Sprechi alimentari: quando con il cibo butti via anche acqua, suolo, energia e rispetto

Quando butti via del cibo, non ti stai soltanto liberando di qualcosa che non vuoi più consumare o di un prodotto scaduto. Con quel cibo, infatti, stai gettando nell’immondizia risorse idriche, energia, suolo e tanti altri fattori che hanno contribuito a produrlo. E l’impatto sociale, economico e ambientale è enorme.
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Rubrica a cura di Sara Del Dot
30 Settembre 2019

Ogni anno il 30% del cibo prodotto nel mondo viene sprecato. Ciò significa che oltre un terzo della produzione alimentare finisce letteralmente nella pattumiera, accompagnata da tutto ciò che la sua realizzazione ha comportato, oltre al rispetto nei confronti di chi, grazie a quel cibo, potrebbe sopravvivere.

In Italia sprechiamo a testa 36 kg di cibo ogni anno, con una media complessiva di 2,2 milioni di tonnellate di alimenti. Nel mondo, si parla di circa 1,3 miliardi di tonnellate a fronte di circa un miliardo di persone che vivono senza avere cibo sufficiente a disposizione. Sul sito del Ministero della Salute si legge che ogni anno lo spreco alimentare costa 1.000 miliardi di dollari in tutto il mondo, che salgono a 2.600 se si considerano anche l’impatto ambientale e i costi di produzione. Solo in Italia, si parla di 15 miliardi di euro.

Eh già, perché l’impatto dello spreco alimentare è ben visibile anche in termini ambientali. Ma qual è l’origine di tutta questa situazione? Per rifletterci nel modo corretto, innanzitutto è importante far uscire lo spreco alimentare dalle mura di casa tua. Certo, nel nostro piccolo noi vediamo quasi esclusivamente l’avanzo della cena di cui non abbiamo più voglia o lo yogurt dimenticato per troppo tempo in fondo al frigo che purtroppo non è più mangiabile. Eppure il problema dello spreco alimentare inizia molto prima della fine del tuo pasto. Infatti, il cibo che viene buttato spesso non arriva nemmeno al piatto. Perché brutto, perché danneggiato, perché scaduto o in scadenza quando è ancora sugli scaffali degli esercizi commerciali. Una gran parte dello spreco alimentare, infatti, ha luogo nelle fasi produttive dell’alimento. E le conseguenze di questo spreco coinvolgono tutti. Perché a essere sprecato non è soltanto un pezzo di carne o mezzo litro di latte. A finire nell’immondizia è un’enorme quantità di acqua, energia, suolo, forza lavoro necessaria alla produzione di quel piatto che hai appena gettato e le cui implicazioni non riesci a comprendere davvero.

Secondo il rapporto Waste Watcher 2015, solo in Italia il 32% del cibo si perde nella fase di produzione agricola (510 milioni di tonnellate); il 22% (355 milioni) si spreca nelle fasi successive alla raccolta e nello stoccaggio; l'11% (180 milioni) va perso durante la lavorazione industriale; il 22% (345 milioni) è lo spreco domestico e il 13% si spreca durante la distribuzione e nella ristorazione. Percentuali inquietanti, che impattano sia sulla società che sul mondo in cui vivi. Perché non stai sprecando solo del cibo, ma moltissime altre cose.

In questo articolo cercherò di accompagnarti nelle conseguenze degli sprechi alimentari, spiegandoti tutti i motivi per cui possono essere definiti nemici del Pianeta.

Emissioni

Secondo il rapporto Ispra “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”, gli sprechi alimentari provocano emissioni per 3,3 miliardi di tonnellate di CO2, il 7% del totale dei gas serra nel mondo. Ciò significa che se lo spreco alimentare fosse uno Stato, sarebbe il terzo emettitore di gas serra dopo la Cina e gli Stati Uniti. Queste emissioni derivano per il 34% dai cereali, per il 21% dalla produzione della cane e ancora per il 21% dalla coltivazione degli ortaggi, ma anche dai cambi di uso del suolo dovuti ad agricoltura e zootecnia, con conseguenti fenomeni di deforestazione e disboscamento, ma anche dalla combustione di fonti fossili per usi energetici, di cui parleremo nel punto successivo. E non si tratta soltanto di CO2. Le emissioni dovute alla produzione alimentare riguardano anche il metano emesso dagli allevamenti intensivi per la produzione di carne, dall’ossido di azoto per la fertilizzazione delle colture e inquinanti provenienti dal trasporto del cibo da un punto all’altro del mondo.

Energia

Oltre un quarto dell’energia usata nel mondo viene destinata alla produzione e alla fornitura di cibo. A partire dai mezzi impiegati per la produzione dell’alimento e i meccanismi di fertilizzazione fino all’energia necessaria a far funzionare in modo efficiente tutte le strutture delle GDO (Grande Distribuzione Organizzata), per accogliere e conservare il cibo, per far funzionare i frigoriferi e banchi di surgelati, per gli impianti di climatizzazione e l’illuminazione artificiale. Il fattore pericoloso è che gran parte dell’immensa quantità di energia richiesta e impiegata nell’ambito della produzione alimentare proviene da fonti fossili.

Suoli agricoli

Sempre secondo il sopra citato rapporto Ispra, circa l’80% dei suoli agricoli del mondo è impiegato per produrre cibo per animali da allevamento e non per essere destinato all’essere umano. Così facendo, si produce un’immensa quantità di cereali, mais e altre colture che potrebbero essere destinate a sfamare le popolazioni più indigenti, ma vengono invece portate agli allevamenti bovini e suini per la produzione di carne. In questo modo, si spreca un prodotto alimentare il cui impiego potrebbe invece essere ottimizzato per alzare la qualità della vita di diverse popolazioni.

Acqua

L’agricoltura è il maggiore consumatore di risorse d’acqua nel mondo. L’utilizzo dell’acqua per fini alimentari, infatti, copre complessivamente l’89% del consumo complessivo. Per produrre il cibo che una sola persona mangia ogni giorno sono necessari dai 2000 ai 5000 litri d’acqua. Naturalmente, la maggior parte dell’acqua dolce destinata a fini alimentari viene impiegata nell’industria della carne e dei latticini, sia per abbeverare direttamente gli animali sia per produrre i foraggi necessari al loro nutrimento. Ti basti pensare che per un solo chilo di carne di manzo sono impiegati 108 metri cubi di acqua.

Rifiuti solidi e imballaggi

Lo spreco di cibo, in particolare quello che avviene nei supermercati e tra le mura domestiche, porta con sé anche la produzione di rifiuti non organici, come ad esempio gli imballaggi e il packaging in plastica che seguono l’alimento nella pattumiera ma il cui ciclo di smaltimento è decisamente più dannoso e non si esaurisce certo nel compost.

Che fare quindi?

Secondo un’analisi di Coldiretti, l’acquisto di cibo nei sistemi a filiera corta taglierebbe gli sprechi e le loro conseguenze di circa il 60%. Sarebbe quindi importante dedicarsi ad acquisti mirati, a piccole dosi, con una lista ben pensata e da cui cercare di non sgarrare. Il cibo dovrebbe provenire da un ciclo produttivo rispettoso dell’ambiente e in cui le grandi quantità lasciano spazio a una migliore qualità.

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Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…