Agricola Mpidusa, a Lampedusa si riscopre il valore dell’agricoltura di comunità

L’obiettivo della cooperativa agricola sociale, nata poco più di un anno fa su iniziativa dell’associazione Terra!, è quello di dimostrare che a Lampedusa non esiste solo il turismo, ma è possibile anche fare agroecologia in un luogo considerato un hotspot climatico, arricchendo la biodiversità del territorio e fornendo ai cittadini prodotti a chilometro zero.
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Rubrica a cura di Federico Turrisi
28 Marzo 2021

Qual è il primo pensiero che associ a Lampedusa? Molto probabilmente penseresti a una delle sue bellissime spiagge. Del resto, l'isola più a sud d'Italia è un autentico gioiellino dal punto di vista naturalistico. È nota anche per essere il primo punto di approdo in territorio europeo per molti migranti provenienti dall'Africa che attraversano il canale di Sicilia.

Lampedusa però non è solo questo; è molto altro. Anche per offrire una narrazione diversa dell'isola l'associazione ambientalista Terra! ha dato vita nel marzo 2020 alla cooperativa sociale Agricola Mpidusa. "In realtà, già sei anni prima avevamo avviato a Lampedusa un progetto di orti sociali, grazie anche alla collaborazione con il circolo locale di Legambiente «Esther Ada» e il Centro Diurno di Lampedusa, che ospita persone con disabilità psico-fisiche; la cooperativa è stata una sua naturale evoluzione", spiega Daniele Caucci, responsabile dei progetti di Terra!. "Lampedusa ha una vocazione agricola storica che però negli ultimi anni si è un po’ persa a favore delle attività legate al settore del turismo. Turismo che è concentrato in pochi mesi dell’anno, quelli estivi, ed è mordi e fuggi".

C'è chi però a Lampedusa vive tutto l'anno. Quasi tutti i prodotti alimentari consumati sull’isola, fatta eccezione per il pesce naturalmente, arrivano dal “continente”, cioè dalla Sicilia. Agricola Mpidusa mira invece a recuperare e valorizzare la tradizione agricola dell'isola, fornendo ai suoi abitanti prodotti stagionali e a filiera corta. Una sfida comunque ardua, dal momento che Lampedusa è una terra di confine anche dal punto di vista climatico, in cui le precipitazioni sono scarse e i suoli sono a forte rischio di desertificazione. "Sicuramente è complicato, ma i prodotti qui riescono a crescere. Per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche, per esempio, abbiamo creato appositamente un impianto di irrigazione a goccia per contenere al massimo lo spreco di acqua", aggiunge Caucci.

Ma che cosa si coltiva a Lampedusa? "Adesso stiamo avviando la coltivazione del cappero, che è caratteristico della zona. Durante l’inverno – prosegue Caucci – abbiamo fatto un piano colturale abbastanza variegato, cercando di riscoprire quella che poteva essere la memoria storica dell’isola dal punto di vista agricolo: insalate, cavoli, spinaci, finocchi. Abbiamo piantato 34 varietà diverse per evitare la monocoltura e favorire invece la biodiversità. Collaboriamo inoltre con Tommaso La Mantia, professore del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell'Università di Palermo, che da anni porta avanti progetti di ricerca per il recupero delle sementi antiche di Lampedusa". Il tutto nel rispetto delle stagioni e dei tempi di ogni ciclo colturale, seguendo rotazioni che permettono al terreno di rigenerarsi.

Nonostante quest'anno sia stato funestato dalla pandemia, che ha causato ritardi di tipo amministrativo-burocratico, il lavoro di Agricola Mpidusa sta cominciando a dare i suoi frutti. A partire dallo scorso gennaio è iniziata la vendita dei primi prodotti "sia tramite un fruttivendolo locale, sia recapitando le cassette di verdura direttamente ai cittadini che ne fanno richiesta".

Da una parte quindi c'è l'attenzione per l'ambiente, con la dimostrazione che si può provare a far fiorire un modello di agricoltura ecologica anche in una delle zone più sensibili al cambiamento climatico. Dall'altra c'è l'attenzione per l'aspetto sociale: un progetto pensato per la comunità, che restituisce valore e dignità a chi lavora la terra e, perché no, offre opportunità anche ai giovani, che non trovando alternative a un impiego nel settore turistico preferiscono andarsene dall'isola. "Il nostro auspicio adesso è che la cooperativa riesca a sostenersi da sola e a trovare nel tempo un'autosufficienza economico-produttiva che le permetta di portare avanti le sue attività", conclude Caucci. Non si tratta di sfruttare il territorio, si tratta di prendersene cura, con impegno e passione. Ci pensa poi la natura a ripagare tutti gli sforzi. Per la gioia dei consumatori, che sanno di acquistare un prodotto genuino ed etico.

Credits Photo: Terra!

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Laureato in lettere e giornalista professionista, sono nato e cresciuto a Milano. Fin da bambino ad accompagnarmi c’è (quasi) sempre stato un altro…