L’Italia promette 45 milioni di vaccini ai Paesi poveri, ma mezza popolazione mondiale rischia di non riceverlo

Mentre in Europa siamo già partiti con le terze dosi, solo il 2% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo ha ricevuto un vaccino contro il Covid. Al Global Health Summit dell’ONU, che si è concluso ieri, abbiamo parlato di “donare” altre dosi. Ma il rischio che lasciare campo libero al virus favorisca l’emergere di nuove varianti ci riguarda molto più da vicino.
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Giulia Dallagiovanna 24 Settembre 2021
* ultima modifica il 24/09/2021

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha più volte storto il naso nei confronti della terza dose di vaccino. Non per dubbi sulla sua sicurezza o per paura di eventuali effetti collaterali gravi. No, il problema era più vasto e non legato al singolo individuo. Mentre i Paesi ricchi possono permettersi un nuovo boost di anticorpi per alcune categorie di pazienti, in quelli in via di sviluppo si fatica a trovare dosi a sufficienza per riuscire a pungere tutte le braccia presenti. Secondo Our World in Data, mentre il 43,9% della popolazione mondiale ha ricevuto quanto meno il primo inoculo, nelle aree più povere della Terra si è fermi al 2,1% di copertura vaccinale. Ti abbiamo già spiegato in diverse occasioni quanto questo disequilibrio sia un problema anche per noi. Intervenendo al Global Covid-19 Summit, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato che l'Italia è pronta a donare 45 milioni di dosi ai Paesi poveri entro fine anno.

"Siamo pronti a triplicare i nostri sforzi", ha assicurato il premier, consapevole del fatto che "ci sono ancora grandi disuguaglianze" e che di conseguenza "bisogna essere pronti a essere più generosi". "Nel mondo 2,5 miliardi di persone sono vaccinate e un miliardo è parzialmente vaccinato (ha ricevuto una sola dose, ndr.)", ha infine aggiunto.

Una conferma del fatto che dobbiamo donare di più arriva anche da Human Rights Watch. L'Ong ha infatti avvertito che ben il 75% delle dosi prodotte è finito nelle mani di soli 10 Paesi. Ma c'è di più. Le nazioni più ricche non stanno rispettando i patti. Il Regno Unito aveva promesso di donare 100 milioni di dosi, al momento solo 9 milioni hanno lasciato i suoi confini. E ancora, l'Unione europea ha inviato solo l'8% della quantità che le spettava, mentre gli Stati Uniti sono fermi a 140 milioni, molte meno rispetto alle 580 promesse.

A fare i conti è stata Airfinity, società di britannica di analisi scientifica, che ha posto un secondo problema, quasi paradossale a questo punto: in Occidente abbiamo un surplus di 1,2 miliardi di dosi, ma circa 1/5 rischia di venire buttato via. I vaccini infatti sono farmaci e come tali devono essere conservati in specifiche condizioni e somministrati prima della data di scadenza.

I Paesi ricchi avranno 1,2 miliardi di dosi in surplus e rischiano di doverne buttarne via 1/5

Sempre Mario Draghi ha fatto riferimento al programma Covax, gestito dall'Organizzazione mondiale della sanità, il cui scopo è proprio quello di promuovere un accesso equo a questi prodotti e garantirne l'arrivo ai Paesi in via di sviluppo. Ma è proprio Aurelia Nguyen, amministratore delegato di Covax, a far emergere un gap nel sistema: "Attualmente le dosi tendono ad essere condivise in bassi volumi, e con preavvisi brevi, spesso poco prima della data di scadenza, rendono molto difficile dal punto di vista logistico distribuirle ai paesi capaci di gestirle". Questi stati hanno infatti necessità di riceverli almeno due mesi prima che diventino inutilizzabili, per poterne organizzare la somministrazione.

Con i vaccini insomma rischia di ripetersi il solito ritornello: un'ingente ricchezza nelle mani di pochi. Un gruppo ristretto di nazioni che se ne sono accaparrata talmente tanta da averne in esubero, mentre chi ne ha bisogno non è in grado di accedervi e deve pregare che i potenti della Terra si dimostrino così "generosi", per utilizzare un termine emerso proprio durante il Global Health Summit, da concedergliene un po'. Spesso, non abbastanza. E così, finiremo con un parte del Pianeta, piccola, che dovrà porsi il problema dello smaltimento dei farmaci scaduti e un'altra parte, quella più grande, che non avrà nessuna idea di come potrà raggiungere qualcosa di simile all'immunità di gregge.

Possiamo chiudere gli occhi e fregarcene? No. E non solo per un evidente discorso etico. Se siamo disposti a lasciare oltre la metà della popolazione globale senza un vaccino, significa che abbiamo deciso di fare un favore al Coronavirus. Più libero di circolare e quindi di produrre nuove varianti, con il rischio che ne emerga una resistente agli anticorpi e che quindi ci faccia ripiombare in pandemia e lockdown. Anche qui, nei Paesi più ricchi, come d'altronde ci spiegava già ad aprile Rossella Miccio, presidente di Emergency.

Fonti| Our World in Data; Airfinity; Presidenza del Consiglio dei ministri

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