Stop alle ultime tre centrali nucleari in Germania, il 15 aprile smetteranno di funzionare

Domani la Germania spegnerà per davvero i suoi ultimi tre impianti atomici. Erano rimasti attivi per far fronte all’emergenza energetica provocata dalla guerra in Ucraina.
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Kevin Ben Alì Zinati 14 Aprile 2023

C’è lo stop, questa volta per davvero. Anche le ultime tre centrali nucleari rimaste attive in Germania verranno spente: quello guidato dal cancelliere Olaf Scholz si appresta quindi a tornare un Paese senza atomo.

Gli impianti di Isar 2, Emsland e Neckarwestheim 2, situati in Baviera, Baden-Württemberg e nella Bassa Sassonia domani, sabato 15 aprile, di fatto smetteranno di funzionare. Nel 2022, avevano permesso alla Germania di produrre circa il 6% del proprio fabbisogno di energia elettrica.

Secondo il piano anti-nuclearista voluto dal nuovo governo, la spina delle tre centrali avrebbe dovuto essere staccata già alla fine dello scorso anno ma l’emergenza energetica provocata dalla guerra in Ucraina aveva spinto al dietrofront, con il duplice obiettivo di salvaguardare il proprio sostentamento e limitare la dipendenza dalla Russia.

Lo smantellamento delle ultime tre centrali tedesche rappresenta un passo importante per la Germania ma anche tassello decisivo per l’attuale puzzle energetico europeo. Con il preoccupante avanzare della crisi climatica, infatti, politica, scienza e società ormai da tempo stanno riflettendo su tutti i potenziali alleati per una produzione di energia più pulita e sostenibile e sul tavolo è arrivato inevitabilmente anche il fascicolo dedicato alla tecnologia nucleare.

La presa di posizione di un player così importante come la Germania, è certo, avrà una eco non indifferente, in questo senso.

Come puoi immaginare, lo stop ha trovato il plauso dei gruppi ambientalisti internazionali e della frangia verde del governo tedesco, convinti le fonti rinnovabili siano il vero alleato per la transizione energetica in risposta al cambiamento climatico.

Dalla loro ci sarebbero i numeri. Quelli dei primi tre mesi del 2023, durante i quali l’atomo avrebbe contribuito alla produzione di elettricità del paese solo per il 4% del totale e quelli della crescita delle rinnovabili, passate dal 42,3% del 2021 al 46,3% del 2022 e nei primi mesi e al 51% del primo trimestre del 2023.

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A fare da contraltare tuttavia c’è tutta l’atra fetta di politici e scienziati sicuri che lo stop agli impianti nucleari sia un danno non solo per la Germania, costretta a velocizzare la propria produzione energetica da altre fonti, ma anche per l’Europa stessa.

Che l’atomo fosse un tema estremamente divisivo non lo scopri oggi. Ne hai avuto una prova l’estate scorsa, quando l’Europa si è ritrovata spaccata in due di fronte all’autorizzazione della tassonomia per la finanza sostenibile oppure a inizio anno, quando la Francia si è fatta promotrice di un’alleanza nucleare con altri 12 Stati per promuovere a gran voce il ruolo dell’atomo come uno degli strumenti per raggiungere i nostri obiettivi di neutralità climatica”. 

Una simile polarizzazione, spesso sorda, rigida e sterile esiste e, come ti abbiamo spiegato, appartiene alla narrazione del nucleare da sempre ed è diventata ancora più forte dopo gli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Oggi, però, che in ballo c’è qualcosa di decisamente più urgente, questa polarizzazione rischia di rappresentare solamente un limite.

Tornando alla Germania, quello di domani sarà l’ultimo giorno di vita delle tre centrali ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che il Paese diventi “nuclear free” dal momento che, come sai, il processo di decomissioning sarà molto lungo e potrebbe richiedere anche anni.

Nel frattempo, in Europa non sparisce. Ad oggi si contano diverse centrali atomiche ancora attive: 56 in Francia, 15 in Ucraina, 9 nel Regno Unito e 7 in Spagna. Non dimenticare poi quelle in Svezia e Repubblica ceca (6), in Finlandia, Belgio, e Slovacchia (5), in Svizzera e Ungheria (4), in Romania e Bulgaria (2) e, infine, in Bielorussia, Olanda e Slovenia (1).