Planet Farms, un modello innovativo e sostenibile di agricoltura nel cuore delle città

Si chiama vertical farming ed è una tecnica avveniristica che consente di coltivare piante su più piani, senza uso di pesticidi, in un ambiente controllato e completamente isolato dall’esterno. I principi cardini di questo sistema? Gestione efficiente delle risorse, in primis dell’acqua, e filiera corta con prodotti di qualità.
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Rubrica a cura di Federico Turrisi
24 Agosto 2019

Zappe, trattori, campi sconfinati all'aperto. Questo probabilmente ti viene in mente se chiudi gli occhi e pensi alla parola agricoltura. Termine che associ alla campagna, non di certo alla grande città. Come potrebbe essere altrimenti? E invece esiste una tecnologia, molto complessa e che necessita di competenze multidisciplinari, che ti consente di piantare su più piani in un ambiente chiuso, e in città. Il tutto riducendo al minimo gli sprechi e l'impatto sull'ambiente.

Stiamo parlando del vertical farming, un concetto che ha affascinato due milanesi classe 1979, Luca Travaglini e Daniele Benatoff, fondatori dell'azienda Planet Farms. Due amici d'infanzia che si sono ritrovati per dare vita a un progetto che promette sviluppi futuri molto interessanti. Tant'è che la prossima primavera a Cavenago, alle porte di Milano, apriranno una delle vertical farm più avanzate del mondo. Ma prima di scoprire di che cosa si tratta esattamente, facciamo un passo indietro. Ci racconta come è nato tutto Daniele Benatoff.

"Io e Luca abbiamo background diversi, ma complementari. Io ho lavorato per tanto tempo nell'ambito finanziario e in quello degli investimenti, privilegiando professionalmente e personalmente il settore della sostenibilità e delle tecnologie agricole. Luca invece è laureato in Bocconi ma ha lavorato in un campo più ingegneristico: è entrato nell'azienda di famiglia, la Travaglini spa, che è leader di settore nella climatizzazione, soprattutto per l'industria dei salumi. Dopo di che Luca ha avuto un brutto problema di salute. Quella esperienza negativa lo ha lasciato con il desiderio di fare qualcosa di positivo. Si è imbattuto proprio in quel periodo nelle prime vertical farms che crescevano in Giappone: gli sembravano una risposta reale e concreta ad alcuni dei problemi che la società odierna deve affrontare."

E così l'idea comincia a prendere forma. Daniele e Luca si mettono a studiare i modelli creati da aziende giapponesi, olandesi e israeliane. Ma si accorgono ben presto che non sono replicabili in Italia; i costi sono troppo elevati. E poi nel nostro paese, come è risaputo, sul cibo non si scherza. Non si possono adottare soluzioni improvvisate, il consumatore italiano è attentissimo (giustamente) alle qualità nutrizionali dei prodotti ed è molto esigente. Decidono allora di avvalersi della collaborazione di un team di esperti, ciascuno con competenze specifiche (biologi, agronomi, chimici, ingegneri) e di aziende leader in aree che sono importanti per il vertical farming, come quella delle luci ("Philips Lighting, per esempio, ci ha dato un grande supporto fin dall'inizio", ricorda Daniele). E così nel 2017 parte l'attività nei laboratori di ricerca di Milano.

Daniele Benatoff e Luca Travaglini

Ebbene sì, in piena città c'è un campo agricolo. Che però si sviluppa in verticale, su più piani, per ottimizzare gli spazi. Al momento vengono coltivate prodotti a foglia come insalate e spinaci, erbe aromatiche come il basilico e germogli; il mercato è rivolto per lo più alla grande distribuzione. "Nelle future evoluzioni della società stiamo pensando anche ai pomodori, a piccoli e ai fiori, commestibili e non, aprendo anche ad altri filoni di mercato come l'industria farmaceutica e quella dei cosmetici", aggiunge Daniele.

A parte la terra, che nelle coltivazioni idroponiche come il vertical farming è assente (le piante vengono alimentate da una soluzione acquosa in cui sono disciolte le sostanze nutritive), gli ingredienti sono gli stessi dell'agricoltura tradizionale: semi e acqua. La differenza però è sostanziale e sta soprattutto nell'approccio.

"Oggi l'agricoltore deve adattarsi a un clima sempre più imprevedibile e a fenomeni meteorologici sempre più estremi. Per farlo segue degli accorgimenti, quindi deve usare anche sementi trattate più resistenti, e usare additivi, che possono essere chimici o biologici, per aiutare la pianta nella crescita e proteggerla dalle malattie, dai parassiti e dalle intemperie. Il vertical farming consente di coltivare all’interno di ambienti controllati e completamente isolati dall’esterno, quindi non c'è bisogno di proteggere la pianta con nessun elemento addizionale: non c'è bisogno di pesticidi, di erbicidi, di niente. È il processo più naturale che si possa avere! L’acqua che entra nell’impianto viene purificata, l’aria è filtrata e al posto del sole usiamo luci LED ad alta efficienza. Ovviamente si tratta di un meccanismo complesso che richiede molta sensoristica e strumentazione tecnologica avanzata."

La filosofia di Planet Farms si basa su due concetti chiave: uso efficiente delle risorse e filiera integrata. Partiamo dal primo. Con questo sistema si arriva a risparmiare fino al 97% di acqua. Il motivo è presto spiegato. Nell'agricoltura tradizionale l'acqua usata per l'irrigazione viene assorbita dal terreno e scende nella falda e spesso viene contaminata da pesticidi e fertilizzanti; non è dunque più riutilizzabile. Invece quello attuato dalla vertical farm è un sistema a circuito chiuso, dove la pianta prende solo l'acqua che le serve. La riduzione dagli sprechi e dell'impatto ambientale si ottiene anche dal fatto che si tratta di una filiera integrata, ossia una filiera più corta in cui tutti i passaggi vengono tenuti sotto controllo.

"Di solito la filiera agricola è molto lunga. Il prodotto viene raccolto nel campo, messo su un camion, mandato a chi lo pulisce, lo trasforma e lo impacchetta. Poi arriva in un centro di distribuzione e finalmente sullo scaffale del supermercato. Da noi invece entra il seme ed esce il prodotto finito, già pronto per il consumo. Pensa anche ai vantaggi a livello ambientale: si riducono le emissioni di gas serra dovute solo al trasporto della merce. In questo modo si riprende il concetto di chilometro zero, superando in più l'ostacolo, chiamiamolo così, della stagionalità. Un particolare prodotto in un determinato periodo dell'anno potrebbe provenire solo da un angolo lontanissimo del mondo. Noi invece riusciamo a produrre lo stesso prodotto in maniera costante, sette giorni su sette, 365 giorni all’anno. Il risultato finale è un alimento bello e buono, sano e sostenibile."

Le innovazioni non finiscono qui. Planet Farms, infatti, sfrutta anche la tecnologia blockchain per tracciare la provenienza e tutta la storia di ogni seme. Nel registro, che è consultabile liberamente dal consumatore e dall’acquirente, vengono organizzate e immagazzinate le informazioni, rese non manipolabili e non modificabili.

Per molti questa è l'agricoltura del futuro. Un modello che potrebbe portare a una migliore gestione delle risorse idriche, a consumare meno suolo e a tagliare in maniera sensibile le emissioni di Co2 che causano il riscaldamento globale. Di certo un obiettivo ambizioso; ma davanti alla sfida del climate change, che sta minacciando la sopravvivenza della stessa specie umana, soluzioni lungimiranti (e coraggiose) come queste sono le benvenute.

Fonte foto| Planet Farms

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Laureato in lettere e giornalista professionista, sono nato e cresciuto a Milano. Fin da bambino ad accompagnarmi c’è (quasi) sempre stato un altro…