non è un mero atto di gentilezza o "generosità", come lo aveva definito il presidente del Consiglio Mario Draghi. Da una pandemia che ha coinvolto l'intero mondo, si esce solo proteggendo il mondo intero. L'alternativa è lasciare il virus libero di circolare in aree vaste come l'Africa, l'Asia o il Sud America. E libero quindi di sviluppare nuove varianti, magari proprio resistenti ai vaccini e ai trattamenti che utilizziamo oggi.

Programmi come quello di Covax, a cura dell'OMS, sono utili ma non sufficienti. Ce lo aveva spiegato anche la professoressa Elda Baggio, vicepresidente di Medici Senza Frontiere: "Un programma come COVAX può aiutare nella fase di approvvigionamento dei vaccini, ma di sicuro non risponde alle necessità effettive dei paesi a basso reddito. Rimane il problema delle difficoltà di produzione di una quantità di dosi numericamente adeguate". Rimane cioè la questione brevetti da sospendere e tecnologie di produzione da cedere. "L’Unione Europea – ha aggiunto – ha attivamente osteggiato il processo di negoziazione nei confronti della deroga sugli accordi TRIPS, una proposta presentata all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nell’ottobre 2020 da India e Sudafrica, che permetterebbe ai paesi di sospendere temporaneamente i brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale su farmaci, test diagnostici e vaccini utili per la risposta al Covid-19".

Rafforzare i sistemi sanitari

Ma per fare tesoro delle lezioni apprese durante questa pandemia ed essere pronti ad affrontare le prossime che si verificheranno, non si potrà ignorare come la base di partenza sia il rafforzamento dei sistemi sanitari, anche e soprattutto dei Paesi più fragili. Andranno migliorati sia su scala globale che locale e sarà necessario investire nella salute e nel benessere delle persone. Sarà questa infatti (People) la chiave per garantire un progresso socio-economico solido e condiviso, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile che gli Stati più in difficoltà devono essere aiutati a raggiungere. Anche questo rientra nell'approccio One Health.

Le aspettative degli ambientalisti

Le richieste e le aspettative degli ambientalisti sono quelle che ormai ripetono da anni. Impegni concreti e cambiamenti tangibili, che diano seguito a promesse troppe volte deluse. In occasione del vertice su ambiente e clima che si è tenuto a Napoli lo scorso luglio, diverse associazioni e movimenti tra cui Legambiente, Fridays for Future, Extinction Rebellion, GreenPeace e realtà più locali come i No Tav o i No Grandi Navi si erano riuniti in un controforum il cui nome ufficiale era ECO SOCIAL FORUM, subito ribattezzato Bees against G20. Gli incontri si sono tenuti all'Università Federico II e sono intervenuti alcuni esperti come Vandana Shiva, portavoce dei piccoli agricoltori contro i colossi dell’agrochimica, e Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale.

I Fridays for Future italiani, esclusi da Youth4Climate e PreCop26, avevano inoltre incontrato Mario Draghi proprio durante i due eventi di Milano e avevano spinto affinché l'Italia rivestisse un ruolo predominante al G20 nel chiedere maggiori attenzioni alla crisi climatica.

Nel frattempo Legambiente ha pubblicato il report L'insensata corsa al gas, con il quale chiede che non si ricorra a una nuova fonte fossile in sostituzione del carbone. Ricorda quindi la necessità di investire su rinnovabili e infrastrutture a zero emissioni e mette in guardia contro una transizione ecologica all'insegna del greenwashing.