Come ci stiamo preparando a un altro inverno in compagnia di Covid-19?

I contagi sono in lieve aumento e le nuove varianti di Sars-CoV-2 si diffondono: come ci stiamo preparando ad affrontare l’imminente convivenza tra il Covid-19 e la stagione invernale? Tra mascherine, tamponi e vaccini vediamo insieme cosa ci aspetterà nei prossimi mesi e cosa, invece, ancora ci manca.
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Kevin Ben Alì Zinati 26 Settembre 2023
* ultima modifica il 26/09/2023

Prima la cronaca. Nonostante l’emergenza sanitaria sia stata dichiarata ufficialmente finita, Sars-CoV-2 continua a diffondersi, contagiare e sollevare più di una riflessione.

Secondo l’ultimo monitoraggio del Ministero della Salute, nella settimana 14-20 settembre ci sono stati 36.102 nuovi contagi, con una crescita del 17,3% rispetto alla settimana precedente quando l’aumento era stato del 44% rispetto ai 30.778 della settimana ancora prima.

“I dati della settimanaha spiegato il direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaiavanno nella direzione di un rallentamento dell’incidenza dei nuovi casi e, cosa che interessa di più, resta molto limitato l’impatto sugli ospedali”.

In linea con quanto registrato in altri Paesi europei, predominanti sarebbero le varianti ricombinanti Omicron XBB del virus, EG.5 (la cosiddetta Eris) su tutte. Negli ultimi giorni, tuttavia, il team del dottor Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia avrebbe isolato a Brescia anche il primo caso italiano di variante BA.2.86, la famosa variante Pirola.

Ora invece le riflessioni, che partono da una domanda: come ci stiamo preparando per affrontare l’imminente periodi di convivenza con il Covid-19?

Isolamento

In fatto di misure di precauzione e sicurezza, ad oggi la strategia per affrontare l’inverno insieme a Sars-CoV-2 non è cambiata molto rispetto ai mesi scorsi.

Resta confermato, per esempio, lo stop all’isolamento per i positivi annunciato lo scorso agosto dal ministro della Salute Orazio Schillaci.

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Una decisione che, di fatto, aveva dato seguito al precedente addio all’isolamento dei 5 giorni per chi fosse risultato positivo al tampone e all’idea di un’emergenza ormai superata e un ritorno alla normalità pressoché totale.

In ospedale

Il rialzo dei casi potrebbe, però, far riportare in auge le mascherine. Sicuramente le starai vedendo con sempre maggior frequenza sui volti di uomini e donne a bordo di treni, aerei e metropolitane così come nelle strutture sanitarie.

Ma sono ancora obbligatorie? E se sì, dove? Come ti abbiamo già raccontato, coprire naso e bocca nelle strutture sanitarie oggi non è più necessario dallo scorso 1 maggio se non per accedere ai pronto soccorso o ai reparti dove sono presenti pazienti fragili o con patologie estremamente debilitanti.

La Regione Campania, però, ha scelto una linea più rigida e ha così reintrodotto l’obbligo di mascherina in ospedale in tutti i reparti per il personale, i pazienti e pure i visitatori.

Restano esclusi i bimbi di meno di 6 anni e le persone con patologie o disabilità incompatibili con la mascherina.

Un obbligo nuovamente reintrodotto è stato invece quello che riguarda la somministrazione del tampone anti-Covid per tutti i pazienti sintomatici che si presentano in Pronto Soccorso.

Si tratta di una decisione che non rappresenta la risposta a un’emergenza o a un imminente allarme ma va nella direzione di una maggior precauzione per quei luoghi estremamente vulnerabili agli attacchi del virus e facili teatri di focolai di infezioni.

Una filosofia che pervade anche l’ultima novità annunciata dal presidente della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere Giovanni Migliore, secondo cui in vista della prossima stagione autunnale e a fronte del recente aumento dei casi, è necessario che medici e sanitari che risultino positivi, anche se asintomatici, restino lontani dai pazienti e dai reparti, svolgendo altre mansioni.

Le direzioni Salute delle Regioni stanno dando delle indicazioni. L’orientamento è quello di non tenere a contatto i pazienti tutti, e ovviamente in particolare i più fragili, con coloro che sono positivi e devono far trascorrere il periodo nel quale possono trasmettere il virus. Perciò, tali sanitari devono essere collocati in delle aree che non sono considerate a rischio, e dunque non possono stare all'interno dei reparti ma devono essere adibiti ad altre mansioni” ha spiegato Migliore.

A scuola

Chi è stato colorato da un maggior grado di incertezza è stato invece il mondo della scuola.

Sì, perché come ti abbiamo raccontato, al suono della campanella per l’inizio del nuovo anno scolastico non erano ancora state emanate disposizioni particolari da parte del Ministero della Salute o da quello dell’Istruzione su come comportarsi di fronte a positivi sintomatici o asintomatici.

In assenza di linee guida specifiche, quindi, le raccomandazioni declinate sul mondo della scuola sono state fondamentalmente le stesse a cui ormai siamo abituati da tempo. Vale a dire:

  • Indossare un dispositivo di protezione delle vie respiratorie (mascherina chirurgica o Fff2) se si entra in contatto con altre persone;
  • Se si è sintomatici, rimanere a casa fino al termine dei sintomi;
  • Applicare una corretta igiene delle mani;
  • Evitare ambienti affollati;
  • Evitare il contatto con persone fragili, immunodepresse, donne in gravidanza, ed evitare di frequentare ospedali o RSA;
  • Informare le persone con cui si è stati in contatto nei giorni immediatamente precedenti alla diagnosi, se anziane, fragili o immunodepresse;
  • Contattare il proprio medico curante se si è persona fragile o immunodepressa, se i sintomi non si risolvono dopo 3 giorni o se le condizioni cliniche peggiorano.

Questa mancanza, tuttavia, ha sollevato grandi polemiche e fermento tra sindacati e gran parte del personale, che si sono uniti chiedere a gran voce chiarimenti da parte del Governo sulle regole per la gestione dei contagi tra corpo docente e alunni. La soluzione, infatti, non può essere il ritorno alle mascherine in classe o alla didattica a distanza.

Campagna vaccinale

La più preziosa risorsa contro un nuovo dilagare del virus anche quest’anno sarà però la vaccinazione anti-Covid.

Faremo una campagna vaccinale molto stringente perché dobbiamo far sì che in maniera volontaria, ma con grande responsabilità, alcune categorie vengano vaccinate, come gli anziani, le persone fragili, gli operatori sanitari, le donne in gravidanza” ha spiegato il ministro Schillaci, sottolineando che sarà importante l’unione di questa campagna con quella antinfluenzale, “che in passato in Italia ha portato tante vittime”.

La doppia somministrazione contro Covid-19 e influenza è infatti pronta a partire e le Regioni sono al lavoro per definire il proprio calendario di appuntamenti. La prima a partire sarà verosimilmente la Lombardia, con la prima iniezione di vaccino antinfluenzale prevista per il 1 ottobre 2023.

Mai vaccini ci sono? Per quelli anti-Covid, bisognerà aspettare l’arrivo dei farmaci aggiornati, quelli cioè con una formulazione adattata a respingere l’avanzare delle nuove varianti Eris e Pirola.

“Le prime dosi del vaccino anti-Covid aggiornato inizieranno ad arrivare nelle Regioni dalla prossima settimana” aveva detto Schillaci. Secondo i piani del ministro, insomma, la distribuzione dei farmaci dovrebbe iniziare oggi, martedì 26 settembre.

Fonte | Ministero della Salute

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