Prevedere i movimenti delle frane per limitarne i danni: i risultati di un importante studio italiano

Partendo dall’osservazione scientifica della frana di Spriana, in Lombardia, i ricercatori dell’Università Milano-Bicocca, in collaborazione con i colleghi della Sapienza di Roma, hanno raccolto informazioni utili per l’elaborazione di modelli di previsione del rischio più affidabili, in modo da garantire in futuro una maggiore sicurezza alle persone e alle infrastrutture.
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Federico Turrisi 11 Giugno 2020

L'Italia è tra i Paesi più belli del mondo, ma è anche estremamente fragile. Quante volte avrai sentito parlare di dissesto idrogeologico e di messa in sicurezza del territorio nazionale? Nel corso dei decenni l'Italia è stata ferita da frane che hanno provocato morte e distruzione: pensa solo alla tragedia del Vajont, nell'ottobre 1963.

Un recente studio realizzato dai ricercatori dell'Università Milano-Bicocca, in collaborazione con l'Università La Sapienza di Roma, è andato a indagare i meccanismi fisici che determinano proprio l'attività delle frane. Gli scienziati hanno dunque studiato i movimenti della grande frana di Spriana (in provincia di Sondrio) e condotto diversi esperimenti in laboratorio sul materiale naturale prelevato in quell'area.

È emerso che le grandi frane si evolvono in maniera silenziosa anche per migliaia di anni e sono caratterizzate da movimenti molto lenti, di pochi millimetri all’anno. Tali movimenti però, a causa degli agenti atmosferici e dell'attività umana (vedi alle voci cementificazione e consumo di suolo) possono subire una brusca accelerazione e provocare un collasso di proporzioni potenzialmente catastrofiche. Un ruolo chiave, inoltre, è svolto dal cambiamento climatico: piogge sempre più intense e scioglimento della neve in alta quota contribuiscono infatti ad aumentare il rischio di frane e smottamenti.

L'obiettivo della ricerca è fornire indicazioni per lo sviluppo di modelli di previsione del rischio più affidabili così da prevenire eventi di questo tipo. "Il nostro lavoro sperimentale, riproducendo quantitativamente la risposta di una frana reale, fornisce chiare evidenze dei diversi meccanismi fisici che regolano la transizione «slow to fast» delle grandi frane e contribuisce a una migliore comprensione dei complessi fenomeni che governano l’instabilità e il potenziale collasso delle grandi frane", spiega Federico Agliardi, geologo del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca. "In questo modo sarà possibile migliorare i modelli e le metodologie di previsione per mitigare i rischi e garantire la sicurezza di persone ed infrastrutture". E l'Italia ne ha un urgente bisogno, aggiungiamo noi.

Fonte | "Slow-to-fast transition of giant creeping rockslides modulated by undrained loading in basal shear zones" pubblicato su Nature Communications il 12 marzo 2020.