Yuliia Samofal: la pediatra ucraina che dall’Italia cura i bambini grazie ai social

Yuliia Samofal è una pediatra scappata dall’Ucraina in Italia per sfuggire alla guerra. E da qui ha continuato a seguire i suoi piccoli pazienti grazie a email, social e internet.
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Kevin Ben Alì Zinati 24 Febbraio 2023

Internet, per Yuliia, è la finestra sulla propria casa. Ormai un anno fa, quando la Russia di Vladimir Putin ha portato la guerra e le bombe sopra e dentro le case di milioni di ucraini, Yuliia è scappata dal suo Paese e da allora, a Kiev, non ci è più tornata.

Ha rimesso piede a casa sua solo lo scorso ottobre, e solo per due settimane. Quindici giorni in mezzo alle macerie, alle abitazioni rase al suolo dai missili, alla devastazione della follia umana.

La maggior parte delle informazioni che Yuliia ha appreso sull’Ucraina e sulla sua città, in questi mesi, arrivano quindi dal web. Dai reportage dei giornalisti o da foto e video dei suoi compatrioti, che utilizzano il megafono dei social per raccontare la guerra e denunciarne le barbarie.

un’altalena si trova vicino a un edificio distrutto in una zona di Kharkiv che è stata gravemente danneggiata dai russi il 24 gennaio 2023 a Kharkiv, in Ucraina. Quasi un anno dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha invaso la vicina Ucraina, entrambi i paesi sono impegnati in una feroce battaglia per il controllo delle aree dell’Ucraina orientale e meridionale. Photo credit: Spencer Platt/Getty Images.

Quando è fuggita, Yuliia è venuta in Italia. Ha soggiornato per qualche mese a Schio, a casa di un’amica che ha offerto una stanza a lei, a sua figlia Marina e ai suoi gatti, poi si è stabilita a Vicenza. Ed è qui che internet è diventato anche lo strumento che le permette di lavorare.

Yuliia però non fa un lavoro qualunque. È una pediatra e attraverso il web, le email e social network come Telegram e Instagram ha continuato e continua a curare piccoli pazienti nonostante la distanza. Nonostante la guerra.

Quella di Yuliia Samofal è una storia pazzesca che è stata raccontata dai colleghi del Giornale di Vicenza. L’hanno incontrata in un bar nel centro della città che ormai è diventata una sua seconda casa una mattinata di febbraio e in un’intervista traboccante di commozione, che arriva a ogni parola, Yuliia ha cominciato a raccontare.

La telefonata ricevuta dal marito quel 24 febbraio 2022 (“Yuliia, è iniziata la guerra” ripetuto incredulo per due volte), il frastuono delle bombe che esplodono dall’altra parte del telefono e poi la fuga senza la famiglia, mentre il suo mondo andava in pezzi.

Mentre i primi missili cadevano su Kiev Yuliia si trovava in Polonia, suo marito e sua figlia Marina, di soli 8 anni, erano invece fuggiti in un villaggio al confine con la Polonia, in una casa insieme ad altre famiglie.

Per quasi un mese Yuliia e la sua famiglia sono rimasti lontani, divisi. Si sono ritrovati solo il 20 marzo, quando è riuscita a raggiungere il villaggio al confine polacco. Qui Yuliia e la sua famiglia si sono stretti forte l’uno all’altra, si sono guardati negli occhi e poi si sono separati di nuovo.

Con la decisione più difficile della sua vita, Yuliia ha preso Marina ed è andata via. È scappata, un’altra volta. È scappata in Italia. Suo marito invece è rimasto in Ucraina insieme a tutti gli altri uomini giovani. Lavora nel settore delle apparecchiature medicali e il suo Paese aveva bisogno di lui.

In Ucraina Yuliia aveva appena aperto degli ambulatori pediatrici e con altre colleghe aveva iniziato a prendersi cura di diversi piccoli pazienti: l’inizio della guerra però ha distrutto tutto.

Ce l’ha raccontato anche Olena Stryzhak, che con Positive Women si occupa di fare assistenza alle mamme con HIV. Le bombe hanno raso al suolo ospedali e strutture sanitarie, ha interrotto il flusso di farmaci salvavita, come gli antiretrovirali. L’invasione russa ha attentato alla vita non solo sganciando i missili: ha messo in ginocchio un paese privandolo del normale corso del suo sistema sanitario.

Anche quando è arrivata in Italia Yuliia non ha visto un paziente per mesi. Insieme ad altri colleghi ha provato ad accedere ai bandi del ministro della Salute che prometteva di far lavorare per un anno almeno i medici ucraini ma la burocrazia e il solito problema del riconoscimento dei titoli di studioun po’ come successo con i medici cubani destinati alla Calabria – aveva reso tutto impossibile.

Come Olena, anche Yuliia non si è arresa. Anche a distanza, ha continuato a visitare tanti, tantissimi pazienti: tutti online. Attraverso il web e piattaforme social ha affatto assistenza medica, e anche psicologica, a bambini e genitori ucraini fuggiti da Kiev e sparsi in tutta Europa.

Da migliaia di chilometri di distanza ha effettuato visite, dato consigli – ovviamente tutto in forma gratuita – e sussurrato parole di coraggio e speranza. Anche lei ha fatto guerra alla guerra nell’unico modo sensato (se di "senso" si può parlare quando di mezzo c'è una guerra): cercando di salvare vite.

Per centinaia di persone e famiglie, insomma, Yuliia è stata il medico a cui chiedere un parere, la figura a cui rivolgersi anche solo per respirare un po’ di normalità. La voce amica nel freddo della guerra.