Spettacolo a domicilio: il Teatro Delivery di Marica e Roberta riporta l’arte nei cortili delle case milanesi

Un cortile, una piazzetta, un parco. E due artiste che non vedono l’ora di farlo vivere per gli spettatori affacciati ai balconi o seduti sulle panchine. A Milano (e anche altrove) il Teatro Delivery porta l’arte direttamente a domicilio, regalando a chi lo desideri un piccolo spazio di felicità.
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Rubrica a cura di Sara Del Dot
17 Febbraio 2021

Uno spettacolo teatrale direttamente a casa. O meglio, sotto il balcone o la finestra. Una pièce di circa mezz’ora in cui lasciarsi trasportare nel pieno di quell’arte di cui da mesi siamo costretti a fare a meno, portata a domicilio da due professioniste che hanno deciso di praticare una resistenza quotidiana che risponda al blocco della loro attività professionale e di portare il teatro, la loro vita, direttamente da chi vuole averne un assaggio.

L’hanno chiamato Teatro Delivery e, in effetti, proprio di delivery si tratta. La differenza è che al posto della cena portano una pièce scelta dai loro spettatori.

Le due teatranti, Marica Mastromarino e Roberta Paolini, si sono conosciute all’interno della Brigata Franca Rame dove si occupavano di portare pacchi alimentari alle famiglie milanesi in difficoltà.

Poi, a novembre, sulla spinta del Barbonaggio Teatrale di Ippolito Chiarello, fondatore delle Usca, Unità speciali di continuità artistica, si sono unite proponendo un tipo di teatro diverso, che soddisfasse la necessità di riconnettersi con quest’arte e con il pubblico ma anche di tenere alta l’attenzione sul bisogno di riconoscimento della categoria e sui diritti dei lavoratori dello spettacolo, da mesi ormai privi di adeguato sostegno. Oggi Marica e Roberta vengono contattate ogni giorno per esibirsi davanti a chi, del teatro, ha nostalgia.

“Funziona proprio come un food delivery”, ci racconta Marica. “Sulla nostra pagina Facebook abbiamo un menù con le proposte, il pubblico ci contatta direttamente sui social e ordina quello che vuole.”

Tra le opere a disposizione ci sono pezzi del repertorio di ciascuna delle due teatranti, tratte anche dai loro spettacoli, oltre a un menù speciale dedicato ai grandi e ai bambini. Gli autori spaziano da Gianni Rodari, Dario Fo, Stefano Benni, Carlo Goldoni e, ci fa sapere Marica, in futuro anche Sarah Kane. Ma è anche possibile avanzare una richiesta specifica, proporre un testo e lasciare che le artiste affrontino la sfida posta dallo spettatore.

Un’occasione, quella del Teatro a domicilio, per ritrovare il contatto con l’arte che negli ultimi mesi è venuto drasticamente meno, ma anche per imparare a godere di uno spettacolo in modo diverso e più coinvolgente. Francesca, ad esempio, ha regalato una pièce a sua figlia di 13 anni e ai suoi amici, consentendo loro di vivere un’esperienza lontana dagli schermi dei computer in cui durante il giorno restano immersi per troppo tempo.

“Sono sempre stata un’appassionata di teatro perché l’ho studiato e ci ho lavorato”, racconta Francesca. “Quando sono venuta a conoscenza di questa iniziativa ho pensato sarebbe stato un bel regalo di compleanno per mia figlia. Quel giorno ha incontrato nel parco sotto casa alcuni amici e, a sorpresa, sono stati raggiunti dalle due attrici che li hanno fatti accomodare sulle panchine come se fossero dei veri spettatori alla ricerca del proprio posto a sedere.”

La pièce concordata era “La fame dello Zanni” di Dario Fo, naturalmente rivisitata. Uno spettacolo adatto a tutte le età. A dimostrazione di questo, ad assistere era presente anche la madre di Francesca, per un totale di tre generazioni unite da un appassionante momento fuori dal tempo.

“Lo spettacolo è andato benissimo, loro sono state coinvolgenti e hanno interpellato molto i ragazzi che sono stati davvero presi dalla scena e dalla gestualità. È stato un bel modo di stare insieme e fare un’esperienza diversa, costruttiva e culturale”.

“Le persone che ci chiamano sono soprattutto famiglie e persone a cui manca molto il teatro, racconta Marica. “Alcuni ci chiamano anche più volte come se fossimo l’appuntamento teatrale della settimana. Però ci sono anche persone che si affacciano e si incuriosiscono. È il nostro modo di far conoscere il teatro anche a chi non se ne è mai interessato”.

Una cultura che arriva da tutti e dappertutto, anche nei luoghi più strani.

“Ci esibiamo in cortili privati, cortili condominiali, ultimamente siamo state su un terrazzo all’ottavo piano di un palazzo, in un sottopassaggio di Segrate perché pioveva, Roberta si è trovata davanti all’hangar Bicocca in una situazione molto surreale…L’importante è che gli spettatori siano al massimo sette persone.”

Eh sì, perché con la pandemia anche il teatro a domicilio può contare su un numero ristretto di spettatori. Spettatori a cui l’accesso alla platea è precluso ormai da troppo tempo. Così come il palco per gli artisti.

“Il Teatro Delivery significa tante cose. Significa tornare a lavorare, re-incontrare il pubblico, ma anche consentire al pubblico stesso di avvicinarsi a una nuova forma di teatro, che è diversa da quella tradizionale. Dobbiamo tenere vivo questo rapporto, questo patto necessario tra artista e spettatore. Ce lo dimostrano tutti i giorni le persone che richiedono i nostri piccoli spettacoli, con il loro corpo e la loro presenza, che noi non siamo soltanto oggetti, che non siamo un bene di consumo e sfruttamento ma siamo esseri umani, abbiamo bisogno di socialità e comunità. Inoltre, questa attività ci consente di far riconoscere che il nostro è un mestiere vero e proprio, infatti va pagato anche se poco.”

Una vera e propria resistenza, una forma di disobbedienza civile per riconoscere l’artista e, soprattutto, la persona e il lavoratore. E per portare un po’ di vita tra le case in cui siamo rinchiusi da tempo.

“Per noi è stata una rinascita, un modo per respirare di nuovo racconta Marica. “E penso sia così anche per il pubblico, perché ci ringraziano ogni volta. È sempre difficile salutarci, perché a differenza del teatro tradizionale in cui lo spettatore si siede e poi se ne va, ora c’è un arrivo, un incontro e una separazione. Dopo gli applausi bisogna salutarsi come esseri umani.”

“Questa iniziativa rappresenta la voglia di dimostrare che il teatro è vivo, che può essere fatto ovunque e che la pandemia non può fermarlo conclude Francesca. “Basta che ci sia sintonia, voglia di ascoltare, desiderio di esserci, nello stesso momento, nel qui e ora, emozionandosi insieme”.

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Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…