Alveari roventi e api denutrite per mancanza di polline: l’effetto siccità sull’apicoltura

Il caldo improvviso della scorsa primavera non faceva presagire niente di buono. Non lascia quindi sorpresi che oggi la siccità sia diventata un’emergenza e che abbia violentemente colpito anche il settore dell’apicoltura.
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Gaia Cortese 6 Luglio 2022

Siccità e caldo rovente è un binomio che non piace neppure alle api. Un problema che quest’anno si è fatto sentire già a inizio primavera, periodo in cui le api tendono a riprodursi; per farlo le api hanno bisogno di polline, nettare e ovviamente molta acqua; se l’acqua viene a mancare le api non riescono a crescere come dovrebbero e anche l’ape regina finisce per risentirne.

Non si può poi non pensare all’effetto siccità su fiori e piante. Risentendo della carenza di acqua, le piante tendono a immagazzinarla, ma finiscono comunque per produrre poco nettare mettendo in difficoltà gli insetti impollinatori. Oltretutto, quest'anno le piante hanno anche subito il caldo improvviso di questa primavera: i fiori sono sbocciati troppo presto, ma con la stessa velocità sono anche appassiti, senza dare tempo alle api di raccogliere il polline.

In un articolo pubblicato da Ansa lo scorso giugno un apicoltore in Abruzzo lanciava l’allarme: "La perdita del polline porta un danno gravissimo all'ambiente perché la produzione dei prodotti (miele, pappa reale, propoli e cera) è solo il 17 per cento del lavoro delle api; la rimanente parte della loro attività è l'impollinazione di piante da fiore e frutto dell'intero ecosistema. Il caldo sta uccidendo l'economia e la biodiversità agricola regionale”.

All’allarme degli apicoltori segue l’attento monitoraggio sulle api da parte della Coldiretti, in riferimento al recente aumento delle temperature estive con picchi oltre i 40 gradi in diverse zone d’Italia.

Pochi giorni fa Coldiretti ha spiegato che per salvare gli alveari resi roventi dal clima torrido gli agricoltori stanno abbeverando artificialmente le api per non farle morire, utilizzando secchi di acqua e galleggianti di sughero e polistirolo sui quali le api possano appoggiarsi in modo da potersi dissetare senza rischiare di affogare.

Nelle aree più colpite dalla siccità, perché prive di corsi d’acqua o caratterizzate da terreni dove la vegetazione è stata completamente bruciata a causa del clima torrido, le piante arboree riescono a fornire alle api modeste quantità di nutrimento. In questi casi gli apicoltori devono alimentare gli insetti impollinatori con sciroppi di zucchero e, se necessario, con alimenti a base proteica. Questa operazione diventa indispensabile per la salute delle api che oltretutto, con temperature così alte, tendono a volare di meno e a rimanere a terra.

L'acqua diventa necessaria anche per abbassare la temperatura interna dell'alveare ed evitare che la cera si sciolga con il collasso dell’intero favo. Da parte loro, per garantire la termoregolazione all’interno dell’arnia, le api si impegnano a sbattere velocemente le ali per introdurre aria più fresca dall’esterno; e per rinfrescare l’ambiente raccolgono anche goccioline di acqua che vengono portate all’interno dell’arnia. Purtroppo questo non basta e, oltre ad essere ad alto rischio la produzione di miele, lo è anche la sopravvivenza delle api.