Come far dormire un neonato? Con il metodo Le Fate della Nanna

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
È un po’ la mamma di tutte le mamme. Perché forse sono loro che hanno più bisogno di aiuto. Rondine e il suo metodo Le Fate della Nanna in dieci anni ha aiutato più di 1200 famiglie in Italia e all’estero a ritrovare il sonno perduto e soprattutto la serenità in famiglia.
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Gaia Cortese 13 Dicembre 2018

"Signora, è normale che i bambini abbiano problemi di sonno fino ai due anni di età". Parole della mia pediatra. Per me, praticamente una sentenza, con in casa un bambino di appena dieci mesi. Così qualche ricerca su internet l'ho fatta e mi sono imbattuta nel Metodo "Fate della Nanna" e in Rondine De Luca, che per caso (ma fortunatamente) si è appassionata alla complicata questione del sonno dei bambini e, ad oggi, ha aiutato oltre 1200 famiglie in Italia e all'estero a ritrovare un sonno sereno.

Come è nata l’idea del metodo Fate della Nanna?

È nata per caso, come tutte le cose che poi funzionano. Dieci anni fa la mia migliore amica aveva partorito da poco. Sono andata a trovarla, il Niccolò avrà avuto poco meno di 6 mesi, e l’ho trovata distrutta: non dormiva. Oltretutto per riuscire ad addormentare il bambino doveva mettere in scena tutta una serie di modalità assurde (biberon in bocca, saltelli intorno al divano, coperta sugli occhi per simulare il buio…). Non capivo, ancora non conoscevo il mondo dei bambini, ma a quel punto provai a leggere il libro sul Metodo Hogg (“Il linguaggio segreto dei neonati”). Per capire. Letto il libro ho provato a darle una mano e Niccolò ha iniziato a dormire. Da lì è iniziato tutto. Ho parlato con diversi pediatri che mi hanno chiaramente detto: “Il sonno non è uno dei tanti problemi dei bambini, è IL PROBLEMA. Se se la sente e vuole inventarsi un lavoro, di sicuro non le mancheranno bambini a cui insegnare a dormire”.

In cosa consiste il metodo?

In realtà tutti pensano che dormire sia una cosa naturale. Nessuno ti spiega come funziona il sonno. C’è una grande differenza tra dormire e dormire bene. Se durante lo svezzamento hai insegnato a tuo figlio a stare seduto nel seggiolone, a usare il bavaglino, a tenere in mano la forchetta e a portarla alla bocca, come puoi pensare di non insegnarli anche a dormire bene? Il mio primo compito è quello di tranquillizzare la mamma. Toglierle qualsiasi senso di colpa possa avere e ragionarci insieme. Fatto questo, una volta che lei stessa ha acquisito la necessaria fiducia in se stessa, il lavoro è fatto. Far dormire il bambino è l’ultima cosa, l’epilogo di un processo. L’importante è raggiungere una consapevolezza, dormire è la conseguenza.

Quanti giorni sono necessari per educare il bambino a un buon sonno?

Impossibile stabilirlo. I giorni più complicati sono i primi due. Dopo 48-72 ore il bambino tende ad abbandonare la vecchia abitudine e ad acquisire quella nuova. I bambini non hanno blocchi mentali come li abbiamo noi adulti, infatti, il problema vero sono poi i genitori.

Secondo i pediatri i disturbi del sonno sono normali fino all’età di 2 anni…

Anche fino ai 3 anni, in realtà, perché fino a questa età il bambino passa da una fase di sonno profondo a una di dormiveglia ogni 40 minuti circa; dopo i 3 anni questo passaggio si verifica ogni ora e mezzo. Se in quei pochi secondi in cui avviene il passaggio da una fase all’altra, il bambino si rende conto che non si trova più nella condizione iniziale (il classico esempio è quello di cullare il bambino in braccio e posarlo nel lettino solo una volta che si è addomentato), è normale che si svegli e reclami la presenza di un genitore. Il messaggio che dovrebbe passare è che rendere autonomo un bambino non significa abbandonarlo, invece in italia si crede il contrario.

Qual è la fascia di età che ha più bisogno di un tuo intervento?

I disturbi del sonno sono presenti in tutte le fasce d’età. Non intervengo solo su neonati o bambini piccoli. Recentemente mi è capitato anche il caso di una bambina di 12 anni che dormiva in un sacco a pelo a fianco al letto dei genitori. Per questa bambina che per anni aveva dormito nel letto matrimoniale con la mamma perché il padre lavorava in un’altra città, quella era la sua cameretta. E aveva tutte le ragioni per crederlo, visto che era stata abituata così. Il problema è stato risolto cambiando le camere. I problemi del sonno hanno una caratteristica: se non vengono risolti, si trascinano nel tempo, anche oltre i 12 anni…

Esistono dei casi “impossibili”? Decidi tu se intervenire o meno per risolvere un problema?

Fai conto che su 10 mamme io ne prendo forse 5 o 6. Il problema è sempre la mamma. La domanda che faccio è: sei pronta a rendere autonomo tuo figlio? Generalmente partono tutte bene. Poi vedono che il bambino dorme e lì iniziano di nuovo i problemi. Esiste infatti una sintonizzazione madre-figlio a livello inconscio. Se la mamma non accetta a livello inconscio che il bambino possa cavarsela da solo 8-10 ore dormendo tranquillamente nel suo lettino, puoi star certa che il bambino tornerà a svegliarsi di notte.

C’è un consiglio universale che daresti alle mamme?

L’unica cosa di cui ha bisogno un bimbo è amore. E amare un figlio significa renderlo autonomo e passargli tutti gli strumenti necessari per cavarsela nella vita. Molte mamme rifiutano l’idea di far piangere il loro bambino: questo vuol dire bloccargli le emozioni, vuol dire crescere un bambino e non ascoltare ciò che sta provando. Io lo dico sempre: "Attente mamme a non mettere davanti il vostro egoismo e quindi a non farli piangere".

Amare un figlio significa renderlo autonomo.

Dopo la generazione dei nostri genitori in cui i bambini venivano ascoltati molto poco e tutto veniva deciso al posto loro, i genitori di oggi tendono al contrario a dare tutto. Troppo direi. Il giusto sta sempre nel mezzo. Oggi c’è confusione nel ruolo di genitore. Nella maggior parte degli interventi che ho fatto ho constatato che in famiglia quello che comandava era quello che stava seduto nel passeggino!

Perché fai questo lavoro?

Avrò avuto 4 o 5 anni, quando ho iniziato a ragionare e ho deciso di non avere figli. Questo perché il messaggio che ho ricevuto fin da piccola da mia madre è stato quello del profondo e inevitabile sacrificio della donna nel momento in cui diventa madre: la rinuncia alla carriera, al tempo libero, alla vita di coppia… Ho pensato: "Se avere figli significa questo, meglio non averne!". Quando poi ho iniziato a sentire le richieste di alcune mamme che mi imploravano di "salvarle" dal loro bambino che non dormiva ho ritrovato le parole della mia mamma. Ma quella di doversi sacrificare per i figli è un’idea diffusa tra tutte le mamme, e lo ripeto, succede solo in Italia. Ora è come se avessi centinaia di figli, ma non sono i bambini a cui insegno a dormire: sono le loro mamme.

Perché fare la mamma deve essere per forza un sacrificio? Chi lo ha detto? Se stai bene tu come mamma, stanno bene i tuoi bambini. Meglio una mamma meno presente in casa, ma che sta bene, piuttosto che una mamma sclerata che sta tutto il giorno in casa. Le mamme sono tutte in corsa per salire sul podio della mamma migliore dell’anno. Già questo è sbagliato. Appena partorisci, se non allatti al seno, stai sbagliando. E già questo genera un senso di colpa e di inadeguatezza che non dovrebbe esistere. Se tutte si togliessero dalla testa che fare la mamma è sacrificio, faremmo i genitori in modo più tranquillo.