Vivere in un ecovillaggio: Giulia e il valore di un’esperienza fuori dal comune

Giulia è una giovane madre di 26 anni che da tempo ormai è vicina al mondo degli ecovillaggi. Nel raccontare la sua esperienza, consiglia a tutti di provare a trascorrere un periodo in uno di questi luoghi, luoghi in cui recuperare consapevolezza su se stessi e sul mondo che ci circonda.
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Rubrica a cura di Sara Del Dot
3 Novembre 2020

Fino ad ora abbiamo parlato degli ecovillaggi soltanto in teoria. Abbiamo raccontato cosa sono, dove si trovano e come contattarli. Abbiamo approfondito cosa significhi ambire all’autosufficienza, in tutte le sue diverse sfaccettature. Ciò che ancora non avevamo affrontato è come si vive all’interno di un ecovillaggio e cosa significa trascorrere anche solo un periodo della propria vita facendo parte di una struttura sociale e comunitaria di questo genere. Per capirlo lo abbiamo chiesto a Giulia Di Lorenzo, in arte Amaly, una giovanissima mamma di 26 anni originaria di Roma, da anni vicina al mondo degli ecovillaggi e in generale all’universo olistico. La sua ultima esperienza risale ad appena qualche mese fa. Ha trascorso quattro mesi, da marzo a giugno, all’interno dell’ecovillaggio portoghese Tribodar in compagnia del suo compagno e del suo bambino.

“Quello che ho vissuto io è stato un percorso graduale di ricerca interiore. In pratica più crescevo più mi indirizzavo verso una vita più consapevole, che mi ha portata a ragionare in modo profondo su temi come la salute e l’ecologia. A quel punto il mondo degli ecovillaggi è venuto da sé. La mia prima esperienza è stata in Ecuador, avevo 23 anni. Lì ho scoperto che anche in Italia esistevano tante di queste realtà, raccolte nella Rive. Avvicinandomi a questo mondo ho anche conosciuto il mio attuale compagno, con cui poi mi sono trasferita per quattro mesi in Portogallo, a Tribodar.”

Tribodar è un ecovillaggio in Portogallo in cui vivono principalmente famiglie che desiderano crescere ed educare i loro bambini in modo diverso, più libero, mettendosi in contatto con altre famiglie che hanno la stessa idea di socialità. Cosa che anche Giulia ha scelto di fare con suo figlio.

“In quel periodo, in cui era tempo di Covid e quindi abbiamo fatto anche una mini-quarantena, eravamo tre famiglie e alcuni volontari. C’eravamo io, il mio compagno e il nostro bimbo che aveva 3 mesi, poi un’altra famiglia, che erano i proprietari, con un bambino di 9 anni e un’altra mamma con una bimba di 2. Le famiglie contribuiscono dall’interno, vivendolo, poi ci sono i volontari che sono fondamentali per mandare avanti il progetto, perché con il loro aiuto pratico riescono ad aiutare l’ecovillaggio a sostenersi e diventare più autosufficiente possibile. Il concetto di base è comunque la volontà di immergersi nel progetto e dare ciò che si può e che si ha.”

Come sappiamo, poi, il fulcro delle attività dell’ecovillaggio sono improntate sul raggiungimento di un certo livello di autosufficienza.

“L’autosufficienza è sempre un work in progress, in questa come nelle altre realtà. È un processo lento e bisogna essere molto pazienti, perché per essere autosufficienti da subito ci vogliono davvero tante disponibilità. A Tribodar l’autosufficienza è soprattutto alimentare, infatti moltissime energie erano indirizzate all’orto, all’agricoltura. C’è questo ragazzo, Gigi, che applica il metodo dell’agroforestazione, che rientra nella permacultura, con l’obiettivo di rendere il suo orto completamente autosufficiente e autorigenerante, senza la necessità di attingere a fonti esterne, come un unico ciclo vitale. Un altro aspetto in cui si punta all’autosufficienza è l’edilizia, la costruzione delle abitazioni. Tutte le costruzioni dell’ecovillaggio sono infatti realizzate utilizzando materiali sostenibili come legno, paglia, argilla e ciascun abitante costruisce la propria. Noi eravamo andati lì proprio per costruire la nostra casetta e l’abbiamo quasi finita.”

Anche se l’aspetto forse più coinvolgente di questo genere di vita, racconta Giulia, sono i rapporti sociali, l’umanità che lì si respira.

“La cosa bella di questi posti, e di Tribodar in particolare, è che vi si trovano persone con cui è possibile stare a proprio agio, essere se stessi, senza tutte le convenzioni che nella vita cui siamo abituati ci costringono a restare in superficie, senza davvero andare in profondità. Io è da tanto tempo che ho capito che nella mia vita desidero soltanto avere relazioni che mi aiutino a essere me stessa, a capire chi sono e come scoprirlo sempre di più. In posti come questi si è più agevolati a essere chi ci si sente di essere, senza essere giudicati. E questa è una, se non la cosa più bella che mi porto dietro da queste esperienze. Le relazioni vere, genuine che si creano.”

Ora che è tornata, Giulia sta facendo un corso per diventare insegnante di yoga e ha in mente tanti progetti per il futuro suo e della sua famiglia.

“Siamo tornati in Italia perché volevamo portare avanti altri progetti. Per la nostra vita cerchiamo un po’ una via di mezzo. Sicuramente non siamo andati via perché non ci piace la vita da ecovillaggio, anzi, la maggior parte delle cose che abbiamo trovato lì le vogliamo nella nostra vita. Quando saremo pronti sicuramente ci torneremo. Sicuramente per il mio futuro ciò che vorrei è una vita in natura, fuori dalla città anche se non proprio lontanissimo, magari in campagna o vicino al mare, avvicinandoci sempre di più a questo stile di vita semplice, minimale, sostenibile, intessendo contatti veri e profondi con le persone”.

Dalle parole di Giulia, risulta evidente come l’esperienza di vita in un ecovillaggio non sia cosa “per pochi”, ma anzi, quasi tutti ne avrebbero bisogno, anche solo per poco tempo.

“Personalmente io consiglio a tutti un’esperienza in un ecovillaggio, anche perché ogni realtà è diversa. Ci sono gli ecovillaggi un po’ più spartani, quelli un po’ più ‘comodi’, c’è la scelta per chi è più abituato a stare in natura e ci sono gli ecovillaggi in cui si può andare più gradualmente per proseguire una vita più urbana, cittadina. Io consiglio di farlo perché può insegnare tanto, può aiutare a fornire consapevolezze che per forza di cose sono importanti, anche se non ci si pensa mai, come l’ecologia, la sostenibilità, i rapporti umani.”

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Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…