Avorio, pelli pregiate, corni, ossa e strani medicinali. Prodotti preziosissimi, desiderati da molti ma la cui realizzazione comporta un danno enorme per gli ecosistemi di tutto il mondo. Molto spesso, infatti, questi materiali vengono raccolti attraverso un prelievo illegale in varie zone del mondo, da gruppi criminali organizzati e sempre più diffusi.
È il bracconaggio, un fenomeno dannoso, pervasivo, combattuto, che ogni anno miete milioni di vittime fatturando decine di miliardi. Macchiati di sangue. Si tratta infatti di un’attività di caccia illegale, che ignora completamente le normative vigenti ed è finalizzata a far arrivare in Paesi lontani (e ricchi) oggetti preziosi e materiali derivanti dalla cattura indiscriminata e illecita di specie rare, in via di estinzione e caratteristiche di località spesso in via di sviluppo che dalla presenza di questi animali (vivi) potrebbero avere un ritorno economico di natura turistica. Ma non solo. Viene identificato come bracconiere anche chi semplicemente cattura o uccide specie protette o chi caccia in zone soggette a divieto o in periodi non autorizzati.
Il bracconaggio, accompagnato dal commercio di specie a rischio, è infatti, oltre che un fenomeno tristemente diffuso, inevitabile causa dell’impoverimento degli ecosistemi di tutto il mondo, avendo portato diverse specie animali sul ciglio dell’estinzione.
A questo proposito, nel 2018 il WWF ha pubblicato il rapporto “Bracconaggio Connection” in cui ha raccolto dati, cause e implicazioni di un fenomeno estremamente che sembra impossibile da fermare. Secondo questo documento, il bracconaggio rappresenta un vero e proprio business da oltre 20 miliardi l’anno. Da cui è impossibile separare il fenomeno della pesca illegale, che da sola comporta un giro da 11 a 30 miliardi ogni anno. Gli animali vengono braccati, catturati e uccisi per la loro pelle, i loro denti, le loro ossa, e per la realizzazione di “pozioni”, medicinali e talismani.
Secondo l’Unodc, Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, nel mondo sono almeno 7000 le specie animali minacciate dalle attività di bracconaggio. L’elefante per le zanne, così come il tricheco, il rinoceronte per il corno, il pangolino per la carne e le sue scaglie “magiche”, la tigre per la pelle e varie parti del corpo utilizzate per pozioni e medicinali. E così tantissimi altri animali, che i ranger fanno fatica a difendere da una rete criminale sempre più organizzata che riesce a coinvolgere una filiera lunghissima in grado di attraversare interi continenti trasportando questi animali anche attraverso l’oceano ed espandendosi anche in Rete. Infatti, moltissime specie naturali riescono a essere illegalmente venute attraverso Internet.
Gli effetti di queste attività sono devastanti. In dieci anni, sono stati uccisi e commercializzati un milione (un milione!!) di pangolini, mentre il 78% delle morti delle tigri di Sumatra è dovuto al bracconaggio. Nel corso di un solo secolo, poi, la popolazione di elefanti presente sul Pianeta è diminuita del 90%, 20% solo negli ultimi dieci anni.
Ma le ricadute del bracconaggio non coinvolgono soltanto il Pianeta. Infatti, sottrarre specie importanti e caratteristiche di determinate località in via di sviluppo può danneggiare molto l’economia delle comunità, che diventano meno attraenti dal punto di vista turistico a causa della perdita di biodiversità e specie rare e preziose che offrono un valore aggiunto alla zona. Secondo i dati 2016 dell’Unep, il mercato del bracconaggio e del commercio illegale sottrae annualmente tra i 91 e i 258 miliardi alle economie dei paesi.
Anche in Italia la situazione è drammatica. Uccelli, rapaci, orsi, lupi e altre specie vivono in costante pericolo di vita a causa dei bracconieri. Nel 2017, i dati raccolti dalle Forze dell’Ordine hanno registrato 20 infrazioni, 16 persone denunciate e quasi 7 sequestri ogni giorno.
Fonti | The Rise of Environmental Crime Unep, Bracconaggio Connection WWF