Come si riconoscono le emozioni? Emoty è l’idea che aiuta a comprendere gli altri

Ottenere un maggiore controllo emotivo e una più solida consapevolezza di sé può essere una sfida quando ci sono problemi legati all’apprendimento e non solo. Qui entra in azione Fabio, il protagonista della storia di oggi, che ha improntato le sue ricerche per portare benessere in periodi delicati come l’infanzia e l’adolescenza.
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Emanuele La Veglia 30 Settembre 2021
* ultima modifica il 30/09/2021

Capire le emozioni e saperle trasmettere a chi ci sta intorno è un'operazione che a volte può sembrare semplice e spontanea, ma in realtà non lo è per chiunque. E per questo c'è Emoty, una sorta di personal trainer che diventa un aiuto prezioso per chi non è sempre a proprio agio, magari quando ci si trova in gruppo o durante una conversazione. Un universo che merita di essere scoperto; lo facciamo insieme a Fabio Catania, dottorando del Politecnico di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato.

Quando è nata la tua passione per l’informatica?

Confesso di non essere mai stato un nerd appassionato di circuiti e programmazione. Anzi, li ho sempre visti come un mezzo e non come un fine. Finito il liceo scientifico, a Bolzano, cercavo un indirizzo universitario che mi desse la possibilità di spaziare tra più ambiti e il digitale in realtà occupa tantissimi aspetti della nostra vita, magari non ci facciamo nemmeno più caso. E, in aggiunta, tenendo conto che mi piace la matematica, laurearmi in ingegneria informatica è stata una scelta quasi naturale.

 Di cosa ti occupi nel tuo quotidiano?

Di studiare e sviluppare assistenti vocali per supportare le terapie pensate per chi è affetto da autismo o da altri disturbi. Insomma invento, progetto per dar vita a programmi che si possono usare senza la tastiera, il mouse e nemmeno il touch, ma semplicemente parlando. Nel mio lavoro sono coinvolti psicologi ed esperti di linguistica dell’università Milano-Bicocca e delle realtà milanesi “Fraternità e Amicizia”, “Collage” e “L’impronta”. Con loro proviamo a comprendere come intervenire rispetto a bisogni specifici, attraverso una serie di soluzioni.

Una di queste si chiama Emoty…

Sì, nel concreto si tratta di un’applicazione che punta ad allenare le capacità di comunicazione delle emozioni nei ragazzi che hanno difficoltà in tal senso. Una sorta di cipollotto che chiede loro di recitare delle frasi esprimendo ogni volta un'emozione diversa e, quando rispondono, registra la loro voce mentre parlano e, alla fine, spiega loro come sono andati. Ho presentato il progetto in varie conferenze internazionali, da Amsterdam a Los Angeles e in un caso, nel 2019, ho vinto un premio, ma la soddisfazione più grande resta comunque quella di leggere la felicità negli occhi dei bambini che trovano il modo di esprimersi.

Che cosa c'è ancora da fare?

Affinché Emoty sia efficace ed affidabile nel suo complesso, deve essere in grado di riconoscere le emozioni in maniera impeccabile, considerando tutte le possibili sfaccettature con cui possiamo esprimere il nostro stato d’animo. Il mio compito è quello di rafforzarlo in tal senso esiste una piattaforma online in cui chiunque può provare ad esercitarlo. Praticamente bisogna leggere le frasi che compaiono sullo schermo assumendo diverse intonazioni a seconda dell'emozione che viene suggerita. Si può anche provare a indovinare l’emozione che voleva esprimere qualcun altro, riascoltandone gli audio, che sono ovviamente anonimi.

Che sensazione hai provato nel cimentarti?

L'ho preso come un gioco. C’è addirittura una sezione nella quale vengono valutate le proprie performance sia nella recitazione che nella percezione delle emozioni e con i miei amici si creando delle belle sfide per vedere chi è più bravo e più l'iniziativa si estenderà prima riusciremo a lasciare il segno a livello sociale.

Credits: Le foto sono state fornite dal dott. Fabio Catania

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