Autobus a idrogeno: i progetti italiani ed europei per una mobilità sostenibile (ma troppo costosa)

In Portogallo si sta puntando su nuovi mezzi pubblici a idrogeno, grazie all’aiuto di Toyota. Ma in Europa sperimentazioni di questo tipo erano già partite. A Milano esistono ancora, altre città invece le hanno abbandonate. Motivo? I costi.
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Giulia Dallagiovanna 10 Novembre 2018

Pochi giorni fa, il 2 ottobre, la Toyota ha annunciato che fornirà la strumentazione a idrogeno per la realizzazione di mezzi di trasporto alla portoghese Caetanobus SA. In Portogallo dunque partirà la realizzazione dei cosiddetti autobus H, ovvero vetture che emettono nell'aria unicamente vapore acqueo e che presentano un'autonomia superiore a quelle elettriche. Ma non è il primo stato in Europa a inaugurare questa nuova tecnologia a impatto zero. Nel 2013 infatti era partito il progetto CHIC (Clean Hydrogen in European Cities) che aveva coinvolto, fra le altre, anche Milano e Bolzano. Ma ancora prima, nel 2004,  arrivavano a Torino i bus ecologici realizzati dall'Iveco. Non tutte queste iniziative però sono andate a buon fine.

In Portogallo

Grazie alla tecnologia e alle conoscenze fornite dall'azienda giapponese Toyota, in poco più di un anno la Caetanobus SA dovrebbe essere in grado di dare il via alle prime sperimentazioni con bus a idrogeno sulle strade portoghesi. A Tokyo un autobus di questo tipo esistite già da aprile. Si chiama "SORA", acronimo di Sky, Ocean, River, Air, ovvero il ciclo che compie l'aria sulla terra. L'azienda mira a produrne circa un centinaio nel 2020, in previsioni dei Giochi olimpici, per un'area metropolitana a impatto zero. Non solo, ma la volontà è quella di ridurre le emissioni dei mezzi di trasporto del 90% entro il 2050 e ha lanciato l'iniziativa "Start Your Impossibile".  A raccogliere la sfida è stata appunto la maggiore compagnia di autobus portoghese.

Un prototipo di un bus a idrogeno prodotto dalla Toyota, esposto all’International Hydrogen and Fuel Cell Expo di Tokyo del 2007

Il progetto CHIC

Anche prima della Toyota, l'Europa aveva già pensato che fosse ora di ridurre le emissioni inquinanti da parte dei mezzi di trasporto urbano. Partiva così nel 2009 il progetto CHIC che prendeva piede non solo a Londra e a Oslo, ma anche in varie città italiane fra cui Milano, Bologna, Bolzano e Trento. Nel nostro Paese le prime vetture di questo tipo iniziano a vedersi nel 2013.

A Milano arrivano 3,5 milioni di euro di finanziamenti direttamente da Bruxelles, ai quali la regione Lombardia aggiunge 4,2 milioni e Atm completa l'opera con 800mila euro. Parte così la sperimentazione di tre Evobus sulla linea 84, che da Largo Augusto arriva fino a San Donato. Da quel momento, la flotta non è aumentata, ma Atm ha annunciato che a partire dal 2020 acquisterà solo mezzi a impatto zero e che entro il 2030 la sua offerta sarà interamente ecosostenibile.

Anche il Trentino Alto Adige abbraccia il progetto e a fine 2013 a Bolzano i passeggeri possono viaggiare su cinque autobus a idrogeno dell'azienda di trasporti SASA.  Secondo i dati forniti dalla stessa,  in cinque anni sono stati emessi nell'aria 20,86 chili di polveri sottili in meno. A Trento invece sembra che l'esperimento sia andato meno bene. La Trentino Trasporti aveva iniziato la sperimentazione addirittura nel 2011, investendo 4,5 milioni nella realizzazione di bue minibus, per arrivare preparati ai mondiali di sci nordico in Val di Fiemme. Ma i costi di manutenzione troppo alti e le difficoltà di installare un'adeguata rete di rifornimenti hanno segnato il fallimento dell'iniziativa.

Un autobus a idrogeno in servizio lungo la linea 84 a Milano

Il premio “Best Life Environment 2014” per la miglior iniziativa sul tema “Ambiente e azione per il clima”, lo vince Bologna. In collaborazione con Aster, un consorzio per l'innovazione tecnologica al servizio delle imprese, il gruppo Sol, l'azienda di trasporti Start Emilia Romagna e la Regione immettono sulle strade cittadine mezzi alimentati con una miscela di metano e idrogeno. Li realizza Enea e si chiamano MHybus, i primi a muoversi a idrometano. Lo scopo è quello di ridurre le emissioni del 50% rispetto ai pullman che utilizzano il solo gas metano. Con il tempo però i costi di gestione hanno fatto sì che ci si concentrasse soprattutto sullo sviluppo dei trasporti elettrici e l'idrogeno è stato lentamente dimenticato.

Torino, i primi bus italiani

I torinesi invece conoscono il trasporto a idrogeno ben prima del progetto CHIC. Nel 2004 partono le sperimentazioni volute dalla Città di Torino e finanziate dal ministero dell'Ambiente. Per l'occasione, un gruppo di aziende (Azienda Torinese Mobilità, Irisbus, Gruppo Sapio, Ansaldo Ricerche, Compagnia Valdostana delle Acque ed Enea) si unisce in un'associazione temporanea. Si chiamano "City Class Fuel Cell" e utilizzano la International Fuel Techologies di un produttore americano, che fra gli altri clienti conta anche la Nasa. Hanno prestato servizio anche durante i Giochi Olimpi invernali del 2006, ma già l'anno dopo vengono abbandonati. E il motivo è sempre lo stesso: costi di gestione insostenibili.