Coltivare lattuga, pomodori e verdura nel deserto del Sahara? Un ingegnere italiano ci è riuscito

Il racconto di un ingegnere italiano che è riuscito a creare una serra nel deserto del Sahara con soli 5mila litri di acqua, quando sarebbero serviti 300mila litri. Precisamente la coltivazione è nata a Tindouf, nel Sahara algerino, vicino al campo profughi di Auserd, area governata dalla Repubblica democratica araba.
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Mattia Giangaspero 25 Gennaio 2024
Intervista a Pasquale Musacchia Ingegnere siciliano che ha realizzato con la coltivazione idroponica una serra di ortaggi nel Sahara

Un sogno che sarebbe dovuto rimanere tale, ma che alla fine come tutti i sogni si cerca di far diventare realtà, Oggi ti raccontiamo la storia di un ingegnere siciliano, di Palermo, Pasquale Musacchia che, per l'ambiente, in Africa, svolge un ruolo strategico dal 2013. Prima aveva costruito banchi da scuola per il governo ivoriano, poi ha realizzato pannelli fotovoltaici, è passato a lavorare in una multinazionale specializzata nel trattamento delle acque e tre anni fa riuscì a realizzare una serra con la coltivazione di molte verdure nel deserto del Sahara utilizzando un decimo dell'acqua di cui aveva bisogno. Grazie alla sua storia proveremo a raccontarti anche della tecnica di coltivazione che ha utilizzato. Si tratta di una tecnica che in futuro, a causa della crisi climatica, della troppa siccità o delle forti e improvvise intemperie diventerà sempre più centrale nell'agricoltura, non solo africa, ma anche italiana europea e mondiale.

Com'è nata l'idea di creare una serra nel deserto? 

Assieme a un agronomo del posto che oggi è ministro dell'agricoltura, che si chiama Taleb abbiamo constatato la necessità da parte della popolazione del reperimento di verdura fresca perchè avevano carenze alimentari importanti. Da qui, abbiamo iniziato a pensare a come finanziare il progetto. L'orto nel deserto è stato possibile grazie anche a un piano da 50mila euro finanziati con l'otto per mille in parte donato alla chiesa valdese, ma anche grazie all'aiuto della ONG Luciano Lama.

Oltre alla creazione della serra in se, a Taleb ho fornito informazioni riguardo la coltivazione idroponica sfruttando ovviamente quel che era presente sul territorio.

Stiamo parlando di territori che 11 mesi l'anno si ritrovano con temperature di oltre 50 gradi durante il giorno, quindi con un tasso di umidità bassissimo, mentre di notte avviene uno sbalzo termico improvviso. La creazione della serra quindi non è stata semplice a causa delle condizioni atmosferiche, c'è stato bisogno di un controllo costante della salute del terreno e della metodologia di coltivazione applicata 

Da dove avete preso l'acqua? 

Oltre al fatto di aver utilizzato solamente 5mila litri d'acqua, quando sarebbero serviti 300 mila litri, la stessa acqua impiegata era stata recuperata da un'altra attività. Prima della serra, vennero realizzate delle vasche per l'allevamento delle carpe del Nilo e l'acqua, di produzione di queste carpe, era ricca di nutrienti. L'abbiamo, così, prelevata e sfruttata per la coltivazione idroponica. Il terreno, prevalentemente sabbia essendo nel deserto, venne irrigato con le sostanze nutritive di quest'acqua e decidemmo insieme di chiamare questo sistema ‘sabbiaponica'.

L'irrigazione poi avveniva minimo una volta al giorno e riducemmo l'evaporazione, a causa del troppo calore, con i teli. In questo modo riuscimmo a ottenere una discreta produzione di pomodori zucchine lattughe melanzane.

Questa serra è ancora funzionante? 

La serra è stata realizzata nel 2021 e da due anni è stata messa in produzione. Grazie a questo progetto pilota adesso gli abitanti del luogo riescono a ottenere ben 5 raccolti ogni anno. Questo significa non solo riuscire a sfamare chi prima era a carenza di cibo, ma grazie a alla serra siamo stati in grado di dare lavoro a tante persone del posto.

Tornerà per creare altre serre? 

Assieme a Taleb e ai governi italiani, prima quello di Draghi, ora quello della Meloni sono stati dati dei finanziamenti per costruire altre 5 serre idroponiche come quella realizzata tre anni fa. Queste nuove serre saranno distribuite in 5 diversi villaggi cosicché più persone potranno essere sfamate e potranno avere lavoro.

Queste serre saranno grandi circa 300metri quadri ciascuna e avranno una riserva idrica, in serbatoi interrati e predisposti direttamente sul posto, di circa 5 o 10mila litri della soluzione nutritiva di cui le parlavo prima.

Non crede che questa tecnica di coltivazione, possa essere una soluzione primaria, più che alternativa anche in Italia? In sostanza perchè non cambiamo radicalmente metodo di coltivazione anche da noi per ridurre erosione del terreno, utilizzo di pesticidi o spreco di acqua?

Si, credo sia assolutamente da dover fare e anzi queste soluzioni non solo consumano un decimo del terreno per coltivare la stessa quantità di verdure per esempio, ma si tratta di una tecnica che non prevede l'utilizzo di metalli pesanti o pesticidi come dice lei. E questo perchè l'ambiente in cui avviene la coltivazione è controllato. Quindi insetti, cavallette o altri batteri non distruggano il raccolto.

E a livello economico questa tecnica è anche meno dispendiosa…? Nel senso, faccio finta di essere agricoltore che in questo momento utilizza una coltivazione tradizionale, se volessi passare a una tecnica idroponica, sarebbe dispendioso il passaggio? 

Assolutamente no, diciamo che il problema dell'idroponica fino a ora è stato un problema di conoscenza e di mancanza di controllo. Anche perchè la tecnica prevede un controllo assiduo dell'acidità e del ph del terreno, per esempio. Devo controllare la quantità di nutrienti che vado a inserire e questo forse è un po' il limite.

Le faccio un esempio: la pianta se non riceve dei minerali e quindi ha una carenza, prova a ricercarli all'interno del terreno, in questo modo compensa una mancanza. Se però il terreno è per esempio simile a quello del deserto in cui abbiamo realizzato la Serra, non può cercare nulla. Bisogna inserire manualmente il nutriente di cui necessita.

E voi nella serra come facevate? Avevate anche delle strumentazioni? 

In pieno deserto questo è stato lo step più complicato da dover superare, perchè non avevamo la possibilità di utilizzare delle strumentazioni. Facevamo sempre lavori e controlli manuali a causa di una scarsa rete elettrica presente sul posto. E poi abbiamo creato anche il sistema di irrigazione di cui le parlavo prima. Abbiamo quindi messo le cisterne con il principio dei vasi comunicati perchè non avevamo a disposizione ne pompe ne l'elettricità per alimentarle. Irrigavamo il letto di semina con questo principio dei vasi comunicanti, poi raccoglievamo l'acqua con altri bidoni a valle per poterla filtrare e successivamente re-inserire nelle cisterne principali.

Cosa serve per rendere la coltivazione idroponica maggioritaria in Italia? 

Servirebbe una consapevolezza della redditività di questa produzione che ricordo, non può essere definita biologica perchè il terreno in cui avviene la coltivazione non è lo stesso. Questa coltivazione è di gran lunga superiore al biologico perchè il terreno non è aggredibile da batteri, insetti e poi il terreno viene sterilizzato prima della semina e nello stesso tempo non ci sono pesticidi o insetticidi perchè non crescono erbacce spontanee.

Che tipo di concimazione utilizzavate, perchè leggevo di un letame di cammello o di pecora…

Non erano presenti altri elementi nutritivi in zona per il terreno, quindi si abbiamo utilizzato anche questi letami, pure quello dei polli. In questo modo abbiamo realizzato una miscela di micro elementi fondamentali per la nostra coltivazione. E con questi riuscivamo anche a modificare l'acidità del terreno.

Lei dal 2013 ha compiuto tante attività in cui il protagonista era l'ambiente. Adesso posso chiederle quale sarà la sua prossima?

Saremo ospitati nel padiglione italiano dell'expo di Doha per provare a replicare questo progetto in altri territori, come Etiopia ed Eritrera perchè hanno necessità di questo.