Bentornati a un altro appuntamento della nostra rubrica sull'inquinamento digitale. Stai cercando una ricetta, vai su Google (il più famoso e utilizzato tra i motori di ricerca), che ti restituisce dei risultati, e poi entri su un sito per studiarne il contenuto. Facile, no? Quante volte lo facciamo ogni giorno?
Anche per un gesto semplicissimo come questo, però, c'è un prezzo da pagare per l'ambiente. Dati precisi a disposizione non ne abbiamo. Secondo una stima di Google risalente niente di meno che al 2009, ogni ricerca contribuisce all'emissione di circa 0,2 grammi di anidride carbonica. Per la società britannica di consulenza ambientale Carbon Footprint Ltd, l'impronta di carbonio di una ricerca su Google è decisamente più alta: può andare da 1 a 10 grammi di CO2.
Se da una parte i giganti del tech affermano di impegnarsi a ridurre le proprie emissioni utilizzando data center più efficienti dal punto di vista energetico – c'è anche l'esempio del motore di ricerca Ecosia, che promette di compensare le emissioni di gas serra legate al suo utilizzo attraverso progetti di riforestazione -, dall'altra anche noi utenti finali possiamo seguire dei piccoli accorgimenti per ridurre l'impatto delle nostre query.
Qualche esempio? Innanzitutto, evita di effettuare ricerche inutili. Lapalissiano. In più, se conosci l'Url, ovvero l'indirizzo, della pagina web che vorresti visitare (o semplicemente il tuo browser te lo suggerisce perché lo ha memorizzato) puoi inserirlo direttamente nella casella in alto. Infine, è inutile passare ogni volta da Google per andare su dei siti che visiti abitualmente: piuttosto, salva i loro indirizzi tra i preferiti. Non solo risparmierai tempo, ma farai anche del bene all'ambiente.