La strada è lunga, la meta ancora distante ma la contraccezione per gli uomini non è più qualcosa di impossibile.
La scienza si sta avvicinando sempre di più: l’ultimo passo in questa direzione è un farmaco, appena messo a punto, che si è dimostrato effettivamente capace di ridurre la fertilità maschile.
Perché dico che la strada è ancora lunga? Prima di tutto perché i ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York che l’hanno sviluppato hanno ottenuto risultati promettenti solo sui topi.
E poi perché il farmaco è stato in grado di paralizzare lo sperma delle cavie solamente per tre ore circa, e il suo effetto si è esaurito nel giro di 24 ore.
Il segreto, in ogni caso, starebbe nel ruolo di un enzima fondamentale per la motilità degli spermatozoi: l’adenilato ciclasi. Disattivandolo, il farmaco bloccherebbe la loro capacità di muoversi rendendo i topi infertili.
I risultati descritti in uno studio pubblicato su Nature Communications arrivano da un esperimento in cui i ricercatori americani hanno diviso una corte di topi maschi in due gruppi, sottoponendone uno all’innovativo trattamento e l’altro al placebo.
Una volta concluso il test, i ricercatori hanno osservato che il farmaco aveva funzionato al 100%. I topi maschi trattati avevano un normale comportamento di accoppiamento ma non erano riusciti a ingravidare i topi femmina nonostante 52 diversi tentativi. Le cavie sotto placebo, invece, avevano ingravidato con successo quasi un terzo delle femmine.
Nell’arco di 30-60 minuti il medicinale aveva reso i topi sterili per un periodo di tempo limitato, quasi tre ore, per poi farli tornare tutti fertili il giorno dopo.
Il trattamento non ha mostrato alcun effetto collaterale, si è dimostrato sicuro per la fertilità a lungo termine e non ha influenzato in alcun modo il comportamento sessuale: prima di poter passare alle sperimentazioni sull’uomo, però, serviranno ulteriori studi.
Fonte | "On-demand male contraception via acute inhibition of soluble adenylyl cyclase" pubblicato il 14 febbraio 2023 sulla rivista Nature Communications